La ricerca di Cergas Bocconi e Fondazione Veronesi

Tabacco: per combattere il consumo, aumentare le accise

Le evidenze dell'impatto della tassazione sui consumi sono molto solide, come anche l'evidenza dei benefici in termini di salute e anni di vita guadagnati

di Nicla Panciera

Aumentare le accise sui prodotti del tabacco è una strategia efficace per combatterne il consumo. Ogni anno in Italia, dove fuma il 22,5 per cento tra le persone con più di 15 anni, il fumo provoca 90.000 vittime e una spesa di 26 miliardi di euro fra costi diretti e indiretti. L’aumento della tassazione determina una riduzione nella domanda di tabacco, nel consumo e nella percentuale di popolazione utilizzatrice.

A fare il punto sugli impatti delle varie politiche esistenti è studio multiprospettico triennale «Politiche di tassazione dei prodotti a base di tabacco per il contrasto al tabagismo», condotto dal Centro di ricerca sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale Cergas dell’Università Bocconi, promosso e sostenuto da Fondazione Veronesi, presentato martedì 24 settembre al Senato nel corso dell’evento «Ricerca, numeri e proposte. Politiche di tassazione e strategie di contrasto al tabagismo in Italia».

Dopo la Legge Sirchia, la legge n. 3/2003, che all’articolo n.51 disciplinava la «Tutela della salute dei non fumatori» e ci poneva all’avanguardia, poco è stato fatto nel nostro paese nella lotta al tabagismo. Inoltre, «negli anni 2013-2015, c’è stata una inversione di tendenza, in coincidenza con l’introduzione delle sigarette elettroniche e del tabacco riscaldato e la prevalenza dei fumatori è ulteriormente peggiorata con il Covid» ha spiegato Giulia Veronesi, direttrice del Programma chirurgia toracica robotica dell’Ospedale San Raffaele e ordinario dell’Università Vita e Salute San Raffaele di Milano, membro del Comitato di Lotta al Fumo di Fondazione Umberto Veronesi. «Nella graduatoria sulle politiche di controllo del tabacco, che valuta vari fattori come politica sanitaria, aumento prezzi, divieto fumo luoghi pubblici, campagne informative, divieto pubblicità, avvertenza nei pacchetti e accesso ai trattamenti per tassazione, siamo passati dal 15esimo posto al 18esimo in Europa. Una voce importante è quella del prezzo al pacchetto, dal momento che da noi rimane sui 6euro, la metà che in altri paesi europei».

È questo un importante tema di politica sanitaria: «Il principale fattore di rischio tumore al polmone è fumo e anche chi smette ha un rischio aumentato» ricorda Giulia Veronesi. « Se diagnosticato in fase iniziale, il tumore al polmone ha una sopravvivenza è dell’80% a 5 anni. Il programma di screening con la tac a basso dosaggio nella popolazione a rischio genera risparmio economico, per via dei costi dei trattamenti risparmiati e della riduzione dei costi indiretti legati alla perdita della produttività».

Sugli altri prodotti del tabacco, Veronesi spiega che «la politica di riduzione del danno [abolire le sigarette sostituendole con sigarette elettroniche e tabacco riscaldato] non non è percorribile, non funziona, tanti sono gli effetti sulla salute, i dati recenti sono allarmanti e un altro tema su cui dovremo concentrarci è quello degli sgravi fiscali di cui godono».

Sono molte le scelte che il legislatore ha nel suo cassetto per agire efficacemente. «Le accise vengono usate in tutto il mondo e nel 70% dei paesi si opta per l’accisa specifica, per prevenire il cosiddetto effetto sostituzione con prodotti a basso costo. In paesi più alla frontiera, inoltre, come Francia, Regno Unito, Australia, l’accisa si modifica nel tempo per mantenere l’effetto di salute pubblica al variare di altri fattori, come l’adeguamento salariale. Anche la rapidità dell’incremento è variabile: i dati mostrano che alcuni paesi come l’Irlanda, il Belgio e la Danimarca sono più aggressivi, con un raddoppio delle accise in pochi anni, l’Italia ha applicato incrementi modesti delle accise senza un chiaro obiettivo di salute pubblica» ha spiegato Amelia Compagni, professoressa Associata presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche Università Bocconi e direttrice del Cergas, centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale, di SDA Bocconi.

L’analisi ha riguardato l’impatto della tassazione sui singoli aspetti rilevanti legati al tabacco: comportamenti connessi al tabagismo, esiti di salute, costo-efficacia, equità, commercio illegale, occupazione.

Riduzione del consumo

«Si conferma l’effetto deterrente sull’acquisto e sul consumo, in tutte le fasce d’età, ad eccezione dei giovani relativamente alle sigarette elettroniche, fatto che ci dice che lì altre politiche dovranno essere messe in campo. A un aumento del 10% del prezzo corrisponde una riduzione del 5,4% della domanda di tabacco e d’altronde è quanto succede con le bevande zuccherate (riduzione del 9% della domanda), con gli alimenti non salutari (-6%) e l’alcol (-1,4%)» dice Amelia Compagni. All’aumentare dell’accisa, tuttavia, può esserci un effetto sostituzione con acquisto di prodotti più economici (e questa è la ragione per cui i paesi scelgono le accise specifiche.

Esiti di salute

Se il divieto di fumare nei luoghi pubblici è di tanto tempo fa, sui dati relativi agli esiti di salute della tassazione manca il lungo periodo. «Tuttavia, gli studi mostrano un effetto positivo sulla mortalità generale, oncologica e infantile» spiega Compagni. «Ci sono evidenze di natura modellistica sul costo efficacia: per ottenere un beneficio importante, quindi un anno di vita in buona salute (Qaly), bisogna investire 2500/5000 euro, cifra irrisorio rispetto ad altre politiche in sanità». Inoltre, ci sono effetti positivi per l’equità, dal momento che i benefici vanno in particolare per le fasce di popolazione con livello socio-economico inferiore, dove c’è il doppio beneficio di salute e di denaro risparmiato. E dove i giovani sono più propensi a ridurre l’acquisto a fronte di un aumento del prezzo rispetto ai loro coetanei benestanti.

Commercio illegale e occupazione

Non emergono associazioni tra tassazione e aumento del commercio illegale. In Australia, al contrario, con l’aumento del prezzo è sceso il commercio illegale. Dopotutto, se aumentano i prezzi legali, spesso l’illegale segue. Infine, non emerge alcun impatto netto sui posti di lavoro o sull’economia del Paese produttore di tabacco, coltura poco redditizia e per nulla avanzata. «Anzi» conclude Compagni «la stessa Banca Mondiale sostiene che tassare il tabacco possa portare ad un Paese un doppio beneficio in termini di salute e di sviluppo economico».

Si può fare

«Sappiamo che le politiche fiscali sono una leva importante e ancora non sfruttata, ormai già diversi paesi nel mondo anche vicino a noi si sono mossi con misure lungimiranti. È urgente spezzare l’immobilismo e agire con misure efficaci e adatte al contesto italiano» dice Giulia Veronesi. «È un tema complesso e per molti scomodo, ma la conoscenza è la risposta, ecco perché sosteniamo una ricerca libera e di alta qualità per trovare soluzioni concrete ed efficaci».

Foto di Robert Ruggiero su Unsplash

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