Cultura

T’ amo o deserto

L' inviato di un grande quotidiano ha scritto un libro dedicato ai continenti di sabbia.Luoghi che dalla sua penna escono popolati di una umanità affascinante.

di Emanuela Citterio

Stefano Malatesta, oltre che essere scrittore e giornalista di Repubblica, è un grande viaggiatore. Nel suo ultimo libro, Il grande mare di sabbia (Neri Pozza, 16,53 euro) ha raccolto personaggi e pezzi di storia che hanno animato un ambiente apparentemente vuoto: il deserto. Gli abbiamo chiesto qual è il suo modo di viaggiare. Tierra:Nel suo libro ha raccontato le storie di chi ha vissuto e ha viaggiato nel deserto. Cosa l?affascina di questo luogo? Stefano Malatesta: C?è chi pensa che nel deserto non ci sia niente, solo un mucchio di sabbia e di rocce. Non è così: il deserto non è mai stato un vuoto, ma un pieno. Basta guardare i berberi. Hanno un approccio molto diverso dagli europei. Ho visto dei berberi accovacciarsi ai bordi del deserto e stare là per ore. E dopo che sei stato là per ore improvvisamente ti accorgi di centomila cose che non avevi visto prima. Se ti trovi in una città ci sono dei segnali che ti dicono cosa c?è e come si può raggiungere, nel deserto ci sono altri segnali, ci vuole tempo per interpretarli. Tierra: Come avvicinarsi a un mondo tanto difficile da interpretare? Malatesta: L?impatto con il deserto è forte, non può lasciare indifferenti: o si scappa via o ce ne si innamora per sempre. A cambiare l?immagine che noi occidentali abbiamo del deserto è stato Lawrence D?Arabia. Prima il deserto veniva descritto come un luogo maledetto. Le lodi erano riservate solo alle oasi, dove c?erano l?acqua e la vegetazione, datteri e latte di cammella. Ma il deserto fatto di sabbia era un luogo infame, un inferno in cui si moriva di sete o uccisi dai tuareg. Il libro di Lawrence ha rovesciato quest?immagine perché lui stava dalla parte degli arabi, aveva imparato a vedere il deserto dal di dentro, con i loro occhi. Tierra: Che atteggiamento deve avere un viaggiatore che si immerge in una cultura diversa dalla propria? Malatesta: L?umiltà. Essere consapevoli di essere ospiti aiuta a mettersi in ascolto. Naturalmente se si viaggia con il desiderio di capire e non per dislocare il proprio corpo da un luogo all?altro. Tierra: Cosa fa lei quando arriva in un posto? Malatesta: Se arrivo di sera vado a dormire. Il giorno dopo mi sveglio al mattino presto e faccio un giro nei dintorni. Se mi trovo in una città, appena posso mi piazzo al tavolo di un bar all?aperto, mi accendo un sigaro e sto lì ad osservare ciò che succede intorno a me. Tierra: Come vivere bene un viaggio? Malatesta: In un viaggio non è tutto bello. L?immagine della vacanza tutto divertimento e positività è falsa. In un viaggio ci sono momenti pieni e momenti di noia, di gioia e tristezza. A me capita di chiedermi almeno dieci volte «ma che accidenti ci faccio qui?» o «ma perché sono venuto?». Poi c?è quel momento di gioia in cui ti dici che ne è valsa veramente la pena, che finisce col ricompensarti di tutte le fatiche e le difficoltà che hai vissuto. Tierra: Cosa ne pensa del turismo? Malatesta:Non disprezzo il turismo quando viene condotto nel rispetto dell?ambiente e delle culture che si incontrano. Mi capita di vedere sempre più spesso giovani con lo zaino in spalla che vanno a curiosare un po? dovunque, e penso che questo può fare solo loro bene. Naturalmente è tutto diverso quando si parte intruppati senza sapere niente del posto che si va a visitare. Si sbarca alle Maldive, piuttosto che alle Seychelles o alle Comore perché ci sono le spiagge bianche, come se tutto fosse uguale. Tierra: Qual è il suo consiglio per non cadere in quest?errore? Malatesta: Leggere prima di partire, avere la curiosità di saperne un po? di più sul posto che si andrà a visitare. Mi accorgo di essere facilitato a entrare nei mondi che vado a visitare perché li conosco: so che storia hanno o hanno avuto, qual è la produzione agricola del Paese… Tutto ciò ti aiuta a entrare in contatto con gli abitanti: capiscono che sai un po? di loro e quindi si aprono; se invece ai primi passi di approccio si fa la mossa sbagliata, la loro porta rischia di chiudersi per sempre.


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