Formazione

Sweet sixteen, una mamma per ricominciare

Recensione del film "Sweet Sixteen" di Ken Loach.

di Giuseppe Frangi

Dolci 16 anni. Sweet sixteen. Non c?è nulla di beffardo nel titolo di questo film di Ken Loach. La storia infatti è amara, il contesto da apocalisse urbana, i personaggi hanno anche impeti di bontà, ma tutti impossibili da realizzare. Eppure alla fine questo film lascia il senso di una positività di fondo, irriducibile. Siamo in Scozia, cittadina di Greenock, regno della disoccupazione. Liam, il protagonista, ha 15 anni ed è disoccupato di terza generazione (nel senso che segue le orme del nonno e del patrigno). Ha una mamma in carcere, che si presta a portare dietro le sbarre la droga fornitale dal suo uomo. E ha una sorella, ragazza-madre, decisa a rompere questa spirale e a preservare il suo piccolo figlio da quest?istinto autodistruttivo che devasta ogni rapporto sociale. Anche Liam, a un certo punto, decide d?istinto di rompere il meccanismo. E si butta a capofitto nell?impresa di sottrarre la mamma al suo destino di trafficante e carcerata. Per ottenere il suo obiettivo il contesto gli offre un?unica opportunità: diventare anche lui spacciatore. Liam accetta, con una determinazione che lo fa essere il migliore di tutti. Ma la sua forza sta tutta nel suo fine: recuperare la mamma per recuperare, nel rapporto con lei, anche il senso della propria vita. Non ci riuscirà, ma il suo volto ci resta nel cuore come quello di uno che ha individuato una strada. La più semplice, la più vera.


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