Formazione
Svizzera, test del Dna obbligatorio sugli immigrati
Si userà per attestare il legame di sangue di chi fa domanda di ricongiungimento familiare e riguarderà persone provenienti da 37 paesi
di Chiara Sirna
Un test del Dna obbligatorio per gli immigrati, in particolare per quelli provenienti da 37 paesi: asiatici, africani, latinoamericani, ma anche la Turchia e il Kosovo. Dopo aver vinto con un netto 29% le ultime elezioni legislative in Svizzera, il partito dell’estrema destra di Cristoph Blocher, l’Udc (Unione democratica di centro) avanza una proposta di legge che fa già discutere.
Il test sarà necessario per dimostrare il legame di sangue quando si chiede il visto per il ricongiungimento familiare e le spese saranno a carico del richiedente.
La proposta di legge, firmata da vicepresidente del partito Alfred Heer, che ha confermato una notizia pubblicata dal “SonntagsBlick” e dal “Matin dimanche”, ha già suscitato aspre reazioni. L’Organizzazione svizzera di aiuto al rifugiato (OSAR) ha giudicato la misura “inaccettabile”. Sulla stessa linea si sono espressi il Partito socialista e i Verdi, i quali ritengono rispettivamente che la mozione colpisce “famiglie che non hanno commesso alcun crimine” e “che nessuno può imporre una regola di questo tipo”. Il deputato socialista Carlo Sommaruga si dice scioccato da questa misura e intende chiedere al parlamento svizzero di intavolare un dibattito in merito.
In Francia è stata da poco approvata, dopo accesissime polemiche, una nuova normativa sull’immigrazione che prevede, fra l’altro , il ricorso al test Dna per i ricongiungimenti, ma limitato al riconoscimento della filiazione tra figlio e madre. Ora si aggiunge la Svizzera, dove la prassi esiste già, ma non è mai stata sottoposta al voto popolare.
La legge federale sugli esami genetici sull’essere umano prevede infatti che “se nell’ambito di una procedura amministrativa sussistono dubbi fondati sulla filiazione o l’identità di una persona che non possono essere dissipati in altro modo, l’autorità competente può subordinare il rilascio di un’autorizzazione o la concessione di una prestazione all’allestimento di un profilo del DNA”. In caso di dubbi, inoltre, le rappresentanze svizzere possono rivolgersi ai cantoni, competenti in ambito di ricongiungimento familiare, per chiedere prove più precise.
Quasi la metà delle 30’000 domande annue di ricongiungimento familiare riguardano persone che vivono in paesi europei. Per le altre è impossibile stimare il numero di test sul DNA effettuati. Nel 2003 il cantone Basilea Campagna ha annunciato un solo caso; quello di Argovia invece ne ha registrati tre o quattro da una decina di anni a questa parte. Ma ad oggi non è mai stato fatto un censimento.
Il deputato socialista ginevrino Carlo Sommaruga cade dalle nuvole: “Sono scioccato perché non immaginavo che in Svizzera si potesse ricorrere ad una simile pratica senza prima sottoporla a un dibattito parlamentare. È inammissibile!”, afferma.
Per il giurista dell’organizzazione svizzera dei rifugiati, Yann Golay, in questo ambito invece la Svizzera si situa in una “zona grigia”. “Da anni – dice – nella pratica le autorità ricorrono ai test del DNA, ma in merito non esistono né informazioni chiare da parte dei cantoni, né statistiche nazionali”, afferma.
Dal canto suo, il membro della Commissione nazionale di etica, Alexandre Mauron, fa notare che “in Francia i test del DNA sono ordinati da un giudice. In Svizzera la situazione è invece meno chiara per quanto riguarda l’autorità competente”, spiega a swissinfo.
La questione delle analisi genetiche sembra comunque non essere chiusa. Carlo Sommaruga sta infatti elaborando un intervento (probabilmente un’iniziativa parlamentare) per chiedere una base legale chiara sul tema, che possa essere dibattuta dai politici e in caso di referendum sottoposta al voto popolare.
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