Economia
Svizzera, sì al tetto agli stipendi dei super manager
La terra delle agevolazioni fiscali e della discrezione bancaria decide tramite referendum di mettere un tetto alle remunerazioni d'oro. I sì alla legge Minder hanno superano il 67%. Luigino Bruni: «Ormai quegli stipendi sono una tassa sui cittadini, mi auguro che il referendum sia un successo»
"Operazione gatti grassi": così hanno ribattezzato in Svizzera il referendum che si è svolto oggi, col quale gli elvetici dovevano decidere se tagliare gli stipendi ai top executives, i manager delle aziende e banche con sede nel paese. Sono loro i gatti grassi, quelli che – secondo i promotori della consultazione – hanno mangiato per anni alle spalle di azionisti, dipendenti e cittadini, senza neppure essere sanzionati quando i loro comportamenti hanno portato al fallimento delle aziende che dirigevano.
Ebbene, la Svizzera, la terra delle banche e delle multinazionali, sarà il primo paese d’Europa ad adottare una norma che pone un tetto ai superstipendi dei manager. Il referendum promosso dal parlamentare conservatore Thomas Minder si è risolto infatti con una schiacciante vittoria dei favorevoli alla proposta di legge. Quando mancano ormai solo poche sezioni al risultato definitivo i sì alla legge Minder superano il 67%, con punte del 71,2% a Zurigo e del 70,3 in Canton Ticino, vale a dire due delle principali piazze finanziarie del paese. Significativo il fatto che in tutte le 24 regioni della Confederazione Elvetica i sì sono ampiamente la maggioranza. Questo significa che il tetto ai superstipendi diventerà realtà a partire dal gennaio 2014. La proposta Minder prevede che la remunerazione dei dirigenti di multinazionali, società quotate in Borsa e spa in generale non venga più decisa dal consiglio di amministrazione ma dall’assemblea degli azionisti, di anno in anno e in base ai risultati conseguiti dal management.
A proporre il referendum è stato un ex uomo d'affari oggi in politica, il consigliere agli Stati indipendente Thomas Minder, che ha fondato un'azienda che produce cosmetici naturali. Secondo Minder gli stakeholder dovrebbero avere la possibilità di mettere il veto sugli stipendi troppi alti dei manager, una "Piaga" che in Svizzera sarebbe "fuori controllo". La regola entrerebbe nella Costituzione svizzera e sarebbe applicata a tutte le aziende con sede nel paese e/o quotate alla Borsa svizzera. «Oramai questi stipendi stratosferici non sono altro che una tassa sui cittadini, e inefficienze per le imprese, e per le banche: spero che passi il referendum svizzero di domenica prossima che vorrebbe porre un limiti a questi stipendi», commenta a vita.it l'economista Luigino Bruni (che sul prossimo numero del mensile firma il commento all'inchiesta sulle conseguenze del crollo dei fondi che la Fondazione Mps verserà nei prossimi anni al non profit)
La Confederazione è stata teatro negli anni scorsi dei famosi casi Swissair e UBS, due esempi che secondo Minder non dovrebbero ripetersi e che servono a far capire quanto il tetto agli stipendi d'oro sia necessario: "La nostra compagnia aerea è fallita nel 2001", ha spiegato Minder alla Bbc, "ma l'amministratore delegato ha ricevuto comunque milioni di buonuscita. E' qualcosa che non sono riuscito a digerire: l'azienda era a pezzi, non pagava gli stipendi e alla fine è fallita. Eppure gli hanno dato cinque anni di stipendio per andare via".
Il gigante bancario UBS, colpito nel 2007 dalla crisi dei mutui subprime, è stato salvato dal governo elvetico, che ha pompato nelle sue casse miliardi di franchi pubblici. In seguito il gruppo ha annunciato migliaia di licenziamenti, ma gli stipendi e i bonus dei top manager non sono stati toccati.
"I gatti più grassi stanno tutti in banca", scherza Edouard Dommen di Actares, un'organizzazione indipendente che si occupa di csr e sostenibilità di impresa per aziende quotate. "E i cittadini svizzeri sono arrabbiati perché i soldi delle loro tasse sono stati usati per salvare aziende con manager strapagati ma incapaci".
Il referendum svizzero si svolge proprio pochi giorni dopo un importante accordo preso in via preliminare tra i negoziatori dell’Europarlamento e i governi dei paesi membri per il via libera alle nuove norme sui requisiti di capitale degli istituti di credito e in particolare su gratifiche e retribuzioni dei top manager, definito dal commissario europeo al mercato interno, Michel Barnier “la fine dell’epoca dei bonus insensati e ingiustificabili”. Le nuove misure, concepite sulla falsariga degli accordi internazionali denominati “Basilea 3″, mirano a salvaguarsdare la liquidità delle banche e favorire l’accesso al credito limitando sensibilmente il bonus dei manager: non potranno guadagnare più del doppio dello stipendio base e, soprattutto, i loro “premi” saranno sottoposti all’approvazione degli azionisti.
Le nuove regole dovrebbero entrare in vigore il primo gennaio 2014, anche se il testo finale dovrà essere firmato dall’intero parlamento europeo e da ciascun ministro delle finanze dei singoli 27 stati, quindi la riforma dei bonus potrebbe essere valida non prima di luglio 2014. I limiti di retribuzione previsti dall’accordo UE sarebbero estesi a tutte le banche europee e anche alle operazioni fuori dai confini dell’Unione, e si applicherebbero anche alle succursali delle banche americane in territorio europeo.
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