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Svizzera, fallisce l’assalto alla legge sul clima

Nel Paese domenica si è tenuto un referendum che ha confermato una norma che prevede di abbandonare progressivamente i combustibili fossili e di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050, senza introdurre nuove tasse e divieti, utilizzando incentivi per la decarbonizzazione e le tecnologie rispettose dell'ambiente

di Veronica Rossi

In Svizzera i cittadini hanno decretato che l’impegno per il clima deve rimanere legge. Domenica, infatti, la nuova norma federale sul clima, l’innovazione e la sicurezza energetica, che prevede la riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, ha passato la prova del voto popolare, espresso con un referendum. I «sì» sono stati il 59,1%, arrivando a una maggioranza schiacciante in quasi tutti i cantoni – a Ginevra sono stati il 74,5% -, mentre il «no» ha avuto la meglio solo in sette di essi. «Si tratta della dimostrazione che la popolazione è davvero preoccupata per i cambiamenti climatici», afferma Andrea Poggio della segreteria nazionale di Legambiente. «Speriamo che questa decisione abbia delle conseguenze pratiche importanti».

Il referendum era stato indetto dall’Unione democratica di centro – Udc, partito di destra sovranista, per contrastare una norma federale adottata dalle Camere lo scorso settembre e sostenuta da tutti i principali schieramenti politici svizzeri, a eccezione dei promotori della consultazione, che ritenevano avrebbe causato un aumento dei costi dell’elettricità.

La legge è una controproposta del governo rispetto alla più stringente «Iniziativa per i ghiacciai», che proponeva misure più drastiche per salvare le nevi e i ghiacci perenni dallo scioglimento e che per questo era stata bocciata dal Parlamento. La norma che ha incontrato il favore popolare prevede di abbandonare progressivamente le fonti energetiche fossili, incentivando tecnologie rispettose del clima, senza tuttavia imporre divieti e nuove tasse. Saranno erogati, per esempio, fino a 200milioni di franchi all’anno per sostituire i vecchi riscaldamenti inquinanti o per isolare meglio gli edifici. A rendere più urgente un’azione a favore dell’ambiente, i dati sui cambiamenti climatici in Svizzera: le rilevazioni dicono che dal 1871 a oggi la temperatura nel Paese è aumentata di 2,5% e l’incidenza di eventi estremi ha avuto un deciso rialzo; i nostri vicini, in più, non hanno giacimenti di petrolio e di gas naturale, così dipendono dalle importazioni per più del 70% del loro fabbisogno energetico. È anche per questo che la maggior parte della cittadinanza vede di buon occhio una norma che prevede incentivi per le aziende che investano sulle rinnovabili, come l’eolico e il fotovoltaico. C’è chi auspica che anche in Italia vengano consultati i cittadini su un tema importante come quello dei cambiamenti climatici, ma l’iniziativa potrebbe essere più difficile che in altri Paesi. «Da noi c’è il rischio che la politica connoti la questione in termini ideologici», conclude Poggi. «In più, abbiamo uno scoglio da superare che altri Stati non hanno, il raggiungimento del quorum».

Foto in apertura da Unspalsh


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