Sostenibilità
Sviluppo sostenibile? La locomotiva è la società civile. L’informazione arranca
Dalla presentazione del Rapporto dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile 2019 è emerso che la necessità di una informazione competente che sappia avere presenti anche i temi legati ad una fiscalità complessa e a spiegare, come ha sottolineato il presidente Giovannini, «che sostenibilità non è solo una questione ambientale ma anche sociale»
di Paolo Biondi
Nella percezione delle tematiche sullo sviluppo sostenibile la società civile è più avanti, più consapevole di quanto non lo sia il mondo dell’informazione. Ora, per gestire una corretta informazione è necessario avere giornalisti preparati sul tema o è sufficiente che sappiano interpretare i sentimenti della gente? Mentre sulla prima questione i giornalisti chiamati a partecipare alla tavola rotonda nel corso della presentazione della quarta edizione del Rapporto dell’Asvis (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) si sono trovati tutti d’accordo nel riconoscere il ritardo del mondo dell’informazione, sulla seconda questione gli oratori presenti sul palco dell’Auditorium di Roma si sono divisi in parti uguali.
Da una parte il conduttore televisivo Giovanni Floris e Monica Paternesi dell’Ansa hanno sostenuto che c’è una spinta da parte della società civile a riconoscere la necessità di uno sviluppo sostenibile che va solo aiutata a emergere; dall’altra la direttrice del Tg3 Giuseppina Paterniti Martello e Marco Girardo di Avvenire a sostenere la necessità di avere giornalisti competenti che sappiano far emergere il bisogno di trovare soluzioni concrete per uno sviluppo autentico.
Il padrone di casa, Enrico Giovannini portavoce dell’Asvis, che ha moderato la tavola rotonda, è parso schierarsi dalla parte di una informazione competente che sappia avere presenti anche i temi legati «ad una fiscalità complessa» e a spiegare che «sostenibilità non è solo una questione ambientale ma anche sociale». Monica Paternesi ha chiosato che questo salto di qualità «lo sta già facendo la realtà. Da una parte c’è una spinta fortissima che viene dal basso e che fa ormai parte della nostra vita quotidiana. Dall’altra c’è un movimento civile che si va già spostando in questa direzione».
Su questo filone si è inserito Floris dicendo che spesso nell’informazione «si parla di temi ambientali che riguardano il pianeta, cose così grandi nelle quali lo spettatore non si ritrova coinvolto. Ma oggi stiamo ripetendo quello che successe agli inizi degli anni 90 con i temi economici: da questioni per specialisti sono arrivati in primo piano, in evidenza per tutti. Il rischio è che ora che l’ambiente è in primo piano diventi in questione della quale si occupano gli intellettuali». «Il problema è che i giornalisti sappiano fare le domande giuste e porre le questioni nella giusta ottica. Il Guardian, ad esempio, ci sollecita a non parlare di questione climatica ma di emergenza sul clima», ha sottolineato Giuseppina Paterniti.
Per Marco Girardo «l’informazione è indietro rispetto alla società civile perché spesso noi giornalisti non interpretiamo la sostenibilità come una categoria fondamentale per fare informazione generale, ma come il dolce o il dessert finale di un lungo menù con il quale imbandire la tavola dell giornale».
Ma le strutture delle redazioni sono adeguate a sostenere questo passaggio culturale, hanno le competenze per essere all’altezza delle nuove tematiche? «Ho sempre combattuto la specializzazione nel giornalismo: il tema trattato dallo specialista non interessa nessuno. Il giornalista politico è difensivo, il giornalista dell’ambiente è difensivo: bisogna uscire da questi schemi», ha risposto Floris difendendo una informazione televisiva che sappia proporsi allo stesso livello dello spettatore.
Giuseppina Paterniti ha corretto: «Se non si capisce e non si spiega la direzione nella quale andiamo noi tutti, alla fine il conto lo pagheranno i soggetti più deboli ancor prima degli altri». E Girardo ha chiosato: «I giornali devono ritrovare la dimensione della qualità e dell’approfondimento. E se qualche volta rischiano di non farsi capire da tutti poco male, tanto peggio di così le vendite non possono andare. Ma c’è comunque un cambiamento nella società che va intercettato e trasformato nell’informazione perché le persone siano messe nelle condizioni di essere loro a scegliere». E la Paterniti ha concluso: «Noi del Tg3 siamo stati candidati a un premio per l’informazione sullo sviluppo sostenibile: quindi il cambiamento nel fare informazione è visibile; si tratta di mantenere una visione culturale comune con la gente».
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