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Sviluppo e promozione del volontariato. Questa la missione del Cese. Intervista al presidente Staffan Nilsson

di Joshua Massarenti

C ome membri del Comitato economico e sociale europeo abbiamo sempre sostenuto e promosso il volontariato in Europa e al di fuori del Vecchio continente». Quelle di Staffan Nilsson, 65 anni, eletto alla guida del Cese nell’ottobre 2010, non sono parole campate per aria.
L’organo consultivo dell’Unione Europea che sta sotto la sua responsabilità fa da ponte tra le istituzioni Ue e gli interessi dei cittadini, consentendo alle organizzazioni della società civile sparse tra i Paesi membri dell’Unione di esprimere a livello continentale la loro visione dell’Europa. Portavoce della società civile europea, il Cese è sempre stato un fervente sostenitore dei volontari, in particolare i giovani, per promuovere i loro diritti e garantire la ricognizione delle loro attività presso le istituzioni Ue e gli Stati membri.
In occasione dell’Anno europeo del volontariato, il Comitato ha messo in piedi un gruppo di coordinamento ad hoc e ha organizzato la seconda conferenza europea dell’Anno privilegiando il tema dell’impegno sociale delle imprese e delle attività di volontariato tra i dipendenti. Il Cese è tra i sostenitori della Convention organizzata dallo European Youth Forum a Bruxelles.
Presidente Nilsson, perché il volontariato è così importante ai suoi occhi?
Come rappresentante della società civile organizzata europea presso il Cese, credo che gli oltre 100 milioni di volontari che in Europa dedicano del tempo per servire il bene comune offrano un grande contributo alle nostre società. Purtroppo questo apporto non è considerato nel suo giusto valore. Eppure sappiamo che il contributo dei volontari è un enorme valore aggiunto, sia sul piano economico che su quello dei risparmi per le amministrazioni pubbliche statali e locali. Penso anche che il volontariato sia importante per la democrazia. Quando parliamo di democrazia in Europa, mi viene subito in mente la cittadinanza europea, che si esercita sempre su base volontaria, sia come diritto che come dovere. Detto questo, è molto importante ricordare che il volontariato non potrà mai sostituire il lavoro retribuito e le responsabilità di uno Stato. I sindacati temono che la crisi economica e sociale gravissima che stiamo attraversando accresca questo rischio. Ma voglio rimanere positivo e ricordare un ultimo aspetto che mi piace del volontariato: i sentimenti che coinvolge, che sono una componente importante delle attività volontarie.
È mai stato un volontario in vita sua?
Qui al Cese molti di noi svolgono il loro lavoro in maniera gratuita per il Comitato, e ciascuno di noi ha svolto nella sua vita un’attività nel mondo del volontariato. Personalmente sono stato volontario sin dalla mia più tenera infanzia fino all’università. Ricordo che durante le vacanze natalizie cucinavo per dei senzatetto che accoglievamo nel campus.
L’Anno europeo del volontariato si avvia alla sua fase conclusiva. Quali sono le sue attese da qui a fine 2011?
Sono convinto che i valori del volontariato saranno riconosciuti. Come presidente del Comitato economico e sociale europeo, mi sono impegnato affinché quest’anno si potesse chiudere con risultati concreti. Negli ultimi quattro anni, il Cese ha avanzato tre vision sul volontariato. Attraverso l’Anno europeo, il movimento volontario riesce a trarre l’attenzione dei politici e dell’opinione publica sulle sue sfide, sul suo valore aggiunto, sui bisogni della società in generale. Ma c’è il rovescio della medaglia, e cioè che quest’attenzione duri soltanto un anno senza ottenere i risultati sperati. Spero che gli sforzi compiuti nel 2011 continuino anche nel 2012, nel 2013 e così via. Di sicuro le sfide non mancano. Tanto per fare un esempio, il Cese è un grande sostenitore della Carta del volontariato, un strumento fondamentale per far sì che i diritti dei volontari siano riconosciuti in tutta Europa. Ora vediamo cosa accadrà per questa Carta e quali decisioni prenderà il Consiglio europeo. C’è anche bisogno di statistiche europee affidabili e standarizzate sul volontariato, per misurarne l’impatto socio-economico. I dati statistici a disposizione sono ancora molto ineguali, questo ci impedisce di misurare i progressi ottenuti dalle nostre policies o di intensificare le attività di sensibilizzazione. I fondi, i programmi e le politiche dell’Ue dovrebbero aiutare a rafforzare le azioni a favore delle infrastrutture di cui le associazioni hanno un disperato bisogno, soprattutto in questo periodo in cui vengono duramente colpite dalla crisi. Il Cese raccomanda anche l’introduzione di agevolazioni fiscali, come ad esempio la possibilità per le associazioni di essere esentate dall’Iva. Infine, è fondamentale che il riconoscimento dell’educazione non formale diventi realtà. In alcuni Paesi, come la Svezia, l’educazione non formale è un contributo molto importante del volontariato in termini di crescita personale e di rafforzamento del curriculum per il mondo del lavoro. Stiamo aspettando una proposta che la Commissione europea dovrebbe sottoporci: il Cese è pronto a dare consigli.
Tanti volontari europei nutrono l’impressione che il Consiglio europeo, e cioè gli Stati membri dell’Unione, non prestino sufficientemente attenzione alle questioni sociali e al volontariato, entrambi relegati in secondo piano dalla finanza e dall’economia. È un giudizio che condivide?
Penso che gli Stati e i governi sostengano molto il sociale e il volontariato, ma spesso soltanto con dichiarazioni. Passare agli atti è un’altra cosa, e purtroppo in questo caso la strada è ancora lunga. Ancora oggi le sfide sociali vengono troppo spesso ignorate dai poteri forti di Bruxelles. Noi quindi ci siamo per difendere i diritti sociali dei cittadini europei.

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