Non profit

Svegliati, Terzo settore

Nel suo ultimo saggio, il presidente della Fondazione Roma, Emmanuele F.M. Emanuele, sollecita una riforma normativa ma richiama anche il Terzo settore a un rinnovamento

di Maurizio Regosa

Il ruolo del Terzo settore, la crisi dell’Welfare State. La domanda di servizi (e in generale di benessere) che cresce e non trova risposta negli interventi di tipo tradizionale. La necessità di cambiare vecchie e costose abitudini (quell’assistenzialismo, vizio italico di lungo corso) e di individuare nuovi strumenti per contrastare anche il crescere delle disuguaglianze (passando al Welfare mix). Sono questi probabilmente gli interrogativi da cui è partito Emmanuele F.M. Emanuele, presidente della Fondazione Roma, che ha appena pubblicato un volume su Il Terzo Pilastro. Il non profit motore nel nuovo welfare  (Ed. Esi, 2009). Un saggio denso e impegnativo, presentato nella capitale, nel corso di un dibattito al quale sono intervenuti, oltre all’autore, Gregorio Arena (presidente Labsus, Laboratorio per la sussidiarietà), Antonio Marzano (a capo del Cnel), Giuseppe De Rita (presidente del Censis), Franco Bassanini (di Astrid, nonché “papà” della riforma della Pubblica amministrazione, la 59 del 1997) e Giuseppe Roma (Censis).

 Un settore diventato grande

L’incontro è stato l’occasione per prendere atto di quanto sia cresciuto il Terzo settore (in Italia meno che in altri paesi, anche europei, ha sottolineato Roma), di che novità abbia introdotto (nel saggio si propone di calcolare, tramite una formula matematica, la somma che potrebbe essere ulteriormente risparmiata e che potrebbe essere destinata ad altre voci del bilancio dello Stato) e di come ancora debba trasformarsi per essere compiutamente “terzo pilastro”, accanto allo Stato e al mercato. Come scrive Emanuele, «vi è stata una presa di coscienza da parte del mondo politico, o almeno da gran parte di esso, dell’incapacità dello Stato di continuare a far fronte in maniera efficiente alle richieste della società civile». Se il Terzo settore è « l’unica possibilità di soluzione», occorre però affrontare il problema del suo sviluppo. Che può essere perseguito con la riforma del Codice civile e con una modifica della Costituzione che sancisca «il ruolo di principale garante delle rete di servizi sociali ormai nei fatti già assunto dal terzo settore». Vi è però anche una componente culturale, meno istituzionale, più interna al non profit. «Serve liberare il Terzo settore da vincoli impropri, ma pure tocca a questo settore di qualificare meglio i propri operatori, di mettere a punto una propria rappresentanza», ha sottolineato De Rita, ribadendo la carica dirompente di questa “onda carsica” che si propone, nei fatti, come alternativa all’individualismo statalista.

Uno sviluppo, molte conseguenze

Le ha analizzate nel suo intervento Gregorio Arena. Fra queste la presa d’atto che la legge che regola il volontariato (la 266 del 1991) è da cambiare profondamente: «soffoca la possibilità di crescita, contrasta con il principio di sussidiarietà», ha spiegato il professore, mentre è sempre più necessaria una alleanza tra stato e cittadini attivi (non necessariamente organizzati) che superi lo schema classico – stato/mercato – e consenta di far crescere capitale sociale e di difendere i beni comuni («la cittadinanza attiva potrebbe essere una delle principali risorse per uscire dalla crisi», ha detto Arena). Una sfida della quale ha discusso anche Franco Bassanini: per conciliare un’economia competitiva con un sistema di Welfare compatibile, servono profonde trasformazioni che diano spazio e possibilità di crescere al Terzo settore.

La sfida prossima ventura

La sintetizza con chiarezza Emanuele: «Per poter offrire un contributo decisivo…», scrive «non basta più però l’etichetta non profit o altre equivalenti, ma occorre che il terzo settore ponga in essere una significativa azione di rinnovamento e di miglioramento dell’efficienza al suo interno, sotto il profilo degli indirizzi strategici, ma soprattutto della gestione organizzativa delle strutture, delle attività e del proprio capitale umano». In tal modo potrà dispiegare le potenzialità ancora inespresse.  

 

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