Cultura

Sveglia politici è l’ora dei fatti

Monsignor Ferdinando Charrier, responsabile dei problemi del lavoro per la Cei, dice basta alle polemiche sterili: «Il vero politico risolve i problemi, e il più urgente per noi è il lavoro. Ai disocc

di Antonietta Nembri

Più dei sindacalisti. Meglio del ministro del Lavoro. Più spesso delle associazioni di categoria. Chi davvero è sceso in campo (e molte volte in piazza) contro la disoccupazione e per il lavoro, di questi tempi, sono stati gli uomini di Chiesa: sacerdoti, vescovi e perfino il Papa, che nei giorni scorsi ha affrontato nei particolari il dibattito sull?occupazione, esprimendosi con forza a favore del minimo vitale per chi è senza lavoro. A fianco dei disoccupati italiani troppo spesso ignorati dai governanti rimane solo la Chiesa? Monsignor Ferdinando Charrier è il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro. E alla domanda risponde a modo suo: «Facciamo il nostro mestiere, ricordiamo ai governanti ciò che conta davvero», dice. «Le nostre sono profezie, non previsioni per il futuro. Ma in forza di queste diciamo: attenzione, la situazione è drammatica, il lavoro è il primo problema. Peccato che in Italia invece di risolverlo si preferisca discutere a vuoto…». A cosa si riferisce, monsignore? «Alla diatriba sulle 35 ore, il part time, il lavoro in affitto. Provvedimenti anche positivi, certo, ma a breve o medio termine. Invece se vogliamo far fronte alla problematica del lavoro oggi, ma specialmente domani, quando il lavoro cambierà davvero e radicalmente, dobbiamo cambiare anche i criteri di gestione della politica e dell?economia. Vorrei ricordare solo un dato: la disoccupazione fisiologica italiana sarebbe di 300 mila unità, noi abbiamo 3 milioni di disoccupati. Se non è allarme questo…». È inutile discutere, dunque? «No, ma la discussione sulla disoccupazione rimane sterile se non si risale alle cause che la determinano, e la più importante sta nel modo in cui è diretta oggi la finanza. Finanza ed economia non sono poste al servizio dell?uomo ma camminano per conto loro, seguendo delle leggi assolute, senza tenere conto della realtà della gente. Avvicinare economia reale e finanziaria: questa è la grande sfida del domani, se non la accettiamo rimarremo chiusi in una visione ristretta dell?economia, che vede l?economia per l?economia e nulla più, e non risolveremo mai il problema del lavoro». A lei sembra che in questo senso manchi la volontà politica di risolvere i problemi? «A me sembra che si cerchino non tanto delle soluzioni vere quanto dei correttivi sociali, tanto per dire che in qualche modo si sono aggiustate le cose. Mancano politiche che favoriscano il lavoro, e questo è grave perché il vero politico è colui che intuisce i problemi e si attiva per risolverli. È nella dignità di chi fa politica stare nel concreto, parlare dei problemi reali. È molto interessante sapere quali istituzioni ci daremo, se avremo una Repubblica presidenziale o federalista, ma io prima di tutto mi domando: per quale Italia, per quale sviluppo? Lo sviluppo deve dare possibilità di lavoro, altrimenti è astratto, inutile. Dobbiamo porre attenzione a questo, la problematica del lavoro deve essere al primo posto dappertutto, al governo, in Parlamento, in Bicamerale». Mancanza di lavoro significa anche, in concreto, milioni di famiglie in difficoltà, persone in carne e ossa a cui nessuno dà spazio e voce per esprimersi… «Questo è uno scandalo. Il lavoro è un diritto-dovere per tutti, anche perché dà cittadinanza: chi ha lavoro è più cittadino perché partecipa, costruisce, si ritiene solidale con tutti; quando uno è senza lavoro è meno cittadino, quindi nessuno lo considera. Ma accade lo stesso per tutti i soggetti deboli della società: chi difende davvero i pensionati, non solo promettendo loro qualche lira ma considerandoli veri cittadini? Nessuno. Come con i disoccupati: nessuno si fa carico della loro esperienza, a meno di offrirgli misure assistenziali. Noi non ci stiamo: non si assiste l?uomo che non ha lavoro, ci si sforza di dargli la possibilità di essere pienamente uomo e cittadino».


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