Mondo

“Sveglia!”: appello per la pace in Siria e Medio Oriente

Il testo, firmato tra gli altri da Savino Pezzotta e don Luigi Ciotti, chiede all'Italia di farsi portavoce di una proposta politica credibile per risolvere i conflitti in atto e boccia un eventuale intervento armato, che "non potrebbe che causare ulteriori sofferenze e instabilità"

di Gabriella Meroni

"Sveglia! Quello che sta succedendo ad un passo dai nostri confini (in Siria, Egitto, ma non solo) è estremamente pericoloso. E richiede la nostra attenzione urgente perché riguarda molto da vicino la vita nostra e dei nostri figli". 
Con queste parole si apre l’appello per la pace nel Mediterraneo e Medio Oriente promosso da Savino Pezzotta, Don Luigi Ciotti, Flavio Lotti, Antonio Papisca, Marco Mascia, Marco Vinicio Guasticchi, Beppe Giulietti, Ottavia Piccolo, p. Efrem Tresoldi e Gabriella Stramaccioni. L’appello, pubblicato con grande rilievo in queste ore sul sito del Sacro Convento di San Francesco di Assisi, punta il dito contro la politica, che "tace" e contro l'informazione, definita  "distorta, superficiale, frammentata", ma ne ha anche per la coscienza civile, che "sembra disinteressata e disimpegnata".
Negli ultimi due anni abbiamo sprecato molte opportunità", prosegue il testo. "La situazione è (sempre più) complessa, la nostra capacità di influenzare gli eventi è (sempre più) limitata, ma quello che possiamo fare va fatto, presto e bene. Abbiamo bisogno di capire cosa sta accadendo, di aprire un grande dibattito pubblico che consenta all’Italia di definire una proposta politica lungimirante e di trasformarla in politica europea", continua l'appello. 
"Serve una diffusa progettualità concreta che coinvolga cittadini, associazioni e istituzioni dalle città all’Onu. Abbiamo bisogno di mettere le istituzioni democratiche della comunità internazionale nella condizione di operare tempestivamente ed efficacemente per la risoluzione pacifica dei conflitti, il disarmo, la sicurezza umana e la costruzione della pace positiva. Abbiamo bisogno di agire concretamente senza dover ricorrere all'intervento armato che, al di là di ogni pur necessaria considerazione di carattere etico e giuridico, non potrebbe che causare ulteriori sofferenze e instabilità come dimostra la miope prassi degli ultimi vent'anni". E la conclusione è chiara: "Non c’è più tempo per l’indifferenza e l’ipocrisia. Agire è difficile. Non farlo sarà catastrofico”.


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