Famiglia

Sussidiarietà. L’Intergruppo discute di declino

Il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e i professori Antonini, Messori e Sapelli hanno affrontato i temi dello sviluppo e del declino alla Camera

di Ettore Colombo

E’ possibile coniugare lo sviluppo economico con la crescita della persona? Quello che per molti sembra un paradosso e’ l’idea di base fornita dal volume un ”io per lo sviluppo”, ultimo nato della serie di pubblicazioni che vede coinvolto il nutrito gruppo trasversale di parlamentari (270) che animano l’ ”Intergruppo per la sussidiarieta”’, coordinato dall’on Maurizio Lupi, e la ”Fondazione della sussidiarieta”’ presieduta da Giorgio Vittadini, docente di Statistica presso l’Universita’ di Milano Bicocca. La relazioni presentate nel corso della conferenza mirano, attraverso la lettura del libro, a fornire una spiegazione, ma soprattutto una serie di risoluzioni, al declino italiano, che da crisi economica si trasforma in crisi dell’intera societa’. Una prima soluzione prova a proporla Luca Antonini, docente dell’Universita’ di Padova. In pochi passaggi, il professore prova a fare capire che ”se la sussidiarieta’ e quindi l’intervento per migliorare le condizioni di vita rimarra’ un concetto astratto non potra’ realizzarsi una politica dello sviluppo”. Con un excursus storico, Antonini fa una serie di esempi del cattivo assistenzialismo che lo Stato puo’ fare nei confronti dei cittadini. Dalla Repubblica del terrore nella Francia post-rivoluzione francese, dove era stato abolito il diritto di associazione, fino al ‘consociativismo’ tipico della nostra Prima Repubblica, il cosidetto ”genocidio culturale degli italiani” come lo chiamava Pier Paolo Pasolini che, secondo Antonini, raggiunge l’apice ”con Tangentopoli e la scoperta della corruzione del potere politico”. La crisi dell’io e dell’intera societa’ non viene pero’ analizzata solo usando l’analisi del passato. Anzi le critiche, spiega ancora il professore, ”investono il sistema del welfare e l’abnorme pressione fiscale ai danni dei ceti medi. Un progetto di politica assistenziale – spiega – che invece di aiutare i ceti medi finisce per ricadere totalmente su quelle fasce”. Ma esiste una meccanica dello sviluppo e del declino? O meglio, e’ possibile studiare in modo empirico il processo di crescita o deficit del nostro Paese? La risposta prova a fornirla direttamente Giorgio Vittadini che oltre ad essere il curatore del volume e’ anche il presidente della fondazione Sussidiarieta’. ”Parlando in modo chiaro si possono indicare in Italia tre grandi momenti di crescita in Italia: la fine della Seconda Guerra Mondiale, il boom dei distretti industriali e infine l’euro”. Poche parole, in cui si ha l’impressione che per il nostro Paese non ci sia piu’ speranza, ed invece lo stesso Vittadini prova a dare una lettura del problema. ”In Italia bisogna rivitalizzare le piccole e medie imprese, metterle in comunicazione tra di loro e soprattutto – aggiunge ancora il professore – capire l’individualismo tipico delle nuove generazioni di imprenditori. Bisogna capire che i giovani pensano al reddito, ma soprattutto a costruire qualcosa che appartenga solo a loro”. Ecco allora che torna di nuovo il tema dell’individualita’, ”l’io economico” che deve essere tutelato e soprattutto deve essere messo in condizioni, come spiega poco dopo Vittadini ”di creare relazioni di tipo economico”. Un primo problema sembra dunque essere risolto: fornire alla persona gli strumenti per creare relazioni economiche e sociali e per fare questo, dice Marcello Messori, professore di economia dei mercati monetari dell’Universita’ di Roma Tor Vergata bisogna ”non soffermarsi piu’ alle cause che creano la perdita di competitivita’ in Italia. Ormai sono note – spiega Messori – concentriamoci invece su come risolvere. In primo luogo – prosegue ancora il professore – bisogna creare un rapporto solido tra stato e mercato”. Subito pero’ viene fatta una precisazione perche’ sinergia tra potere pubblico e potere economico non significa statalizzazione senza mezze misure ma come sottolinea ancora il professore ”occorre studiare un piano di investimenti mirati. Ad esempio, siamo l’unico paese che non ha un modello di formazione e sviluppo soprattutto per i giovani”. ”In poche parole – sottolinea Messori – non si deve rinunciare allo Stato sociale ma adattarlo ai sistemi globali di sviluppo in cui l’Italia si trova coinvolta”. I giovani sono la risorsa economica e’ la tesi di fondo della relazione di Giulio Sapelli, professore di storia economica dell’universita’ di Milano. Sembra fare un discorso contro corrente quando dice che ”in Italia non occorrono tutti questi laureati”. Che fine hanno fatto gli istituti tecnico – professionali?, si chiede il professore: ”Da noi c’e’ bisogno anche di tecnici e non solo di esperti di marketing e di comunicazione, ed a questo deve pensare il mondo politico con le riforme universitarie”. Ed ecco che torna di nuovo in mente il titolo del libro ”un io per lo sviluppo”, dove l’apparente contrasto tra risorse umane e crescita economica e’ invece la chiave per la giusta sinergia tra crescita del mercato e potenziamento dello Stato sociale.


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