Sussidiarietà a quattro zampe

di Simone Chiaramonte

L’arrivo di un cane in famiglia non trasforma soltanto le abitudini dei suoi componenti. In alcuni casi può contribuire a cambiare le sorti di interi spazi urbani. E’ questo l’incipit di una storia a lieto fine, animata dalla cagnetta Cara e dal suo padrone Carlo, da un gruppo di cittadini volenterosi e da un’amministrazione ben disposta a sostenerne le iniziative.

Nella splendida cornice del parco delle Basiliche a Milano, a ridosso della Basilica di Sant’Eustorgio, esiste da anni un’area attrezzata per cani. Uno dei tanti spazi in Italia ideati per garantire il decoro e la sicurezza nei parchi, la pacifica convivenza tra diverse categorie di utenti ed il benessere degli amici a quattro zampe. Spesso però ritenuti luoghi esenti da qualsivoglia obbligo di manutenzione e percepiti come liberi da qualsiasi regola da rispettare.

“Un’enorme pozzanghera d’inverno, una nuvola di polvere in estate”: l’area cani al Sant’Eustorgio non faceva differenza, tanto da essere quasi inutilizzabile. Fino a quando un neo-frequentatore del parco, accompagnato da una cagnetta trovata sul Monte Amiata, decide di porre il problema all’attenzione di altri residenti. Si pensa prima ad una raccolta firme, poi si tenta la strada del Consiglio di zona. Il problema resta però irrisolto, sino a quando i cittadini non vengono a sapere che il Comune di Milano, a maggio 2012, ha lanciato un progetto sperimentale per l’adozione di aree verdi. Sulle “aree cani” in realtà nulla è previsto ma il gruppo non si lascia scoraggiare, rivolgendosi direttamente all’amministrazione comunale.

Di lì a poco, e senza troppi affanni, segue un incontro di ben due ore con il direttore dell’Arredo urbano e Verde di Milano, dagli esiti più che positivi: il Comune è disposto a mettere in moto le procedure per effettuare un intervento straordinario di riqualificazione. Prima però i cittadini devono stabilire la modalità di gestione ordinaria dell’area: affidarla ad un privato attraverso un contratto di sponsorizzazione o limitarsi ad un contratto di collaborazione con il Comune. Si percorre una terza via: i cittadini si impegnano a costituire un’associazione, ricomprendendo all’interno anche un rappresentante dello sponsor da loro individuato, la pensione per cani Bubi e Pupe, disposta a farsi carico di metà delle spese.

Ma al momento della firma del contratto con il Comune, la neo-costituita associazione “Area Dog” rileva nel testo toni eccessivamente paternalistici, termini e contenuti che fanno dei cittadini dei potenziali trasgressori. Accolta con favore la rimostranza, viene stabilito un rapporto paritario e continuativo tra i due soggetti. E a settembre iniziano i lavori: il Comune fa piantare nuovi alberi, sistemare le panchine, recintare l’area con le siepi e sistemare l’impianto idrico. I cittadini invece adottano l’area, stabilendo una quota associativa di 5 euro al mese per garantirne la manutenzione ordinaria assieme allo sponsor, con cui condividono le responsabilità. Risultato? Un’area rinata e finalmente fruibile, di cui i frequentatori sono al contempo gestori e manutentori: i padroni intervengono direttamente per ovviare ai piccoli danni che, se sommati, porterebbero ad un nuovo deterioramento. Ed insieme individuano le soluzioni più convenienti per garantire lo svolgimento dei lavori più duri.

Carlo Zanda, proprietario di Cara e attuale presidente dell’associazione, è soddisfatto: “Se il Comune ha capito da subito che si trattava di una buona opportunità, da parte nostra abbiamo battuto gli atteggiamenti disfattisti ed esclusivamente recriminatori delle prime fasi, mettendo a disposizione di altri cittadini un modello che, con un po’ di impegno, può essere facilmente replicato”. E così è stato: altri cittadini si sono rivolti all’associazione per avviare nuovi percorsi di riqualificazione in diverse zone di Milano.


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