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Operano anche dall’Italia gli attivisti a favore dei popoli indigeni, minacciati d’estinzione, dall’Africa all’Amazzonia

di Redazione

Unica sede in Italia a Milano, ma ben 30mila sostenitori pronti all?azione. Già, perché per aiutare uno dei 5mila gruppi etnici è necessario preparare bollettini d?azione e fare sit-in davanti ad ambasciate e consolati. «Survival è un?organizzazione mondiale nata nel 1969 con l?obiettivo di difendere la vita, la terra e i diritti umani dei popoli indigeni», spiega Francesca Casella. «Ci sono leggi internazionali e nazionali che li proteggono, ma vengono violate».
I contatti con Survival e i nativi possono avvenire tramite le associazioni degli indigeni o i campaigners, informa Francesca: «Questi visitano periodicamente un territorio per verificare le condizioni della popolazione locali e da ciò può nascere una nostra iniziativa». Le ?armi? di Survival sono le parole, ossia le lettere che i semplici cittadini inviano a governi o multinazionali che minacciano i diritti dei nativi. «Sensibilizziamo l?opinione pubblica sul problema e chiediamo, come nel caso degli Ogiek, di scrivere al presidente e al ministro del turismo del Kenya. A volte si dà vita ad azioni legali, come nel caso degli Yanomami, indios dell?Amazzonia: un tribunale brasiliano ha condannato per genocidio i garimpeiros, i cercatori d?oro che avevano compiuto una strage invadendo il villaggio», racconta Francesca.
Il primo bollettino d?azione della sede milanese è stato a favore degli Waorani dell?Ecuador, l?ultimo per i Boscimani. «In Europa sono già state raccolte 100mila firme», informa la Casella «e continuano i sit-in davanti agli uffici rappresentativi del Botswana. È in corso, poi, una campagna informativa con gli studenti sul progetto di sfrattare i Boscimani dai loro territori per poter sfruttare economicamente la zona».
Carmen Morrone

Survival International Italia
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