Azzardo

Superenalotto, che cosa ci racconta l’ultimo 6 milionario

La notizia della vincita da quasi 90 milioni di euro con un 6 nell'estrazione di ieri fa venire in mente la classica domanda: cosa faresti se vincessi al Superenalotto? Dietro però si nasconde una questione più complessa: il potenziale rischio di dipendenza

di Daria Capitani

Tre euro, sei cifre giocate, quasi 90 milioni di euro. Sono i numeri dell’ultima vincita da capogiro al Superenalotto. La schedina vincente è stata giocata a Riva del Garda, è la seconda vincita con sei punti del 2024. Dalla sua nascita, nel 1997, il concorso a premi targato Sisal ha assegnato 116 jackpot. È uno dei giochi d’azzardo più popolari in Italia, forse per la sua capacità di intercettare la sfera del sogno. Cosa faresti se vincessi al Superenalotto? Dietro l’apparente innocenza della domanda si nasconde una questione più complessa: il potenziale rischio di dipendenza.

La punta dell’iceberg

Ne abbiamo parlato con la psicologa psicoterapeuta Daniela Capitanucci, presidente e socia fondatrice di AND-Azzardo e Nuove Dipendenze APS, ente del Terzo settore che si occupa di azzardo e nuove dipendenze. Autrice di pubblicazioni sul tema del disturbo da gioco d’azzardo, è membro titolare dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute. «Quando leggo questo tipo di notizie», spiega, «penso che questa forma di comunicazione sia sempre un po’ al limite. Queste informazioni andrebbero date in un altro modo». Quale? «Il problema principale è che purtroppo vengono raccontate soltanto le vincite: non si indica l’entità del denaro che è stato raccolto e del denaro che è stato speso, cioè perso. Dobbiamo sempre tenere a mente che tutte le vincite sono soltanto una parte di quella che è la raccolta complessiva. L’informazione andrebbe data in modo completo, perché la schedina vincente di Riva del Garda è soltanto la punta dell’iceberg. Gli 89 milioni di euro vinti dal singolo giocatore sono soltanto una percentuale della raccolta, tutti soldi che arrivano dalle tasche dei giocatori».

La psicologa psicoterapeuta Daniela Capitanucci.

Quello che c’è sotto la punta dell’iceberg lo spiega in modo immediato Paolo Canova, fondatore insieme a Diego Rizzuto e Sara Zaccone di Taxi 1729, società torinese nata per rendere la comunicazione scientifica uno strumento divulgativo non per forza noioso, anzi, divertente. Con il progetto “Fate il nostro gioco”, da quindici anni forma e informa centinaia di persone sulle regole, i piccoli segreti e le grandi verità che stanno dietro al fenomeno dell’azzardo in Italia: «La nostra convinzione è che il modo migliore per farlo sia usare la matematica come una specie di antidoto logico, per creare consapevolezza intorno al gioco e svelare i suoi lati nascosti». L’idea ha assunto forme diverse: conferenze, laboratori, un format tv e persino un libro. «Visto con gli occhi della matematica, il gioco d’azzardo è un’esperienza in cui il proponente, colui che detta le regole, salvo casi di clamorosi errori di calcolo, è assolutamente certo di guadagnare e di conseguenza chi partecipa da giocatore in modo continuativo è certo, dal punto di vista matematico, di perdere i propri soldi». Il fatto di proseguire le giocate nel tempo è dirimente: «La continuità del gioco d’azzardo aumenta la probabilità di perdere denaro. Conoscendo il numero esatto di giocate e il tipo di gioco d’azzardo, è possibile calcolare l’importo esatto della perdita».

Perché si gioca?

Vien da chiedersi allora perché si gioca. La vincita di ieri può rappresentare un incentivo? «Una grossa vincita naturalmente stimola il pensiero nei giocatori: è successo a lui o lei, quindi potrebbe succedere anche a me», spiega la dottoressa Capitanucci. «Può addirittura rappresentare un input a iniziare. Della serie: “Dato che si può guadagnare, quasi quasi ci provo”. I rischi connessi a questi pensieri sono molteplici. Innanzitutto, la statistica ci insegna che chi gioca in modo costante e non occasionale perde matematicamente. Inoltre, i numeri di chi gioca d’azzardo sono alti, ma quelli che vincono cifre importanti sono irrisori. Infine, chi pensa di recuperare quello che ha già perso nelle giocate precedenti non andate a buon fine non tiene conto della legge dei grandi numeri: più vado avanti, più rischio di perdere. Forse varrebbe la pena affrontare l’argomento in modo scientifico».

Una delle presentazioni del libro “Fate il nostro gioco” realizzato da Taxi 1729.

La dottoressa fa riferimento al fatto che con il Superenalotto è possibile che qualcuno vinca, ma siamo nell’ambito dello straordinario, ovvero un episodio fuori dall’ordinario, perché poco probabile. Lo spiega il matematico Canova: «Nel Superenalotto, la probabilità di centrare i sei numeri vincenti è 1 su 622 milioni circa. Si tratta di numeri che la nostra mente non riesce a percepire o visualizzare. La nostra mente, anziché pensare che vincere sia quasi impossibile, si nutre del pensiero che se è successo una volta allora è possibile: si chiama “effetto disponibilità”. L’obiettivo dei nostri talk e corsi di formazione è proprio quello di smontare questa convinzione».

Attenzione alle parole

Capitanucci, come presidente di AND-APS, da anni si occupa di sensibilizzazione. A partire dalle parole: «Per essere d’azzardo, un gioco deve avere tre caratteristiche: la presenza di una posta in denaro o sotto forma di oggetti di valore; l’esito della scommessa o giocata prevalentemente frutto del caso e non dell’abilità; la regola per cui, una volta messo in palio il denaro, non torni indietro. Nella lingua italiana, si rischiano fraintendimenti, tanto che spesso si confondono ludopatia e azzardopatia. In inglese, la distinzione è netta: gambling è il gioco d’azzardo, gaming il gioco. Ma» prosegue, «ci sono anche criteri oggettivi precisi che definiscono comportamenti di gioco d’azzardo a rischio: giocare più denaro, più tempo e più frequentemente di quello che si intende fare e che ci si può permettere e, in termini più generali, giocare d’azzardo più di quattro volte al mese, a più di due giochi d’azzardo regolarmente e più dell’1 per cento del reddito familiare facilmente porterà ad avere problemi economici, emotivi e nelle relazioni».

Il settore si è dato una veste “industriale” ed è stato in grado di intercettare una amplissima fetta di popolazione, è cambiato lo scenario dell’offerta e anche del consumo

Daniela Capitanucci, presidente AND – Azzardo e Nuove dipendenze APS

Ci sono giochi d’azzardo più “additivi” di altri, ovvero che presentano caratteristiche che favoriscono maggiormente lo sviluppo di una dipendenza. Che cosa significa? «Sono quei giochi d’azzardo che, per la loro struttura, al di là del soggetto che li pratica, presentano alcuni elementi di rischio. Si è visto che, tra gli altri fattori, incidono moltissimo sulla perdita di controllo la disponibilità e rapidità, la velocità di riscontro se ho vinto o perso, la possibilità di rigiocare immediatamente».

Quando si parla di persone, è sempre difficile definire delle categorie, ma esiste una sorta di identikit del giocatore tipo? «Una ventina d’anni fa avrei risposto alla domanda tracciando il profilo di un giocatore tipo: maschio, giovane adulto tra i 30 e i 50 anni, di estrazione sociale medio bassa. Oggi chiunque è un potenziale cliente di giochi d’azzardo diversi. Ne esistono di trasversali, che vanno bene per tutti, e altri più specializzati su una fascia specifica di consumatori. Il settore si è dato una veste “industriale” ed è stato in grado di intercettare una amplissima fetta di popolazione, è cambiato lo scenario dell’offerta e anche del consumo. Per questo, l’associazione AND – Azzardo e Nuove dipendenze APS si impegna per l’informazione, la formazione, la prevenzione e l’advocacy. La nostra presenza ai tavoli istituzionali si pone l’obiettivo di tenere desta l’attenzione, anche in modo critico, sul tema. Ciò nonostante, la situazione nel nostro Paese purtroppo è ingravescente, e poco incisivi sono stati sino a oggi i tentativi costanti di mostrare i seri danni che il gioco d’azzardo provoca sui giocatori, sulle famiglie e in ultima analisi sulla comunità».

Nella foto dell’Agenzia LaPresse i titolari di una tabaccheria milanese in cui si registrò una vincita record – 72 milioni – nel 2005.

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