Politica e Terzo settore
Superbonus, se un immobile donato diventa solo un onere
Un importante lascito solidale rischia di restare inutilizzato a causa del decreto del consiglio dei Ministri, che ha interrotto i benefici del “bonus 110” per onlus ed Ets. Italo Marcotti, Pubblica assistenza Cortemaggiore (Piacenza): «Se l’apertura del Governo è limitata agli enti non profit che hanno già depositato le pratiche, noi non possiamo godere del beneficio»
È stata accolta con grande sollievo la notizia dell’impegno del Governo a ripristinare la possibilità di accedere al 110% per le onlus e gli Enti di terzo settore che, con il decreto approvato all’improvviso in Consiglio dei ministri lo scorso 26 marzo, non potevano più beneficiare della cessione del credito e dello sconto in fattura per i lavori di efficientamento energetico. Nonostante la disponibilità del Governo a mettere una toppa (leggi qui), gli enti non profit che vorrebbero beneficiare del superbonus, ma non hanno consegnato le pratiche prima del decreto, non potrebbero usufruire dei benefici. «Per quanto ci riguarda, abbiamo la necessità di avere una finestra temporale che ci permetta di concludere l’iter autorizzativo del nostro immobile, altrimenti resteremmo comunque tagliati fuori», spiega Italo Marcotti, vicepresidente Pubblica assistenza Cortemaggiore (Piacenza).
Marcotti, ci racconta la storia del vostro immobile?
Nel 2017 abbiamo avuto la fortuna di ricevere una donazione, con un lascito, di un immobile nel nostro territorio con un bellissimo giardino. È un’opera che comporta un investimento di circa un milione di euro, una cifra enorme per una onlus come la nostra. Il nostro progetto è farne un presidio sanitario e di formazione per il territorio. Nonostante la bontà di cuore dei nostri concittadini, che ci aiutano con le donazioni, e del comune che ci offre la sede gratuitamente, non siamo stati nelle condizioni di poter depositare la Cilas (Cila superbonus) per l’inizio delle opere perché non avevamo una solidità finanziaria per poter sottoscrivere un contratto di fornitura. Tra il 2017 e il 2020 eravamo arrivati a circa 150mila euro raccolti. Poi, a causa del Covid, dal punto di vista umano e anche economico abbiamo dovuto supportare la cittadinanza e i medici durante la pandemia, e bloccare qualsiasi tipo di progetto.
E dopo i due anni di pandemia?
Quando abbiamo ripreso in mano le pratiche, c’era il blocco degli acquisti da parte delle banche dei crediti; non avendo capacità dal punto di vista finanziario, potevamo soltanto sperare di cedere il credito. L’incentivo superbonus ci è parsa l’unica via percorribile per il raggiungimento del nostro obiettivo. Finalmente lo scorso gennaio la banca ha accettato la cessione del credito per il 90%. Molto felici abbiamo ripreso in mano tutte le pratiche, i preventivi e i progetti fatti, ma dopo poco ci è piombato sulla testa il decreto che ci ha messo ko.
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Cosa progettate di fare nella vostra nuova sede?
La nuova sede ci permetterebbe di andare a implementare la nostra capacità di operare sul territorio. Diamo servizio a cinque comuni limitrofi, la Asl ha completamente demandato a noi il trasporto: non c’è solo un tema di servizi alla popolazione come volontariato, ma anche come sostegno alla Asl. Abbiamo già fatto domanda all’albo di andare a implementarci con la Protezione civile, potremmo crescere nel nostro perimetro operativo. La nostra attività è coordinata dall’Anpas, Associazione Nazionale pubbliche assistenze.
La viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci ha dichiarato di aver ricevuto rassicurazioni dal ministro Giancarlo Giorgetti per quanto riguarda l’esclusione degli enti non profit dalle residue provvidenze del “bonus 110”. Se le rassicurazioni dovessero diventare fatti concreti, voi comunque rimarreste tagliati fuori?
Sì, essendo arrivato all’improvviso il decreto, ci siamo trovati in una condizione molto difficile. Se la rassicurazione per gli enti non profit fosse vincolata al fatto di aver già depositato la Cilas, noi non potremmo comunque usufruire del “bonus 110”. Nel nostro caso specifico, la necessità sarebbe di avere una finestra temporale di trenta giorni per concludere l’iter autorizzativo. Abbiamo firmato un primo contratto con un’azienda edile, relativo alla progettazione, ma dal punto di vista del deposito delle pratiche siamo a zero.
Quindi avete un immobile inutilizzabile?
Un immobile ricevuto grazie ad un lascito solidale sta diventando un macigno. Un grande regalo si è trasformato soltanto in un onere. È un immobile liberty su un terreno molto bello, non possiamo utilizzarlo e neanche venderlo. Se non dovessimo arrivare al nostro obiettivo, ci troveremmo nelle amare condizioni di dover anche sopperire ai costi che si ricollegano a un immobile di questo tipo. Il progetto è quello di fare una struttura nuova, su un livello, con parcheggi, la possibilità di avere ambulanze. Non sappiamo più dove lasciare i nostri mezzi, corriamo il rischio di doverli lasciare per strada. La struttura ospiterebbe la Pubblica assistenza e la Protezione civile, con un giardino fruibile dalla cittadinanza e con luoghi dove poter fare cultura e formazione. Sarebbe un’operazione win win, con questa struttura il primo beneficiario sarebbe l’azienda sanitaria locale (diventeremmo più efficienti con meno costi). Inoltre, potremmo avere più mezzi e, quindi, una maggiore efficienza a livello operativo. Speriamo che non rimanga un progetto solo sulla carta…
Foto di apertura di Stefano Carofei/Agenzia Sintesi
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