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Sunday Times intervista uomo che filmò Quattrocchi

Nell'intervista con la giornalista Hala Jaber, l'uomo che si fa chiamare Yussuf sostiene anche che per la liberazione degli altri tre ostaggi furono pagati 4 milioni di dollari

di Paolo Manzo

”Sono stato io a riprendere la scena” della morte di Fabrizio Quattrocchi: cosi’ Abu Yussuf, 27enne laureto, esperto di computer, che parla correntemente francese ed italiano, ha iniziato il suo terrificante racconto dell’uccisione del nostro connazionale, rapito insieme ad Umberto Cupertino, Salvatore Stefio e Maurizio Agliana il 13 aprile, e la cui morte e’ stata annunciata da al Jazeera il 14 aprile. In un’intervista pubblicata oggi dal ”Sunday Times”, ed in parte ripresa dal Corriere della Sera, l’uomo racconta di come Quattrocchi si sia reso conto che lo portavano a morire quando fu diviso dagli altri tre ostaggi. ”Tu che parli italiano – disse a Yussuf – concedimi per favore l’ultimo desiderio, toglimi la benda e fammi morire come un italiano”. Una richiesta che non gli fu concessa dal capo del gruppo: Quattrocchi fu ucciso ”con la sua pistola ma con una pallottola irachena”, e subito dopo lo sparo i suoi assassini gridarono ”Allah Akbar” (Dio e’ Grande). Nell’intervista con la giornalista Hala Jaber, l’uomo che si fa chiamare Yussuf sostiene anche che per la liberazione degli altri tre ostaggi furono pagati 4 milioni di dollari. Mentre il cadavere di Quattrocchi sarebbe stato venduto da ”un traditore” per 200mila dollari. ”Ma lo troveremo e ci occuperemo di lui” ha aggiunto. L’uomo, che la giornalista ha incontrato in una casa ad ovest di Baghdad, fornisce dettagli anche sulle modalita’ del rapimento e della detenzione degli italiani. La sua cellula, composta come le altre che operano in Iraq da alcune decine di persone e guidata da un emiro, si era gia’ resa responsabile dell’uccisione dei due tedeschi che prestavano servizio di scorta ai diplomatici tedeschi in arrivo dalla Giordania. Fu in un agguato simile che rapirono gli italiani: ”dicevano che lavoravano per una societa’ che garantiva sicurezza ad individui, ma dalle carte che avevano addosso e dai loro computer capimmo che erano qualcosa di piu’: avevano lavorato e si erano addestrati in Israele”. Secondo Yussuf non vennero ne’ incatenati ne’ bendati e la porta della stanza dove erano tenuti non era chiusa a chiave: ”dato il posto in cui gli italiani erano tenuti, sarebbe stato difficile trovare una via di fuga se avessero dovuto scappare”. Mentre invece veniva controllato il loro autista iracheno. Gli ostaggi chiedevano ripetutamente se sarebbero stati uccisi o liberati. ”Se Dio lo vorra’, tornerete a casa alle vostre famiglie” Yussuf disse loro a un certo punto. Stefio rispose: ”non se Dio lo vorra’, se lo volete voi, noi faremo ritorno a casa”. Gli italiani gli avevano chiesto perche’ aveva deciso di combattere e dove sarebbe andato dopo l’Iraq. ”Risposi loro che combattevo la jihad e che se avessi dovuto lasciare l’Iraq, sarei andato in Cecenia o in Palestina, o in un altro posto”. Riguardo all’assassinio di Quattrocchi, Yusuf spiega che fu scelto perche’ aveva lavorato in Bosnia e Nigeria, paese dove i musulmani avevano sofferto. Il capo diede proprio a Yussuf l’ordine di prelevarlo e portarlo sul luogo dell’esecuzione: ”lo bendammo, gli legammo le mani dietro la schiena e lo portammo vicino ad una tomba che era stata scavata”. Ed a Quattrocchi che chiede come sara’ annunciata la sua morte in Italia, il rapitore risponde: ”chiederemo al governo italiano di ritirare le truppe”. ”Non penso che questo accadra”’ -ha replicato Quattrocchi. ”Noi ostaggi, non significhiamo nulla per il nostro governo su una questione come questa. Non valiamo cosi’ tanto e non ritireranno le truppe”.


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