Mondo
Summit UE-Turchia. Mario Giro: “Non dimentichiamo l’Africa”
Mentre UE e Turchia si riuniscono a Bruxelles per un Vertice straordinario sull’emergenza migrazioni, c’è chi da Roma chiede di non dimenticare il continente africano, proponendo uno sguardo diverso su “un fenomeno che va gestito e negoziato in modo serio, sia tra gli Stati membri che con i paesi terzi, in particolar modo l’Africa. E in questa sfida la cooperazione italiana ha un ruolo importante da giocare, così come le diaspore”. Così il nuovo Vice ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale, Mario Giro, nell'intervista rilasciata al mensile Vita che pubblichiamo in anteprima.
Alcuni Stati Membri, tra cui l’Austria e quelli nordici, hanno espresso la volontà di imporre nell’agenda il taglio degli aiuti pubblici allo sviluppo a quei paesi del Sud del mondo che non collaborano alle politiche di rimpatrio. L’Italia è pronta a dare sponda?
Questo genere di iniziative non funzionano perché non imponi niente in questo modo, altrimenti sui rimpatrii non ottieni nulla. Con i paesi partner dobbiamo negoziare una politica seria di rimpatrii, fatta nello spirito della cooperazione. Una scelta che l’Italia ha adottato anni fa e che continua ad adottare, attraverso un dialogo costruttivo sia con l’Unione Africana che in via bilaterale. Questa è la strada che dovrebbe perseguire l’UE e gli Stati membri con i paesi terzi, implicando l’UA.
Per far fronte all’emergenza migrazioni, nel novembre scorso l’UE ha lanciato un Fondo fiduciario d’urgenza per 23 paesi africani, ma il budget è poco più della metà dei fondi promessi alla Turchia. Non le sembra disproporzionato? Che importanza l’Italia attribuisce al Fondo fiduciario Africa e in che modo intende parteciparvi?
L’Italia già partecipa a livello decisionale, abbiamo presentato dei progetti, il primo in Etiopia, e altri seguiranno in Sahel. Per noi questo fondo è di estrema importanza, perché consente di intervenire a monte del problema, ovvero sulle cause che spingono le persone ad emigrare mettendo a rischio la propria vita, e consentire di gestire i flussi. Naturalmente il budget non basta per afffrontare un fenomeno dalle dimensioni così epocali. Se compariamo 1,8 miliardi destinati a 23 paesi africani per cinque anni con i 3 miliardi l’anno offerti alla Turchia, c’è un problema. Basta leggere le dichiarazioni del Premier Renzi per capire che l’Italia si batte per un maggiore equilibrio. Siamo ovvviamente consci che i turchi vanno aiutati perché confrontati ad un’emergenza assoluta, ma non possiamo chiudere gli occhi sui flussi che arrivano da Sud.
Siamo ovvviamente consci che i turchi vanno aiutati perché confrontati ad un’emergenza assoluta, ma non possiamo chiudere gli occhi sui flussi che arrivano da Sud.
Un’altra polemica riguarda le finalità del Fondo, sospettato di essere maggiormente utilizzato per fini di sicurezza anziché di sviluppo. E’ una perplessità che condivide?
Questo rischio non c’è, almeno non da parte nostra, ma bisogna vigilare su come i soldi vengono spesi. L’Italia spende già molti soldi sulla sicurezza, non è il caso di farlo nell’ambito del Fondo fiduciario.
Tuttavia c’è ancora molta confusione non solo sul modo con cui i fondi verranno gestiti, ma anche come ci si può accedere. Le ong italiane ed europee sono disorientate…
Un conto è l’accesso diretto delle ONG al Fondo, un altro è il budget gestito dagli Stati membri che si interfacciano con le loro ONG nazionali e gesticono la loro parte insieme a queste ONG. Nel progetto sull’Etiopia che è stato approvato dalla Commissione europea le ONG italiane saranno sicuramente coinvolte.
Cosa si aspetta dalle diaspore?
Molto, del resto ho già avuto degli incontri. Tutto ciò che possiamo fare per aumentare la nostra capacità di fomentare operazioni economiche nei paesi di origine trova nelle diaspore un grande alleato. Naturalmente le diaspore si devono organizzare, consorziandosi inizialmente con le ONG. Quando avranno acquisito capacità di management e di spesa, aspetti su cui noi dobbiamo stare molto attenti, potranno operare anche direttamente sui progetti. E’ una delle sfide della nuova legge e le mie attese sono grandi perché la conoscenza delle diaspore dei loro paesi di origini è un grande valore aggiunto per il sistema Italia.
Ma sono all’altezza delle sfide della 125?
Oggi nessuno lo è, ci dobbiamo tutti confrontare con una legge che mette la barra molto in alto. Ma la nostra ambizione è anch’essa molto alta, di sicuro l’ottima partenza dell’Agenzia diretta da Laura Frigenti mi lascia ben sperare.
Foto credito: Getty Images/Ahmed Ouoba. Mario Giro assieme al Presidente del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré, durante una visita ufficiale effettuata il 20 gennaio 2016 a Ouagadougou.
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