Tra qualche giorno toccherà anche a me. Sarò esaminata da un gruppo di medici dell’Inps per verificare la mia invalidità, dovranno controllare che io non sia un “falsa invalida”, come se non bastasse il peso della malattia, le visite e le terapie periodiche, le domande le prove, le tensioni emotive, i continui buchi nella pelle per i prelievi, la stanchezza e lo sguardo curioso e pietistico di molti. Dovrò subire un’altra vivisezione, un ennesimo umiliante controllo. Dovrò essere collaborativa, evitare di fare la superba. Quelle persone hanno nelle loro mani il mio destino e potrebbero appigliarsi a qualche cavillo per ridurre o negare parte del contributo che ricevo. Non dovrò sembrare troppo sana. Difficile esprimere la rabbia e l’agitazione che provo. Giorni fa ho fatto un sogno. Improvvisamente sentivo le gambe leggere e abbandonavo il deambulatorie per camminare felice e sicura senza appoggi. Che divertimento sarebbe allora far avverare questa fantasia proprio nel momento della visita. Quei burocrati si troverebbero a certificare non una frode, ma un miracolo. Come Lazzaro o il paralitico del racconto evangelico tornerei inspiegabilmente alla Vita. Provando un’emozione così forte e genuina, le loro vite cambierebbero. Scoprendo queste doti guaritrici, l’Inps potrebbe decidere di tagliare i costi delle pensioni di invalidità avviando convocazioni per realizzare miracoli di massa. Costretti a rinunciare ai soldi, noi malati avremmo almeno la soddisfazione di una salute ritrovata,
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