Sostenibilità
Sulle montagne cè unisola. Felice
Conciliare protezione della natura e sviluppo economico? A qualcuno riesce...il parco delle Dolomiti Bellunesi è uno dei pochi fiori allocchiello.
di Chiara Sirna
Che il parco delle Dolomiti Bellunesi sia un po? sui generis lo si capisce dalla sala del consiglio direttivo: lì, su quella che i dipendenti hanno battezzato ?parete d?onore?, campeggiano in primo piano otto medaglie. O forse sarebbe meglio dire otto premi e riconoscimenti.
C?è solo l?imbarazzo della scelta: Panda d?oro 2004 del WWF per la tutela della biodiversità; premio Innovazione amica dell?ambiente e Bandiera verde di Legambiente nel 2003: certificazione integrata di qualità ambiente ISO 9001, ISO 14001; premio Eurosolar 2005 e, dulcis in fundo, due riconoscimenti d?eccezione: uno come primo parco nazionale italiano per la promozione del turismo sostenibile nel 2004 e l?altro come miglior parco nazionale per efficienza di gestione e rapporto tutela-valorizzazione ambientale.
Che tutti lo citino come esempio di area protetta meglio gestita e conservata è noto. Il perché però sfugge ancora a qualcuno. Ma in realtà lo si capisce guardando anche solo i progetti avviati negli ultimi anni, dal recupero delle malghe allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, fino alla certificazione di qualità socio-ambientale delle attività commerciali e produttive interne. Iniziative che, in meno di cinque anni, hanno trasformato il parco delle Dolomiti Bellunesi in un vero e proprio laboratorio di sostenibilità a doppio binario, economica e ambientale appunto.
Laboratorio sostenibile
La sfida era vincere la partita con la natura, tutelare l?habitat originario, proteggere specie animali quali l?orso e la lince, ma anche far ripartire un?economia di sussistenza per una popolazione di pastori e montanari che da quelle montagne impervie e aride stava iniziando a scappare. E le strategie messe in campo hanno dato i risultati sperati. Com?è stato possibile? Perché si è dato spazio, voce e partecipazione a chi dei frutti e ritmi di montagna ci vive, tutelando le antiche malghe, masserie d?alta quota, fattorie con stalle e prati per i pascoli e il bestiame. «Potevamo aprire gare d?appalto ai migliori offerenti, invece abbiamo deciso di lavorare con i malgari, gli ultimi allevatori di montagna ancora esistenti», spiega il direttore Nino Martino che, dopo una breve parentesi a capo del parco nazionale dell?Arcipelago Toscano, è tornato a guidare quello delle Dolomiti, già diretto dal 95 al 97.
Fosse solo per il recupero ci sarebbe poco di cui stupirsi perché in fondo è una delle responsabilità primarie di un ente parco. L?aspetto più lodevole è, invece, un altro: l?aver portato ad alta quota le tecnologie più moderne per rimettere in moto un?economia antica. Nelle cinque malghe del parco infatti oggi ci sono macchinari per mungere le mucche governati da computer alimentati dal fotovoltaico. E tutte le altre strutture ospitate, dagli ostelli ai ristoranti, fino agli alberghi e ai bungalow, per riscaldamento e funzionamento interno si affidano a fonti rinnovabili: biomassa, cogenerazione, microelettrico, fotovoltaico, legno, acque reflue. Con un progetto, Fossil Free, che poi è valso il premio per l?innovazione e che di fatto ha liberato tutta l?area dall?inquinamento fossile.
Export naturale
Oggi i prodotti ?sostenibili? delle malghe si esportano ovunque e alla rete parco, grazie al progetto Carta qualità, hanno aderito già 150 aziende dei 15 comuni coinvolti. Insomma, in un panorama desolante di commissariamenti e gestioni al collasso, il parco delle Dolomiti Bellunesi è uno dei pochi fiori all?occhiello. Dal 95 ad oggi ha investito 13 milioni di euro. E di questi solo il 30% è di derivazione ministeriale. Il resto arriva dall?Unione Europea, dalla Regione Veneto, da sponsor privati, banche e fondazioni. Segno di un dinamismo invidiabile. Eppure, con i tagli dell?ultima Finanziaria, che ha imposto un tetto pari al 50% delle spese dell?anno precedente, oggi si rischia di archiviare progetti d?avanguardia già avviati.
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