Questa volta sono a raccontare di un viaggio, immerso dentro al mondo del Vino Santo, che da tempi immemorabili si produce in Trentino con l’utilizzo delle uve nosiola. Sono sette le cantine della Valle dei Laghi che producono questo vino passito, unico perché raggiunge quel livello grazie al microclima della zona e alla sua umidità costante che favorisce la nascita delle muffe nobili (botrytis cinerea) che poi danno un tocco alla concentrazione di grappoli messi ad appassire sui graticci (le arèle). Il Vino Santo nasce veramente nella settimana santa, quando si dà il via al mosto che poi forgerà un vino dalla lenta maturazione (si compie, a mio avviso, dai 10 anni in su).
Ma la sorpresa del viaggio di quest’anno è stata quella di trovare nelle vigne e in cantina tanti giovani, con idee innovative. Gino Pedrotti sta a Cavedine, dove produce il suo vino con il metodo della biodinamica. E l’80% lo rivende in quella trattoria-bar di famiglia, graziosa, meta di merende memorabili, col campo da bocce che guarda le montagne. Un posto dove fermarsi e non venir più via. A Santa Massenza, ad esempio, ci sono due cantine. C’è la Cantina di Giovanni Poli, che fa anche un olio extravergine di oliva straordinario e ora anche un aceto, e poi quella di Francesco Poli. Da visitare anche le cantine dell’azienda Pisoni a Lasino che oltre al Vino Santo sta entusiasmando per il brut, e la cantina Pravis, che ha una gamma di svariati vini. Sosta obbligata, infine, alla Cantina di Toblino che, oltre al Vino Santo, mette a disposizione del visitatore un bellissimo lounge bar, dove si gustano i piatti della tradizione. Ma da perderci la testa è anche la sosta al ristorante Castel Toblino, bagnato dal lago, dove Stefano Bertoni si esprime con una cucina entusiasmante.
La civiltà del Vino Santo ha questi riferimenti, mentre l’assaggio più soddisfacente, più che sui dolci, sarà con il formaggio. Speciale è l’erborinato di capra.
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