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Migranti

Maria Montessori sulla Rotta Balcanica

Due docenti e formatrici della scuola Montessori di Como, insieme ai docenti volontari di Linea d'Ombra di Trieste, stanno costruendo una "via Montessori" per l'insegnamento e l'apprendimento dell'italiano come seconda lingua. Il racconto

di Licia Arnaboldi e Clara Campanini

Giovani adulti migranti, provenienti da zone di guerra o di instabilità politica, protagonisti di lunghi viaggi attraverso Paesi ostili, spesso a piedi, a volte ostacolati anche con la forza dalle guardie di quelle frontiere che pure appartengono alla civilissima Europa: sono questi i ragazzi che approdano a Trieste dalla rotta balcanica, alla ricerca di un rifugio e di un futuro migliore. 

Tra loro ci sono giovani laureati, ma anche ragazzi non scolarizzati fuggiti dalle campagne, privi di punti di riferimento lessicali e grammaticali e spesso senza quella manualità fine che è alla base della scrittura. Da vario tempo l’associazione di volontariato Linea d’Ombra ODV di Trieste si occupa di loro, fornendo cure mediche e tutto ciò che può servire per sostenerli e garantire una permanenza dignitosa in attesa dell’ottenimento dello status di rifugiati politici. Nel 2023 l’Associazione Montessori di Brescia si è sentita “chiamata” da Linea d’Ombra: la presidente Rosa Giudetti ha avviato i contatti con l’organizzazione di Trieste e ha premiato la fondatrice Lorena Fornasir come “Donna Straordinaria”

La collaborazione sta proseguendo: si sta cercando una “via Montessori” per avvicinare questi migranti alla lingua italiana, così da dar loro voce e avviare un processo di inclusione. In questa ricerca l’Associazione Montessori di Brescia ci ha coinvolto in quanto docenti e formatrici della scuola Montessori di Como. Da qualche mese, insieme ai docenti volontari di Linea d’Ombra, stiamo costruendo un percorso Montessori per l’apprendimento dell’italiano come seconda lingua e per una prima alfabetizzazione. Il percorso prevede interventi formativi rivolti ai docenti di italiano L2 e la costruzione di materiali studiati per l’acquisizione della seconda lingua attraverso la libera scelta e il lavoro autonomo dei giovani adulti provenienti da paesi di crisi. 

Questo lavoro si basa sulla grande certezza che il metodo Montessori non ha barriere: i cardini montessoriani nella loro universalità sono efficaci nelle più varie situazioni di apprendimento e di crescita. Di fondamentale importanza si conferma l’osservazione dei bisogni dei ragazzi, da cui deriva anche la conoscenza del contesto di lavoro. I docenti volontari di Trieste dovranno sempre basare i loro interventi sui profili dei loro alunni, composti da storie personali, diversi Paesi di provenienza, vari livelli di scolarizzazione, esperienze anche tragiche e nuovi programmi di vita. Stanno anche impegnandosi per ottenere spazi adeguati e aule che permettano un ambiente preparato, calmo e sereno. 

Questo tentativo di costruire un percorso di attività per l’italiano L2 destinato ai giovani migranti e ispirato al pensiero Montessori non è il primo sul territorio italiano. Nel passato non sono mancati esperimenti molto positivi a cura di qualche associazione o qualche docente volontario che conosce e sa applicare il Montessori. Quello che manca è l’organicità della sperimentazione e dell’adozione di questo approccio. È necessario un confronto e una condivisione sui principi cardine del metodo Montessori in relazione all’italiano L2 per giovani migranti. Montessori, con la sua attenzione ai bisogni di ogni ragazzo, permette di distinguere tra le necessità dei migranti che vivono già da tempo in Italia e vogliono imparare meglio l’italiano per una loro più efficace inclusione, e i bisogni di quei ragazzi che arrivano in Italia dopo viaggi pericolosi e in modo più o meno “legale” e che hanno bisogno dell’italiano per la loro sopravvivenza in un paese che non sempre è attento e rispettoso verso le loro storie e i loro sogni. Attraverso i principi Montessori i docenti possono adattare ritmi e approcci dei loro interventi formativi, costruire i materiali e proporre attività che meglio rispondano alle esigenze dei loro ragazzi, facendoli sentire considerati e valorizzati. 

La situazione a Trieste 

Lo scorso marzo 2024 abbiamo avuto l’opportunità di visitare sia gli ormai famosi Silos di Trieste sia il Centro Diurno e ci siamo rese conto che il nostro lavoro è un tassello di un grande puzzle che vede in gioco molteplici associazioni di volontariato senza orientamenti ideologici, se non quella solidarietà umana che deve essere alla base di qualsiasi organizzazione civile. Visitando i silos vengono dei dubbi sulla nostra pretesa “civiltà”: sono luoghi fatiscenti, sporchi, senza bagni, senza pavimenti, porte, finestre, dove i ragazzi si accampano per terra in mezzo ai topi, costruiscono giacigli di fortuna e piccoli fuochi dove si preparano il tè, in attesa del permesso della Questura o prima di ripartire per nuove destinazioni. Attese che possono durare settimane.

Eppure anche in un luogo simile, traspare la dignità di questi giovani migranti: la solidarietà tra loro è evidente, hanno organizzato un angolo dove ripassano le lezioni di italiano, un altro angolo dove uno di loro con esperienza taglia i capelli a chi ne ha bisogno, una zona dove giocano a cricket. Quando incontrano i loro insegnanti di italiano di Linea d’Ombra, si radunano intorno a loro e li salutano con gioia e con rispetto. Al Centro Diurno, piccolo, stipato e rumoroso all’inverosimile, un gruppo di ragazzi ci ha visto arrivare e si è subito radunato intorno a uno dei pochi tavoli, in attesa della “lezione”. Emerge la volontà di vivere e di crescere, nonostante le tragiche difficoltà. 

Vicino ai silos c’è un centro di ospitalità costruito negli anni precedenti, dotato di camere e bagni, in grado di ospitare un centinaio di persone. Ora è chiuso. La Diocesi locale sta impegnandosi in modo concreto per migliorare la condizione di questi ragazzi, ma la collaborazione con le autorità sembra essere complicata. Ma l’umanità ha bisogno di risposte. 

Licia Arnaboldi e Clara Campanini sono docenti e formatrici della scuola Montessori di Como. Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 


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