La solitudine del Papa è il tema su cui discetta l’universo mondo. Molteplici le variazioni, ma tutte sullo stesso tema. C’è chi si concentra sugli aspetti temperamentali: Papa Solitario, per indole e personalità. Altri vedono invece proprio nel coraggio di decidere in solitudine il sofferto destino dei grandi: Papa Solista, per genio e vocazione. Altri ancora la intendono come oggettiva lontananza dal mondo circostante: Papa Isolato, perché il palazzo apostolico (parola di Benedetto XVI) «è un po’ troppo distante dalla realtà». Infine, ma non ultima, è la schiera di quanti considerano la sua solitudine non una scelta e neppure una vocazione ma una condizione subita: Papa Solo, nel senso di essere lasciato solo. Con due sotto-variazioni: lasciato solo per l’incapacità della sua squadra (interpretazione buonista) o lasciato solo volutamente, da chi nell’ombra dei palazzi curiali trama contro di lui (interpretazione complottista).
Solitario, Solista, Isolato, Solo… C’è del vero, forse, in ciascuna di queste formule. Ma a noi comincia a fare un po’ senso questa vivisezione dell’anima del Papa, praticata tutti i giorni nella pubblica piazza.
Joseph Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, 1968
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