Famiglia
Sudan: un minore rischia pena disumana. Aiutiamolo
L'appello viene dall'associazione popoli minacciati. Il 16enne Mohamed Hassan Hamdan sarà amputato "a croce"
L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) protesta vivamente per la punizione disumana di un ragazzo sudanese di 16 anni, decisa da un tribunale speciale della Provincia di Darfur nel Sudan Occidentale. Il giovane arabo Mohamed Hassan Hamdan avrebbe partecipato ad una rapina a mano armata, ma a tutt’oggi egli nega la sua partecipazione al crimine. La condanna è pesante: Mohamed dovrà subire l’amputazione del braccio destro e della gamba sinistra.
L’APM ricorda che questa punizione disumana, la cosiddetta amputazione a croce, viola l’articolo 37 della Convenzione Internazionale sui Diritti dei bambini e ogni elementare regola del diritto. Il processo a carico del ragazzo, svoltosi nella cittadina di Nyala, non ha rispettato nemmeno i criteri minimi di correttezza: così ad esempio al momento del pronunciamento della condanna l’avvocato del ragazzo non era presente in aula. Nel frattempo altri cinque imputati dello stesso crimine, tutti adulti, sono stati rilasciati. La condanna di Mohamed è un terribile esempio della situazione nel Sudan Occidentale, caratterizzata dalla non osservanza dello stato di diritto e dalla violazione dei diritti umani.
Da febbraio 2003 la popolazione civile di Darfur vive sulla propria pelle l’inasprirsi dei combattimenti tra l’esercito sudanese e la Sudan Liberation Army (SLA), sollevatasi per lo stato di trascuratezza che la regione subisce da decenni. Finora 300 comunità sono state distrutte e 500.000 persone hanno dovuto fuggire dalla regione. Il 4 settembre 2003 l’esercito e la SLA hanno firmato un armistizio, ma la popolazione arabo-musulmana subisce costantemente aggressioni da parte dei nomadi armati dall’esercito. Le prospettive di pace per Darfur sono scoraggianti perché le trattative di pace finora non hanno portato a nessun risultato concreto. Dopo il bombardamento del 1 novembre dell’aviazione sudanese contro postazioni della SLA si teme la ripresa dei combattimenti.
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