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Sudan, padre Kizito: “Le vittime saranno ancora una volta i civili”

Padre Renato Kizito Sesana, missionario comboniano ed esperto di Sudan ha commentato con l'agenzia Misna l'attuale situazione del Sud Sudan

di Redazione

I ribelli dell’Esercito di liberazione popolare del Sudan (Spla) stanno marciando verso Juba (Equatoria, oltre 1.200 chilometri a sud di Khartoum). Lo riferiscono fonti internazionali, le quali precisano che lo Spla starebbe convergendo sulla città provenendo da varie direzioni. Juba, princiaple centro del sud Sudan, è la maggiore roccaforte dell’esercito governativo in un territorio controllato in gran parte dai ribelli. “Nessuno vuole giocare a carte scoperte. È vero c’è una grande mobilitazione ma vi pare logico che i due stati maggiore rivelino i propri piani operativi?”, ha commentato alla Misna padre Renato “Kizito” Sesana, missionario comboniano ed ex direttore del mensile ?Nigrizia?, esperto di Sudan. “Ritengo che entrambe le parti abbiano obiettivi ben precisi e di cui non tengono informata la stampa”, ha continuato. Da giorni ormai l’intera zona compresa tra Torit e Juba, ma più in generale l’Equatoria Orientale, è teatro di imponenti movimenti di truppe. Se i governativi vengono aviotrapsortati da Khartoum fino a Juba, dove si raccolgono sia le forze regolari sia i volontari dei movimenti paramilitari, segnalazioni di colonne di ribelli dello Spla arrivano da ogni angolo dell’Equatoria. Dopo la capitolazione di Torit, che ha portato all’interruzione dei negoziati di pace in corso tra le due parti in Kenya, Khartoum ha iniziato a mobilitare il grosso delle sue forze, dichiarando prioritaria la riconquista della città. Secondo le fonti della Misna, Torit ha un valore puramente simbolico. “Si è esagerato sulle implicazioni strategiche di Torit. Si tratta di un villaggio con cinquanta case in muratura. Quel che è vero è che il governo ha subito uno schiaffo morale a cui vuole al più presto porre rimedio. La conquista di Juba da parte dello Spla avrebbe invece un gran valore strategico”, ha continuato padre Kizito. In seguito alla caduta di Torit, le trattative – iniziate il 12 agosto scorso a Machakos in Kenya – sono state sospese. Per la prima volta l?oggetto dei negoziati, interrotti così bruscamente il 2 settembre, non era né l?applicazione della legge islamica (Sharìa) nel sud del Paese, a prevalenza animista e cristiana, né l?autodeterminazione richiesta dagli Stati meridionali. Questioni parzialmente ?risolte? nel protocollo sottoscritto dalle parti a Machakos lo scorso 20 luglio. Sul tavolo si trovavano ?altre? questioni. Tra cui quella che qualcuno ha definito il “nocciolo del problema”: il petrolio. Lo Spla, infatti, chiedeva al presidente Omar el-Beshir di dividere i proventi dell?oro nero, indispensabili per un rilancio del sud del Paese. Il governo rilanciava chiedendo un ?cessate il fuoco? definitivo, che presuppone un abbandono della lotta armata da parte della guerriglia di John Garang. “Tanto lo Spla quanto Khartoum vivevano i colloqui come una costrizione imposta loro dagli Stati Uniti. Entrambi avevano una gran voglia di dimostrare la propria forza sul terreno e si illudono di poter arrivare alla vittoria finale. In tutto questo, come al solito, a rimetterci saranno soltanto i civili”, ha concluso il missionario.

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