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Sudan, Msf: «Ecco perché ce ne siamo andati»

«La decisione è stata molto sofferta. Ma il governo sudanese non ha fatto altro che ostacolarci. Era a rischio l’incolumità dei nostri operatori». Intervista all'ex capo missione Stefano Zannini

di Anna Spena

Stefano Zannini, capo missione in Sud Sudan per diversi anni, ha commentato questa scelta: «La decisione è stata molto sofferta. Ma il governo sudanese non ha fatto altro che ostacolarci. Era a rischio l’incolumità dei nostri operatori. Speriamo comunque che la situazioni cambi, lì c’è veramente bisogno del nostro aiuto».

Quanto tempo è stato capo missione in Sud Sudan?
Da agosto 2012 a maggio 2013. Sono laureato in economia e lì mi sono occupato  prima di logistica e poi del coordinamento di tutte le operazioni del paese. È stata, sia dal punto di vista fisico che psicologico, una missione molto pesante. Perciò ho deciso di ritornare in Italia e lavorare per la sede di Msf a Roma.

Che ricordo ha dell’arrivo in Sud Sudan?
Quando ho iniziato a lavorare lì il paese era marcato da tantissimi bisogni di diverso tipo. Usciva da 20 anni di conflitto ed era completamente da ricostruire. Da un punto di vista medico abbiamo cercato di rispondere subito e gestire sia bisogni sanitari di primo livello che di secondo livello.

Come commenta la decisione della sezione di Msf di Bruxelles di chiudere le attività in Sudan?
La decisione l’abbiamo presa tutti. È stata molto sofferta comunque. Da un lato abbiamo a che fare con i bisogni della comunità dall’altra con gli ostacoli che non ci fanno lavorare. Arrivati a questo punto, non si poteva fare altrimenti. Il nostro è stato un gesto forte e volutamente pubblico.

Quali sono state le zone dove è stato più difficile, se non impossibile, operare?
Abbiamo cercato sistematicamente di entrare nello stato del Blue Nile dove ci sono dei combattimenti molto forti. Sono stati circa 100mila rifugiati rimasti bloccati lì. Nel Darfur orientale Msf gestiva un ospedale e una clinica mobile, i nostri operatori, nel dicembre 2012, sono stati bloccati e arrestati senza spiegazioni e ragioni apparenti.

Avete sempre riscontrato indifferenza totale da parte del governo?
Abbiamo provato a capire i problemi con il governo sudanese, abbiamo cercato di fare pressione sia diretta che indiretta, cercato di negoziare attraverso partner influenti ma assolutamente niente è servito affinché il governo cambiasse atteggiamento nei nostri confronti. Niente.

Ma non c’è stato solo disinteresse palese…
Appunto. Si fossero fermati a quello. C’è stato in tutti questi anni un ostruzionismo continuo. Un jet della Forza aerea sudanese ha bombardato un ospedale Msf gestito dai nostri colleghi nello stato del Kordofan meridionale. Ecco si fa fatica a pensare che questa sia stata una casualità: 13 bombe non vengono scaricate addosso per caso. Si è messa a rischio la sicurezza dei pazienti, dei civili che li accompagnavano e di tutto personale sanitario.

È di oggi la notizia diffusa dall’agenza di stampa Reuters dell’accordo firmato per cessare il fuoco dal presidente del Sud Sudan Salva Kiir e dal comandante dei ribelli Riek Machar, a cui adesso spetterebbe la carica di vicepresidente…
Non sapevo della notizia. Spero che questo accordo venga rispettato e la promessa mantenuta anche se non è la prima volta che si assiste a strette di mano davanti ai fotografi… La pace è il requisito fondamentale per costruire un paese. 


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