Politica

Sudan: missione fallita in Darfur

L'ultimo rapporto dell'International Crisis Group accusa la Comunità internazionale di fare troppo poco per proteggere le popolazioni civili colpite dal conflitto

di Joshua Massarenti

“Darfur: the Failure to Protect”. Questo il titolo dell’ultimo rapporto pubblicato oggi dall’organismo internazionale per la difesa dei diritti umani International Crisis Group (Icg). In apertura, Icg invita “il Consiglio di sicurezza a porre un termine alle sue divisioni e agire immediatamente per fermare le atrocità” perpetrate in Darfur. Nel rapporto, Icg denuncia “un peggioramento delle situazioni umanitaria e politica, e della sicurezza in una regione dove i massacri proseguono in un clima di totale impunità, la gente continua a morire in massa per malattie e malnutrizione, temendo la carestia”. “Le tre risoluzioni del Consiglio di sicurezza Onu hanno fallito nel loro intento di fermare le violenze ” commenta Icg, a detta del quale la quarta “in corso di dibattito deve essere sufficientemente incisiva per fare la differenza” in un conflitto che dal febbraio 2003 vede contrapporsi due movimenti ribelli (Sla e Jem) e le milizie armate Janjaweed, a loro volta supportate via aerea dal regime di Khartum. In due anni, le violenze perpetrate dal governo sudanese e dai janjaweed ha fatto 100mila vittime e colpito 2,65 milioni di persone. Ricordando implicitamente che la soluzione del conflitto va trovata in vie politiche, il direttore del Programma Africa di Icg, Suliman Baldo sostiene che “la risposta internazionale è stata retoricamente forte, ma ci vuole di più che semplici parole per fermare i massacri”. Tra le soluzioni ipotizzate da Icg, “vi è la necessità di convincere il governo a mantenere la sua promessa nel disarmare e neutralizzare le milizie Janjaweed”. Per raggiungere questo obiettivo, è nessario: – una risoluzione Onu che imponga misure punitive mirate, come il congelamento dei beni delle principali compagnie legate al regime, impedire alle figure militare chiave di recarsi all’estero, imporre un embargo sulle armi, autorizzare investigazioni e processi della Corte penale internazionale (Cpi) sui crimini atroci documentati dalla Commissione d’inchiesta; – un Consiglio di sicurezza che autorizza una no-fly zone sul Darfur riogorosamente monitorato dalle forze dell’Unione africana, con un Consiglio pronto a lanciare una forte azione in caso di violazione e – una decisione tesa a moltiplicare le forze dell’Ua inadeguate (attualmente meno di 2mila) portandole a almeno 10mila soldati e rafforzare il suo mandato per proteggere i civili.”


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