Mondo

Sudan: firmato protocollo sicurezza sul Darfur

A sorpresa e sotto le spinte sempre più ferme di Onu, Washington ed Unione Africana, sono stati siglati 2 importanti protocolli d'intesa, su sicurezza e intervento umanitario

di Paolo Manzo

Inattesa e forse decisiva svolta negoziale sul dramma del Darfur, la martoriata regione nell’ovest del Sudan. Le parti, a sorpresa e presumibilmente sotto le spinte sempre piu’ ferme ed esplicite di Onu, Washington ed Unione Africana (Ua), hanno siglato due importanti protocolli d’intesa, nel campo della sicurezza e dell’ intervento umanitario. Un terzo accordo sembra sia imminente: quello relativo al quadro politico. L’intesa e’ stata raggiunta nel pomeriggio ad Abuja, capitale della Nigeria (che ha la presidenza di turno dell’Ua, sotto la cui egida si svolge la mediazione) dopo due settimane di infruttuosi negoziati. Erano questi i secondi; i primi, infatti, erano falliti alla fine di settembre dopo 20 giorni scanditi da veti reciproci e fino a stamane sembrava di essere alla vigilia di una nuova dichiarazione di fallimento. A quanto si e’ appreso, e’ stato il governo di Khartoum ad accettare una condizione centrale per i ribelli, e rispetto alla quale anche diplomazia internazionale e mediatori apparivano concordi, quella cioe’ della ‘no-fly zone’, poiche’ era proprio dall’aviazione militare governativa che pare arrivassero le piu’ pericolose violazioni del cessate il fuoco firmato in aprile, ma rimasto di fatto sempre lettera morta. Un cessate il fuoco le cui violazioni – ha piu’ volte sottolineato l’inviato speciale dell’Onu per il Sudan Jack Pronk – sono compiute da tutte le parti in campo: le milizie arabe formalmente indipendenti, ma di fatto manovalanza ‘nera’ di Khartoum, i famigerati ‘janjaweed’, autori di massacri e brutalita’ impressionanti; le truppe governative(soprattutto con l’aviazione, da cui l’insistente richiesta della no’fly zone) ed i gruppi ribelli Una violenza in Darfur che non accenna a diminuire – anche se l’intesa odierna fornisce fondate speranze – il che ha reso sempre piu’ difficile la distribuzione degli aiuti umanitari indispensabili alla sopravvivenza degli oltre 1,5 milioni di profughi. Lo ha denunciato proprio oggi il Pam, programma alimentare dell’Onu, in un comunicato diffuso a Nairobi in cui si dichiara che l’attuale crescita della tensione ha comportato la distribuzione nell’area, in ottobre, di aiuti per 1,1 milioni di persone, 175.000 in meno rispetto a settembre. Cio’ mentre – lo segnala la Bbc on line – la situazione nei campi profughi si fa sempre piu’ drammatica. In particolare, negli ultimi giorni sono stati segnalati trasferimenti di massa obbligati da un’area all’altra di decine di migliaia di rifugiati. Spesso le resistenze dei civili sono state spezzate – riferiscono testimonianze concordi – facendo ricorso a stupri di massa. Una ennesima violazione di diritti elementari da parte di Khartoum che ha comportato una dura reazione di Washington e dell’Onu. Il segretario di Stato americano Colin Powel ha dichiarato ieri sera a Citta’ del Messico di aver chiamato il suo collega sudanese Ali Osman Mohamed Taha per esprimere tutta la riprovazione della Casa Bianca per quanto il suo governo sta facendo con i profughi; ed analoga posizione e’ stata assunta dal segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan. Due ‘spallate’ probabilmente decisive per un passo indietro di Khartoum e la sigla odierna dei protocolli. Tutta, peraltro, da verificare concretamente: gia’ altre volte il governo sudanese, quando all’orizzonte si profilavano concrete minacce internazionali, aveva accettato principi di intesa poi non onorati. E’ il caso, ad esempio, del disarmo dei janjaweed: impegno piu’ volte preso, ma mai concretizzatosi. Il nodo centrale resta quello dei peacekeeping: l’Ua deve schierarli, l’Occidente finanziarli, ma finora si va poco al di la’ dei proclami. Per ora in Darfur ce ne sono circa 700, e dovrebbero essere 3.300: una 3trada ancora lunga. Da quando, nel febbraio del 2003, e’ esplosa la rivolta della popolazione indigena – nera ed animista – contro il governo di Khartoum – arabo, bianco e musulmano -, nel Darfur ci sono stati circa 100.000 morti, violenze tremende (esecuzioni e stupri di massa, villaggi incendiati, adolescenti ridotti in schiavitu’ e via dicendo: opera soprattutto dei janjaweed), ed oltre 1,5 milioni di profughi. Che, denuncia l’Onu, muoiono come mosche – molte migliaia al mese – per mancanza di aiuti di base. Il presidente di turno dell’Unione Africana (Ua), il presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, ha sottolineato come la firma del protocollo rappresenti un passo importante nei negoziati di pace. Uno dei punti riguarda la sospensione immediata di raid aerei sulla regione da parte delle forze del governo sudanese e degli attacchi da parte delle milizie arabe Janjawid, sospettate di essere il braccio armato del governo di Khartoum. Un altro importante protocollo è quello che riguarda la questione umanitaria e prevede l’accesso agli aiuti umanitari da parte delle agenzie umanitarie ai tanti profughi che da mesi vivono nei campi di accoglienza allestiti nel Darfur e al confine con il vicino Ciad.


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