Mondo

Sudan: dietro la pace, i rancori

La fiducia tra società civili del Nord e del Sud sarà fondamentale per l'affermazione di una pace vera nel Sud Sudan

di Joshua Massarenti

“Instaurare un clima di fiducia tra i sudanesi del Nord e quelli del Sud sarà cruciale per il successo a lungo termine della pace”. Questo il giudizio riportato oggi dal sito “Sudan Tribune” sulla storica pace che verrà siglata domenica prossima a Nairobi tra il regime centrale di Omar El Beshir e il principale gruppo ribelle sudista SPLM/A (Sudan People Liberation Movement/Army) di John Garang, e che porrà fine a 21 anni di guerra civile nel Sud Sudan. Per instaurare questa fiducia, sarà necessario che il governo sudanese compia in primis “il ritiro delle sue truppe dal Sud e che queste vengano rimpiazzate da elementi dello SPLM/A” sostiene il sito sudanese che aggiunge: “Le truppe governative, assieme a milizie tribali utilizzate per combattere lo SPLA, sono accusate di tutta una serie di abusi compiuti nel Sud del Paese negli ultimi 21 anni. Abusi che avrebbero ucciso oltre 1,5 milioni di persone e provocato altri 4 miliioni di sfollati”. A lanciare l’allarme sui rischi di una pace vuota di conseguenze è Osman Marghani, professore dell’Università di Khartum e ricercatore presso l’Arab Center for Strategic Studies con base al Cairo. Secondo Marghani, “la memoria delle azioni commesse da queste milizie contro le popolazioni civili rischia di fare sprofondare la regione in un clima di vendetta”. Marghani ha inoltre espresso il timore di vedere un numero consistente di civili e commercianti sudanesi musulmani del Nord trasferitisi in questi anni nel Sud rimanere vittime di violenze perpetrati da “sudisti” che li accusano di complicità nelle atrocità perpetrate contro i civili del Sud. Le Nazioni Unite, conscie del pericolo che incorrono le minoranze nordiste presenti in Sud Sudan, sperano nello dispiegamentio di 10mila soldati nelle parti centrale e meridionale del Sudan per garantire la pace e la sicurezza di tutti i cittadini. Alle milizie, è stato offerto la possibilità di poter integrare entro un anno le le forze armate governative oppure quelle dello SPLA. Proprio la reintegrazione dei miliziani sembra essere al cuore delle preoccupazioni di John Pronk, l’inviato speciale dell’Onu in Sudan, che suggerisce il disarmo di queste milizie e la reintegrazione dei miliziani nella società civile. “I civili”, ha ribadito il primo vice presidente Ali Osman Taha, “sono confrontati ad una nuova battaglia, ovvero la ricostruzione delle loro vite e del Paese. Di sicuro, la strada non sarà cosparsa di rose”.


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