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sudafrica in campo
La Fifa è pronta: con tanto di ufficio per la responsabilità sociale appena aperto, si appresta a varare un nuovo modello di campionato - di Emanuela Citterio e Joshua Massarenti -
di Redazione
Il rigore firmato da Fabio Grosso non ha chiuso solo un mondiale. Ne ha aperto un altro. Che sarà diverso dai precedenti, tanto da far dire alla Fifa che, con Germania 2006, finisce un?epoca del calcio, e che il suo evento più importante e internazionale non sarà più lo stesso. Innanzitutto, il prossimo Mondiale si giocherà per la prima volta in Africa. Il logo raffigura un calciatore nell?atto di compiere una rovesciata, sullo sfondo di un continente dipinto per più della metà con i colori di un?unica bandiera, quella del Sudafrica, che ospiterà la sfida.
Ma c?è un?altra prima volta: all?evento sportivo sarà abbinato un progetto di quattro anni intitolato Vincere in Africa, con l?Africa, che mira a far ricadere i benefici del Mondiale non solo sul Sudafrica ma anche sugli altri paesi del continente, con una serie di iniziative di cooperazione e un budget ad hoc. Lo avevano annunciato già a Berlino, il venerdì che ha preceduto la finale, il presidente del Sudafrica, Thabo Mbeki e quello della Fifa, Joseph Blatter. E non è un caso se all?evento, con lo slogan «L?Africa chiama», sia intervenuto anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan.
Cabina di regia
L?anno scorso la Fifa ha costituito un ufficio per la responsabilità sociale d?impresa. A dirigerlo è Federico Addiechi, 39 anni, di nazionalità argentina. Che accetta di anticipare a Vita i dettagli dell?iniziativa: «In occasione dei prossimi Mondiali, un budget straordinario di 100 milioni di dollari sarà destinato alla cooperazione nei paesi africani, e in particolare a tutte quelle attività sociali che usano il calcio come mezzo per lo sviluppo. Uno sforzo che si aggiunge al budget ordinario per lo sviluppo del calcio, che consiste nell?appoggio alle federazioni nazionali e negli investimenti per l?infrastruttura sportiva, cioè le attività normali di cui si occupa la Fifa».
La destinazione di questi fondi extra avverrà a partire dal 2007 nell?ambito di un quadro programmatico messo a punto dalla Fifa e dal governo del Sudafrica. E del comitato che gestirà i fondi faranno parte anche i rappresentanti delle organizzazioni non governative selezionate. «Contiamo di chiudere entro poche settimane la fase di selezione dei progetti», spiega Addiechi. «Abbiamo privilegiato la collaborazione con organizzazioni già attive nel continente africano, che stanno utilizzando il calcio come elemento fondamentale di riscatto sociale, nella lotta all?Aids e nell?educazione dei giovani. Per la prima volta stiamo cercando di uscire dal nostro network di associazioni di calcio e di ampliarlo con realtà non profit che hanno altri scopi importanti nel continente che ospiterà i Mondiali».
Scelta obbligata visto che i Mondiali 2010 si terranno nel continente più povero del mondo? Addiechi dà una spiegazione diversa: «È vero che il Mondiale in Africa ha dato una spinta a questa idea, ma la scelta di dedicare risorse alla responsabilità sociale era già nell?aria, e continuerà anche dopo il 2010. Tanto è vero che, oltre al budget speciale per i Mondiali, la Fifa, a partire dal 2007 destinerà ogni anno lo 0,7% del suo fatturato alla responsabilità sociale, e quindi a progetti di cooperazione. Il Mondiale successivo sarà in Sudamerica, un altro continente dove c?è molto da fare per lo sviluppo e dove il calcio ha un grosso impatto sociale».
Qui Cape Town
Ma che aspettative ci sono nel paese che ospiterà i Mondiali, a migliaia di chilometri di distanza da Zurigo dove ha sede il quartier generale della Fifa? «Questo progetto quadriennale è stato lanciato innanzitutto dal governo sudafricano, che si è impegnato a fare dell?evento dei Mondiali un?occasione di sviluppo per tutto il continente. Mbeki ha insistito molto su questo punto», racconta al telefono da Cape Town Ciro Migliore, direttore de La Gazzetta del Sudafrica. «Il Sudafrica mira ovviamente a estendere la sua leadership in Africa», continua Migliore. «È coinvolto in molti dei processi di pace, esercita in molte aree una specie di nuovo colonialismo economico. E nel proporre la candidatura per i Mondiali del 2010, per avere il supporto degli altri Stati del continente, ha preso l?impegno di farne un evento africano che abbia ricadute positive in tutta l?Africa. Si stanno costruendo gli alberghi e il capitale è sudafricano, nascono nuovi centri commerciali che fanno parte di catene sudafricane. Non è tutto altruistico questo protagonismo sudafricano, ma sta comunque portando le prime novità positive da due secoli a questa parte».
Si scaldano gli sponsor
Per accogliere il Mondiale sono previsti dieci stadi, cinque dei quali ancora da costruire. Ma aziende e sponsor si sono già mossi da tempo. La Fiat Sudafrica, per esempio, ha costruito un impianto sportivo a Soweto, il ?Fiat sporting center?, dove il mese scorso si sono già svolti i primi Giochi per la gioventù. E la De Beers ha offerto una sponsorizzazione per costruire gli uffici per i club nello stesso impianto. «Molte aziende stanno dando un contributo allo sforzo per la Coppa del mondo investendo in impianti sportivi», dice Migliore.
E anche la macchina delle sponsorizzazioni vere e proprie si è messa in moto. La First National Bank di Johannesburg ha già investito 30 milioni di dollari, aggiudicandosi il ruolo di banca ufficiale dell?evento Fifa. McDonald?s si è invece aggiudicata i diritti globali sia per la Coppa del 2010 sia per l?edizione del 2014 in Sudamerica (per la quale ancora deve essere indicato il paese ospitante), e anche per le edizioni della Fifa Confederations Cup nel periodo compreso tra il 2009 e il 2013. McDonald?s e Adidas, del resto, sono già gli sponsor di tutti gli eventi calcistici più importanti in Africa.
Speranze e paure
«Oltre agli investimenti dei privati, si vedono diversi interventi sulla viabilità e sulle infrastrutture», continua Migliore. Le infrastrutture, appunto. Uno dei temi su cui si è già accesa la polemica, per un Mondiale che non è fatto solo di speranze, ma anche di paure. Paura di non riuscire a colmare il gap infrastrutturale (stadi, strade, alberghi) per un evento monstre su cui il presidente Mbeki ha deciso di investire 40 miliardi di euro. Ma le paure sono anche di altro tipo: «Molti si chiedono se saremo all?altezza delle sfide», dice Dorothy Khosa, responsabile del programma antiviolenza presso il Center for study of violence and riconciliation. «Non mi riferisco tanto all?adeguatezza o meno dei nostri stadi alle norme internazionali, ma alle piaghe sociali spaventose che affliggono la società sudafricana». Se entro i prossimi quattro anni il governo non vi porrà rimedio, povertà e criminalità rischiano di costituire la coppia d?attacco più esplosiva dei prossimi Mondiali. «Entrambi i fenomeni sono estremamente diffusi nelle città che ospiteranno le partite. Basti pensare a Johannesburg, la città crimine per eccellenza del territorio sudafricano, dove negli ultimi sei mesi sono stati uccisi 19 poliziotti». Così non stupisce che le autorità abbiano già stilato un decalogo del ?turismo calcistico sicuro? in cui invitano i tifosi «a non avventurarsi troppo attorno agli stadi sia prima che dopo le partite e di frequentare posti pubblici al riparo da possibili furti e aggressioni». Sette sudafricani su dieci si dicono terrorizzati del livello di violenza raggiunto nel paese, un paese dove il 33% della popolazione vive attualmente sotto la soglia della povertà e dove oltre il 60% dei giovani con età inferiore ai 25 anni è disoccupato. «E sono i neri ad essere i più colpiti».
Gli ultimi degli ultimi
E poi c?è l?immigrazione. «Una delle sfide del Sudafrica contemporaneo», dichiara Jacob Van Garderen, responsabile del Refugee and migrant rights project presso Lawyers for human Rights. Si parla di 5 milioni di persone, in stragrande maggioranza originari dai paesi limitrofi (Zimbabwe, Malawi, Lesotho). «Ma ci sono anche molti rifugiati provenienti da paesi in guerra. Per molti di loro, la vita in Sudafrica è un inferno. Ciò che li accomuna è la povertà e per una minoranza la criminalità, ma ormai i sudafricani si sono convinti che tutti i mali del paese sono causati dagli immigrati. Penso all?Aids, alle violenze sessuali», due tra le piaghe sociali più devastanti del paese: l?Hiv colpisce oltre 5 milioni di sudafricani, cioè il 12% della popolazione. Un?epidemia favorita dalle violenze sessuali: in Sudafrica, si calcola che viene stuprata una donna ogni 26 secondi. Insomma, il gol che spetta al Sudafrica è uno dei più impegnativi della sua storia.
Emanuela Citterio e Joshua Massarenti
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