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Sud Sudan: la guerra civile continua…

di Giulio Albanese

In Sud Sudan peggio di così non poteva andare! Le notizie che vengono da questo Paese africano sono davvero allarmanti. Nei giorni scorsi, ad esempio, i ribelli dell’ex presidente sudsudanese Riek Machar, mentre saccheggiavano impunemente la città di Bentiu, si sono macchiati di gravissimi crimini. Secondo fonti delle Nazioni Unite, gli insorti hanno massacrato diverse centinaia di civili durante la conquista del capoluogo dello stato di Unity, dove si trovano i più ingenti giacimenti petroliferi del Paese. Come se non bastasse, gli uomini di Machar hanno anche incitato alla violenza, attraverso una radio locale, contro donne e bambini appartenenti a gruppi etnici non graditi alla ribellione. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha condannato gli attacchi, sottolineando che possono costituire veri e propri “crimini di guerra”. Sebbene lo staff di Machar abbia ieri negato di aver commesso le atrocità a Bentiu, è probabile che la procura del Tribunale Penale Internazionale dell’Aja avvierà delle indagini accurate che potrebbero portare all’incriminazione di Machar e dei suoi stretti collaboratori. Ritenuto un individuo spregiudicato, lo scorso anno Machar, di etnia nuer, non appena rimosso dall’incarico governativo, ha dato il là a una campagna contro il presidente sudsudanese Salva Kiir, accusandolo di comportarsi come un despota. Gli osservatori non ritengono peregrina l’ipotesi che l’incitamento all’odio possa scatenare nuovi scontri tra i diversi gruppi etnici che compongono il neo Stato africano fino a minarne definitivamente la credibilità. Nel frattempo, il governo di Khartoum (Nord Sudan), che si era sempre dichiarato contrario alla secessione dei territori meridionali, considera la guerra civile in Sud Sudan una rivincita della propria linea politica. Dal punto di vista umanitario, gravissimo è l’impatto del conflitto sui civili: più di 3 milioni rischiano la fame e 7 milioni potrebbero avere gravi problemi nel corso dell’anno. Non v’è dubbio che il Sud Sudan sia nato senza che vi fosse una leadership in grado di affermare lo stato di diritto e la cosiddetta società civile è stata emarginata. Proprio questa, se fosse sostenuta, potrebbe rappresentare il vivaio di una nuova classe dirigente. Ma per il momento è silenziata. Sia Salva Kiir che Machar, inutile nasconderselo, hanno le loro responsabilità a riguardo. Quest’ultimo, in particolare, durante la guerra civile contro il governo di Khartoum, durata oltre 20 anni, cambiò più volte schieramento e fu accusato da più parti di corruzione. Il dato comunque più inquietante è l’internazionalizzazione del conflitto. Il governo di Juba ha stretto un’alleanza con Kampala e alcune componenti dei movimenti armati darfuriani, mentre gli uomini di Machar, oltre che massacrare la povera gente, stanno terrorizzando i tecnici delle compagnie petrolifere che operano nei pressi di Bentiu – soprattutto cinesi, indonesiani e russi – minacciandoli di morte se decideranno di rimanere al loro posto. Alcuni hanno già fatto le valigie, altri sono ancora lì. Nessuno dispone di una sfera di cristallo per leggere il futuro del Sud Sudan, il timore è che l’orrore non sia ancora finito.

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