Africa
Sud Sudan: 13 anni di indipendenza ma è allarme crisi umanitaria
Dopo l'indipendenza il Sud Sudan è stato inghiottito da un nuovo conflitto scoppiato nel 2013 tra i leader del Paese. Nonostante un accordo di pace firmato nel 2018, il percorso verso la stabilità è stato costellato di ritardi e rinnovate violenze. A luglio 2023, il numero di sfollati interni aveva raggiunto i 2,3 milioni, una crisi esacerbata dalle inondazioni che hanno devastato vaste aree dello Stato
di Redazione
«Se entri nella mia capanna, vedrai che non c’è niente da mangiare», dice Adhieu Manyual Ater, visibilmente preoccupata. Questa frase riassume la realtà dolorosa e persistente del Sud Sudan, che celebra il quattordicesimo anniversario di indipendenza in un contesto di crisi umanitaria devastante.
Il 9 luglio 2011, il Sud Sudan ha raggiunto l’indipendenza, diventando la nazione più giovane del mondo. Tuttavia, oltre un decennio dopo, il Paese si trova ancora intrappolato in una spirale di conflitti interni, disastri climatici e una drammatica emergenza umanitaria. E mentre il Paese si prepara per le sue prime elezioni previste per dicembre, le sfide restano immense.
Dopo l’indipendenza, il Sud Sudan è stato inghiottito da un nuovo conflitto scoppiato nel 2013 tra i leader del Paese. Nonostante un accordo di pace firmato nel 2018, il percorso verso la stabilità è stato costellato di ritardi e rinnovate violenze. A luglio 2023, il numero di sfollati interni aveva raggiunto i 2,3 milioni, una crisi esacerbata dalle inondazioni che hanno devastato vaste aree del Paese. «L’acqua ha portato via tutto», dice Aluel Ajuang Anei. «Abbiamo rinunciato all’agricoltura perché sappiamo che le inondazioni torneranno e distruggeranno tutto. Le strade diventano impraticabili e i villaggi rimangono isolati».
Questa instabilità ha aggravato una già critica situazione umanitaria. Si stima che 7,1 milioni di persone affrontano una grave insicurezza alimentare, con il 60% della popolazione che non ha accesso all’acqua potabile sicura. I servizi sanitari sono scarsi e dipendono principalmente dalle ong e dai finanziamenti internazionali, che stanno diminuendo a causa delle emergenze globali più recenti. «Il governo non ha risorse», dice Johnson Machar Marol, funzionario del Dipartimento della Sanità della contea di Tonj South. «Quando arrivano i medicinali, finiscono in meno di una settimana», poi sottolinea come in alcuni distretti «non ci sono strade né rete telefonica per chiedere aiuto». Proprio alla luce di queste limitazioni, Marol spiega quanto sia vitale la presenza delle cliniche mobili di Amref per queste comunità isolate. «Come può una persona anziana o molto malata camminare per diverse ore per raggiungere una struttura sanitaria?».
Secondo l’agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale – USAID, uno su dieci bambini muore prima di compiere cinque anni. «Ci sono molti bambini malnutriti che dipendono dal programma nutrizionale in questo momento», spiega Angelo Tek Chol, direttore medico della contea di Tonj East. «Da febbraio 2024, oltre 38.500 pazienti sono stati visitati e trattati per malattie come malaria, diarrea e polmonite e oltre mille bambini sono stati ammessi al programma di supporto nutrizionale e terapeutico».
Nonostante le immense difficoltà, ci sono segni di speranza. Le comunità locali, con il supporto di ong come Amref, stanno cercando di costruire un futuro più stabile. La determinazione delle comunità di mantenere operative le cliniche mobili è una testimonianza della loro resilienza. «Abbiamo preparato 100.000 mattoni per costruire una clinica permanente», dice Dhor Gur, capo supremo di Mapara. «Quando non c’era la clinica, abbiamo perso 20 bambini in tre anni a causa della malnutrizione, non possiamo più permetterlo». Il popolo sud sudanese è determinato a superare le avversità e a costruire un futuro più stabile e prospero. Con il supporto della comunità internazionale e delle ong, c’è ancora speranza per un futuro migliore per questa giovane nazione.
Le foto e i testi sono stati raccolti da Florence Miettaux
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