Welfare

Sud, salvo solo i giovani

Intervista a Giancarlo Bregantini, combattivo vescovo di Locri

di Redazione

Un anno dopo, il volto della Calabria non è più lo stesso. Nell?ottobre 2005, era il giorno 16, il corpo di Francesco Fortugno cadeva sotto i colpi delle cosche. E un?intera regione finiva ko. Nell?ottobre del 2006 la sete di riscatto non si è placata nella gola di Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri, e dei tanti giovani che lo stanno seguendo nel tentativo di trascinare questa regione fuori dalle sabbie mobili. Vita: Da pochi giorni è nata la Fondazione Sud. In portafoglio oltre 300 milioni di euro. Una svolta? Giancarlo Bregantini: Sì, purché i fondi non vadano a tappare i buchi della mala amministrazione. Non devono servire a riempire una buca o a fare un ponte. Vita: Quali invece gli obiettivi ? Bregantini: La formazione prima di tutto. Guardiamo all?agricoltura, per esempio. C?è una fortissima domanda di addetti specializzati in specifiche colture. L?olio, i formaggi locali, il vino. Altri settori con grandissime potenzialità sono il turismo mirato, non quello dei grandi alberghi sulle coste ovviamente, i trasporti e l?assistenza alla disabilità. È necessario però che i giovani abbiamo la possibilità di specializzarsi sul territorio. Per questo serve la sponda della scuola e dell?università: master da svolgere in Calabria, oppure impegnare l?ultimo anno delle superiori come trampolino verso il mondo del lavoro. Vita: Guardiamo indietro. Qual è il bilancio di quest?anno così particolare? Bregantini: Molte luci e qualche ombra. Di positivo c?è stata prima di tutto la sorprendente reazione dei giovani. Un moto razionale e non emotivo, frutto di un lavorìo che viene da lontano, opera degli insegnati, dei sacerdoti, delle realtà parrocchiali e delle cooperative. Oggi alcuni di loro sono entrati in politica. Riuscendo a contaminarla. La Locride in questo tempo ha guadagnato una fierezza inaspettata. Da Trento a Milano, da Prato alla Sicilia per tutta l?estate abbiamo accolto gruppi di studenti che invece di andare sulle Dolomiti venivano qui in Aspromonte a conoscere noi e i ragazzi di Locri. Vita: Veniamo alle ombre? Bregantini: Sono mancati gli adulti. Dovevano fare molto di più. Essere più propositivi, più incoraggianti. Implicitamente, invece, hanno pensato che prima o poi tutto il movimento si sarebbe spento. Non è stato così, anche se intorno a febbraio abbiamo vissuto un momento molto critico. L?orizzonte delle elezioni ha mandato in fumo le proposte che fino ad allora i sindaci e gli amministratori locali avevano fatto proprie. Ci aspettavamo una legge per la Locride, che non è mai arrivata. Le strade e le ferrovie non sono migliorate. L?ingresso nel mondo del lavoro non è stato facilitato in alcun modo. Nessun passo avanti persino sul fronte della raccolta differenziata. Il vuoto lasciato dalla politica sta pesando sulle spalle di chi ha scelto di farsi carico di certe responsabilità. Come il consorzio di cooperative Goel, la cui rete è cresciuta a tal punto che oggi hanno bisogno di una mano concreta. Per questo faccio mio il loro appello perché sempre più giovani scendano in Calabria a dare il loro contributo. Vita: La preoccupa il ritiro definitivo dei militari dalla Locride? Bregantini: Contro la mafia la polizia può poco. Abbiamo urgenza di segni concreti e soprattutto di bellezza. Se abituiamo i ragazzi a riconoscere la bellezza, a scuola, nelle chiese, in strada, nella natura, avremo inferto un colpo mortale alle cosche. La bellezza è santità. La mafia è sporcizia. Vita: A proposito di simboli, si torna a parlare del Ponte sullo Stretto. Favorevole o contrario? Bregantini: Il Ponte si può fare. L?importante però è che si faccia almeno il ponte sul torrente Picarì, che è lungo metri, non chilometri e dall?alluvione di sei anni fa funziona a mezzo servizio. Se non siamo capaci di aggiustare un ponticello, ditemi voi come possiamo prenderci impegni così grandi come il Ponte sullo Stretto. Info sulle attività delle coop sociali calabresi: target=”_blank”>http://www.consorziosociale.coop


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