Politica

Su Hamas facciamo Unione

Lapo Pistelli: «Su Hamas si deve distinguere tra le distrazioni giornalistiche, le interviste e gli atti concreti della diplomazia..

di Paolo Manzo

«Se in tempi di campagna elettorale c?è qualcuno che ha convocato manifestazioni, ha polemizzato a distanza con dichiarazioni giornalistiche in quanto doveva marcare o coprire una nicchia di elettorato, questa è una cosa che io capisco e rispetto. Ma governare è un?altra cosa…». In diretta telefonica da Tel Aviv, ultima tappa di una settimana fitta di consultazioni bipartisan (sia palestinesi che israeliane), Lapo Pistelli, europarlamentare responsabile esteri della Margherita, è tranchant sulle possibilità di adoperare ?pro domo sua? il caso Hamas per fini elettorali. E, soprattutto, è già in azione. «Su Hamas si deve distinguere tra le distrazioni giornalistiche, le interviste e gli atti concreti della diplomazia. Ebbene, questi ultimi saranno tenuti in mano saldamente dalla componente riformista della coalizione, cioè dall?Ulivo», spiega deciso. La missione, tiene a precisare, è «privata», anche se è facile intuire che il suo viaggio non è affatto casuale. Tra il 1996 e il 1998, nei due anni e mezzo del precedente governo Prodi, era stato proprio lui ad aprire le porte per il dialogo – con missioni ?private?, allora come oggi – con due paesi chiave: l?Algeria che, con un Bouteflika non ancora saldo al potere, stava uscendo dalla guerra civile e l?Iran, dove «Prodi fu l?unico presidente del Consiglio a esser ricevuto ufficialmente non dal primo ministro, ossia l?Ahmadinejad di turno, ma dal leader religioso Khamenei». L?obiettivo della missione-Pistelli è tessere contatti, nuovi e vecchi, a 360 gradi, per «favorire il dialogo, che è cosa differente dalla negoziazione», spiega lui. «Dialogo sì, con tutti e in ogni forma, e la ragnatela di rapporti che stiamo prendendo va proprio in questa direzione. E infatti padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terrasanta, ha parlato, in un?intervista al Corriere della Sera, di dialogo. Il negoziato, invece, vuol dire riconoscere i due interlocutori «rebus sic stantibus»: cosa impossibile essendo Hamas ufficialmente ancora nella lista delle organizzazioni terroriste dell?Ue». Su questo la posizione di Ds e Margherita è identica. Come conferma Luciano Vecchi, responsabile esteri dei Democratici di sinistra, per il quale «prima di riprendere qualsiasi negoziato è necessario che Hamas riconosca la legittimità dell?esistenza di Israele – non una questione di lana caprina -, deve rinunciare alla violenza e deve riconoscere gli impegni assunti sul piano internazionale. Perché, non dimentichiamolo, l?Anp esiste sulla base del processo di Oslo». Che oggi l?Ulivo parli una sola lingua su un tema «che sarà una delle primissime priorità del nuovo governo» (dice Vecchi) «non è affatto una cosa scontata, dato che anni fa non era così» (sponda Pistelli). Del resto la storia insegna: se nel 1998 fu proprio la politica estera a far scivolare il Professore sul Kosovo, questa volta a poche ore dal voto – il 12 aprile – Prodi aveva già scelto Al Jazeera – ossia il mezzo di comunicazione che parla all?intero mondo arabo – per chiarire: «La vostra realtà c?interessa, siamo vostri interlocutori, il Mediterraneo dev?essere un mare di pace e l?assetto di pace coincide colla risoluzione di una delle principali, se non la prima, faglia di crisi del mondo». Parlando subito della questione israelo-palestinese e di Hamas (al di là di un paio di errori di traduzione che in Italia hanno scatenato la propaganda destrorsa), il Professore ha fatto sapere che sarà lui personalmente (e l?Ulivo) a gestirla, intervenendo con un tempismo affatto casuale che, probabilmente, avrà fatto fischiare le orecchie a più di un iscritto a Rifondazione. Ed è chiaro dalle parole di Fabio Amato, responsabile per i rapporti internazionali di Rifondazione, che differenze all?interno del centrosinistra ce ne sono eccome: «Siamo lontani da Hamas il cui governo, tuttavia, è stato eletto dal popolo palestinese. Per questo si tratta di un interlocutore con cui bisogna negoziare. Sono un errore le posizioni d?isolamento ispirate dagli Usa, che hanno portato a un risultato disastroso. Inoltre, il riconoscimento delle parti deve essere bilaterale e, quindi, anche di Israele nei confronti del popolo palestinese occupato. A nostro avviso l?Ue dovrebbe comportarsi differentemente, perché aiutare la Palestina è un dovere, come giustamente ha fatto sinora. Infine una domanda gliela faccio io: come mai Bruxelles non chiede a Tel Aviv di rispettare la sentenza di condanna del Muro?». All?Ulivo l?ardua risposta.


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