Famiglia

Studio Cnr: allarme demenza in Italia

Ogni anno si registrano 150.000 nuovi casi tra gli 'over 65', con un'incidenza media dell'1,25 per cento

di Paolo Manzo

E’ allarme demenza in Italia. Ogni anno si registrano 150.000 nuovi casi tra gli ‘over 65′, con un’incidenza media dell’1,25%. Una cifra impressionante, ricavata da uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche su un campione di 5600 anziani residenti in 8 centri della Penisola, seguiti per circa 10 anni. Dalla ricerca, pubblicata dal Journal of The American Geriatrics Society, emerge un allarme per il futuro. ”In mancanza di interventi – dicono gli esperti del Cnr – si potrebbe arrivare a 213.000 casi l’anno gia’ nel 2020”. Secondo lo studio Ilsa (Studio Italiano Longitudinale sull’Invecchiamento) i nuovi casi di Alzheimer sono 80.000 l’anno (con una incidenza media dello 0,66% nella popolazione anziana), quelli di demenza vascolare 40.000 (con una incidenza dello 0,33%). ”Abbiamo riscontrato – spiegano Antonio Di Carlo e Marzia Baldereschi, i ricercatori del Cnr che hanno effettuato questo studio assieme a Domenico Inzitari dell’Universita’ di Firenze – una maggiore incidenza di Alzheimer tra le donne (0,9% contro lo 0,4% degli uomini). Mentre nel caso della demenza vascolare si verifica esattamente il contrario: gli uomini sono piu’ colpiti (0,4% contro lo 0,2%)” Un quadro preoccupante, che incide pesantemente sul sistema sanitario nazionale, ma soprattutto sulle famiglie. E che rischia di peggiorare. ”Se consideriamo l’attuale andamento demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione – sottolineano i ricercatori – possiamo prevedere che nel 2020 i nuovi casi di demenza saliranno a 213.000 l’anno, di cui 113.000 attribuibili all’Alzheimer e 57.000 alla demenza vascolare”. La soluzione viene soprattutto dalla ricerca medica, ”i cui effetti positivi su demenza vascolare e Alzheimer potrebbero contribuire a ridurre il tasso di incidenza dell’1% l’anno”. Ma occorre investire anche in formazione: ”un piu’ alto livello d’istruzione – ricordano – ha un effetto protettivo nei confronti del rischio di sviluppare la malattia”. Lo studio e’ stato condotto nell’ambito del Progetto Finalizzato Invecchiamento del Cnr, diretto da Luigi Amaducci e, poi, da Domenico Inzitari. Che attualmente prosegue con il Progetto Strategico Biologia dell’Invecchiamento diretto da Pierugo Carbonin, con la collaborazione dell’Istituto Superiore Sanita’.


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