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Studi per ridurre aggressività cancro seno

Uno studio svolto dall'Int Regina Elena, Università la Sapienza e San Raffaele, anche con fondi Airc pubblicato da Plos-One

di Redazione

Il tumore alla mammella è una patologia che presenta diverse varianti a livello molecolare che guidano l’oncologo nella scelta terapeutica. Individuare i geni e le proteine coinvolte nello sviluppo  dei vari tipi di carcinoma mammario e i loro meccanismi di comunicazione aiuta ad attuare terapie sempre più mirate ed efficaci. Il team di ricercatori coordinati da Paola Nisticò, del Laboratorio di Immunologia dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e con l’Istituto San Raffaele di Milano, hanno dimostrato che i tumori al seno contemporaneamente positivi per l’espressione dell’oncogene Her2 e della proteina hMena, sono particolarmente aggressivi. Esperimenti condotti in vitro su cellule di carcinoma della mammella mostrano inoltre come inibendo hMena si abbia un rallentamento della proliferazione tumorale indotta da Her2.  Lo studio, in parte finanziato dall’Airc, è stato recentemente pubblicato dalla rivista PLos-One. I dati ottenuti non solo evidenziano il ruolo fondamentale di hMena nello sviluppo  delle neoplasie mammarie, ma suggeriscono anche che interrompendo i segnali di comunicazione molecolari che intercorrono tra hMena e Her2 si possa arrestare la progressione tumorale. Il gene hMena, identificato per la prima volta all’Istituto Regina Elena dalla stessa Nisticò e da Francesca Di Modugno, è assente nell’epitelio delle mammelle sane e compare invece nelle lesioni benigne che evolvono in tumori. Esso si candida quindi ad essere un marker di diagnosi precoce per il cancro al seno e un importante target terapeutico.

La ricerca pubblicata su Plos-One  mostra che il 70% dei tumori che esprimono Her-2 è positivo anche alla presenza di hMena. Inoltre getta una luce sui meccanismi che regolano l’interazione tra questi due geni che vengono co-espressi proprio da quelle neoplasie del seno con l’andamento clinico peggiore. Lo studio è stato condotto su biopsie di tumori mammari presso l’IRE e ha dimostrato la co-presenza di hMena e Her2 nelle neoplasie più gravi, suggerendo così un ruolo per hMena nella progressione di questi particolari tumori. Per suffragare i dati sono stati quindi effettuati studi in vitro utilizzando colture cellulari di carcinomi mammari hMena e Her2 positivi. Con questi esperimenti i ricercatori hanno dimostrato che silenziando hMena è possibile inibire la proliferazione tumorale promossa da Her2 e da fattori di crescita rilasciati dal microambiente tumorale.

«hMena si rivela un utile marker sia diagnostico che prognostico», suggerisce Paola Nisitcò, «inoltre si potrebbero individuare farmaci inibitori di hMena per interrompere i segnali che ne permettono la cooperazione col gene Her2, migliorando così il decorso clinico dei tumori al seno più aggressivi. Inoltre Il ruolo di queste stutture di filamenti proteici e le loro modificazioni nei tumori rappresentano una nuova area di ricerca che studia i meccanismi biochimici e biomeccanici che aiutano il tumore nella sua crescita. Da qui la necessaria interazione tra biologi, bioingegneri e fisici».

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