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Studenti, tra rabbia e ironia
Domani voto sulla riforma Gelmini e grande corteo a Roma
La riforma Gelmini arriva al voto definitivo in Senato, e cresce l’attesa per ciò che potrebbe accadere domani, giorno della nuova protesta studentesca. Al tema dei giovani, delle loro ragioni, e delle preoccupazioni per l’ordine pubblico, i giornali di oggi dedicano ampio spazio.
“Proposta per il dialogo con gli studenti” è il titolo insolito scelto dal CORRIERE DELLA SERA in apertura della prima pagina per introdurre il tema del giorno. Un lungo intervento a quattro mani di Dario Di Vico e Maurizio Ferrera: “La scuola e l’università restano nell’immaginario dei nostri ragazzi il passaporto verso il futuro e la loro menomazione, anche solo in termini di risorse, è stata percepita come una rottamazione di chance. Come se si fosse deciso di abbandonare un’intera generazione al proprio ingrato destino”. Quattro pagine dedicate ai giovani e alla riforma universitaria, dalla 8 alla 11. C’è sproporzione, anche emotiva, tra gli articoli dedicati al dibattito politico e l’ansia del movimento studentesco. Alle pagine 8 e 9 il CORRIERE riprende i temi della polemica fra Gasparri e tutti gli altri. Mentre si accelera sulla riforma, di spalla intervista al capogruppo Pdl: “Fomentare? Credo nella legge. I centri sociali formano violenti”, spiega Gasparri a Fabrizio Ronconi. A far da contraltare Paolo Conti sceglie di parlare con Lucia Annunziata, a pie’ di pagina: “Il ’77 non c’entra niente. Hanno web e pale, non pistole”. Molto più interessanti le pagine seguenti: “Quello del casco sono io, pronto ad andare in galera” è il titolo di pagina 10 del pezzo di Lorenzo Salvia dedicato alla confessione del precario 21enne: “Avevo perso la testa, con i cortei ho chiuso”. Alessandra Arachi, a pagina 11, anticipa il pensiero del movimento studentesco in vista della manifestazione di domani: “Proteste, fantasia, sorprese. Dall’assemblea una voce «La zona rossa va violata»”. Ma la cosa più bella del CORRIERE di oggi è la lettera di Marta, una giovane laureata di 26 anni (master a Oxford e diploma all’Accademia d’arte drammatica di Londra) che vive in Inghilterra, pubblicata integralmente: “Tolgono futuro e presente a un’intera generazione”. Leggiamone alcuni passi: “Sono tutto tranne che un’amante della «lotta armata», che ho sempre condannato (…) Eppure per la prima volta confesso, senza alcun orgoglio, di poter, se non giustificare, almeno comprendere l’esplosione di violenza e vandalismo che ha deturpato il centro di Roma. Mi ha ferito vedere studenti e poliziotti darsi colpi da orbi. Vedere in fondo ragazzi aggredire altri ragazzi. Ma allo stesso tempo nel fuoco che ha inutilmente bruciato alcune camionette della polizia, ho riconosciuto il fuoco rabbioso e dirompente che infiamma il cuore di ogni giovane quando vede quotidianamente ignorata, sedata, umiliata, uccisa quella forza vitale che attraversa ogni fibra del nostro essere”, e così conclude: “Forse è solo l’indicibile disgusto per quanto è accaduto e quanto sta accadendo a darci ancora la forza di tenere accesi sogni e speranze. Ma se non ci sarà data la possibilità di esistere, di vivere e di creare, ce ne andremo via. Lasciandovi a sguazzare in un paese di vecchi”.
LA REPUBBLICA apre con le parole del capo dello Stato (“Napolitano: no alle elezioni”) e riserva la fotonotizia centrale alla mobilitazione studentesca: “Gasparri ai genitori: tenete i figli a casa, nei cortei potenziali assassini”. Una polemica che prosegue nonostante l’appello del presidente Napolitano: «la protesta pacifica nelle strade delle capitali europee, benché spesso sviata da inammissibili violenze, è una spia di malessere che le democrazie non possono ignorare». Ma a dominare l’attesa del voto alla riforma universitaria è, più che le scaramucce innescate dal prudente Gasparri, il racconto di Manuel De Santis: “Quello col casco sono io ho picchiato Cristiano per difendere gli agenti”. Intervistato da Daniele Mastrogiacomo, il 21enne spiega (si fa per dire): «non so perché l’ho fatto. Volevo solo evitare gli scontri. Volevo che il corteo proseguisse il suo percorso. C’era tensione, confusione, ho protetto quel blindato, ho cercato di allontanare la gente. Poi mi sono gettato sul primo che ho trovato tra quelli che lanciavano sassi e bottiglie». «Non c’erano infiltrati, fascisti, provocatori. C’era solo una grande confusione. Non so neanche io cosa sia accaduto. So solo che ho fatto qualcosa che non mi perdonerò mai nella vita». Dal canto suo Maroni sta studiando la situazione: come riferisce Carlo Bonini nei suo retroscena pare sia intenzionato a ordinare alla polizia di seguire i movimenti degli studenti, e non aspettarli nella zona rossa come è avvenuto nei giorni scorsi. Pare però che saranno proprio i ragazzi a snobbare la zona rossa, mentre non è improbabile che nei cortei ci siano anche esponenti dei partiti di opposizione. Una delegazione di studenti potrebbe chiedere di incontrare Napolitano.
IL GIORNALE dedica alle manifestazioni di Roma la spalla in prima pagina con le dichiarazioni di Gasparri (“Gasparri: «Nei cortei potenziali assassini. Tenete a casa i figli»”. E due editoriali uno sul passato di Mario Cervi (“Attenti nelle piazze germogliò il terrorismo”) e uno sul presente di Stefano Zecchi (“Due consigli ai padri che hanno paura”). Scrive Cervi: «Ritengo che ai disordini del 14 dicembre, e ai possibili disordini di domani, debba essere prestata grande attenzione. Si cominciò così anche negli anni Settanta: con le piazzate degli universitari, con le prime soperchierie manesche – o di chiave inglese – con l’accusa al governo d’essere reazionario e repressivo. La protesta tumultuosa per la riforma Gelmini – che ha avuto approvazioni, da chi se ne intende, in ogni segmento politico – somiglia tanto (…) a quelle inscenate una quarantina d’anni or sono. (…) Non si tratta di limitare la libertà di pensiero e di opinione, ma di controllare, e se del caso rendere inoffensivi, gli invasati attivisti della provocazione e dell’aggressione. In un’Italia dove il povero Giuliani viene spacciato per apostolo di libertà immolato alla stessa, bisogna dire chiaro e forte che quello di vestire la violenza di nobili ideali è un vecchio e logoro trucco. Addio anni Settanta, il passato è passato, non vogliamo che ritorni». Zecchi: «Se isolato, un genitore può fare poco o niente per dissuadere il proprio figlio a partecipare alla manifestazione, se invece riuscisse a mettersi insieme ad altri genitori, con il suo stesso punto di vista, che hanno i figli nella stessa classe del suo, qualcosa potrebbe ottenere. Non dovrebbe essere difficile mettere in circolazione analoghe riflessioni dissuasive in grado di coinvolgere un gruppetto di giovani, che non si sentirebbero più degli emarginati se non partecipassero alla manifestazione. (…) rinunciare a manifestare è un segno di consapevolezza civile, non un disimpegno da bamboccioni. Il vero problema è che i genitori sono lasciati soli a fronteggiare questi problemi con i figli: non li aiutano i mezzi di comunicazione che prevalentemente soffiano sul fuoco, non li aiuta la scuola, i cui insegnanti sono spesso complici di ipocrisie e disinformazione. È una logica culturale da cambiare: è necessario imparare a pensare che un servizio pubblico deve essere a favore degli utenti e non può essere organizzato come uno stipendificio. Le scuole, l’università devono essere al servizio della formazione dei giovani, non possono trasformarsi in istituzioni clientelari, parcheggi, luoghi di collocamento dei parenti. Un ragazzo può rischiare la vita perché vuole fare anche lui il suo ’68, senza accorgersi che oggi il suo ’68 è a favore di una scuola clientelare, nepotistica e indifferente ai suoi problemi di formazione?».
«In attesa della grande mareggiata», titola invece IL MANIFESTO in un richiamo in prima pagina. Il quotidiano dedica tre pagine all’interno sotto l’occhiello «depestaggio» (che rimanda al «depistaggio» con cui si apre il giornale: quello rivelato da Wikileaks su Niccolo Calipari) e si chiude con un’intera pagina occupata dai «Ribelli on the road: la precarietà morde ma non fa più paura», il resoconto di un incontro nella redazione del «quotidiano comunista» che li descrive così: «Duttilità, ironia e tuttavia radicalità. È il sentimento che è emerso tra gli studenti e i ricercatori che hanno partecipato». I ragazzi nelle università «giocheranno di sorpresa, spiazzeranno chi li vuole fare arrestare «prevedibilmente» per non farli scendere nuovamente in piazza per protestare contro il Disegno di legge Gelmini; useranno l’ironia perché ci vuole anche ironia con chi dice di governare un paese con tre voti estratti dalla tombolata di fine anno». Gli studenti «non sono così ingenui nel credere di poter cambiare le sorti del paese nelle prossime 24 ore, ma non si lasciano scoraggiare dalla quasi certa approvazione delle riforma». Così «si preparano ad una lunga marcia in un paese impoverito, ma non più solo mucillaginoso e incarognito come l’hanno rappresentato in questi anni i custodi delle scienze sociali. Sono onesti e non nascondono i limiti delle mobilitazioni autunnali. In un forum lungo più di tre ore hanno dimostrato un’ammirevole capacità di abitare un presente privo di interlocutori politici e istituzionali all’altezza della crisi, senza nascondere i rischi e le insidie che si nascondono in questa contingenza».
Alla riforma universitaria e relative proteste da parte del movimento studentesco IL SOLE 24 ORE dedica un lancio in prima e i servizi di pagina 18 e 19: un’intervista a Fausto Bertinotti, uno sguardo sui siti web degli studenti, la posizione del Viminale dopo le dichiarazioni del presidente della Repubblica e infine il rush finale sul ddl Gelmini. Ma andiamo per ordine: «Diversamente da quelli precedenti, dal ’68 a Genova – dice il Bertinotti intervistato – è un movimento orfano di politica cui certo non si può rispondere con una “zona rossa”. Nella crisi della civiltà europea la violenza si annida in ogni forma della vita quotidiana, anche nella politica. In questo contesto c’è una generazione cui hanno “rubato il futuro” che cova una propensione distruttiva. Proprio qui c’è l’esigenza di una grande battaglia culturale sulla non violenza: fornire una strumentazione di lotta non più moderata ma capace di sopportare anche una maggiore radicalità critica proprio perché spogliata della violenza. Bisogna ricostruire un primato della politica con un salto di qualità».
D’altro canto basta sfogliare qualche sito fra i più visitati come ha fatto IL SOLE 24 ORE in “Sul Web si lavora all’effetto sorpresa” per rendersi conto che gli scontri di Roma sono ancora il tema caldo. O leggere il pezzo di Marco Ludovico sulle prese di posizione del Viminale per capire quali siano le intenzioni in occasione delle prossime manifestazioni. Sullo sfondo, però, rimane il nodo – presunto o reale – del contendere: la riforma universitaria. Allo studio la possibilità di anticipare la votazione di 24 ore per evitare di arrivare in concomitanza con le manifestazioni.
ITALIA OGGI riferisce della posizione del nuovo schieramento di centro sulla riforma: «Università, il terzo polo è gia diviso: Fli voterà a afavore, Udc sara contraria, per l’Api astensione». Al senato «i partiti non trovano l’intesa su voto di domani. Ma chiedono di sedere più vicini». Scrive Alessandra Ricciardi: «I protagonisti si sono incontrati ieri per mettere a punto la strategia. Ma dal vertice ciascuno è uscito con le proprie idee». Così «il neonato polo dell anazine si presenta dunque con un drappello di 21 senatori, che si vede destinato domani ad arrivare a quota 24, e tre distinte posizioni. Ci sono i 10 favorevoli di Fli, i 6 contrari dell’Udc, i 3 astenuti di Rutelli e poi i 3 del gruppo misto». «Rivendichiamo la nostra specificità», spiegava un parlamentare rutelliano. Per i finiani invece è «un voto di corerenza».
AVVENIRE sceglie di aprire con le parole di Napolitano ai politici “No al voto, riforme”. Il Colle giudica “improvvide” le urne anticipate e chiede un salto di qualità. «In questo momento nell’interesse generale serve continuità della vita istituzionale. E rispetterò il responso del voto del 2008», ha detto il Presidente della Repubblica. Ma constata anche che «manca una comune consapevolezza. L’altro titolo in prima pagina è “Atenei: riforma al voto finale. Vigilia tesa, Roma blindata”. Alle pagine 8 e 9 i servizi sul voto finale al Senato per il ddl Gelmini. «Sul ddl università il governo tenta in extremis un’operazione persuasione», scrive Diego Motta. «L’esecutivo pensa alla fase di stesura dei decreti attuativi “che possono essere (ha spiegato la Gelmini) occasione per affinare ulteriormente i contenuti della riforma”…. La via in cui si muove la maggioranza appare comunque stretta, con Bersani che garantisce il sostegno a chi si troverà in piazza, ricordando che il governo “si è mostrato sordo a ogni dialogo”». L’obiettivo della maggioranza è l’approvazione della riforma entro domani, anche se l’opposizione ha presentato ben 850 emendamenti.
Mariastella Gelmini in un’intervista a LA STAMPA risponde agli studenti che protestano. «Questa riforma ha iniziato il suo percorso due anni fa» esordisce, il dibattito è stato «ampio» e «c’è un momento in cui il governo deve decidere». LA STAMPA le fa notare che il dibattito non ha incluso sindacati e studenti: «Abbiamo dialogato con le figure istituzionali» risponde Gelmini, con la «Conferenza dei rettori». «E’ comunque difficile dialogare con chi insulta o entrare in un’università quando ci sono gravi problemi di ordine pubblico». «Ci sono ampie parti del provvedimento» continua Gelmini «su cui sono d’accordo anche le opposizioni». Domanda: ma sulle parti su cui non c’è accordo? «E’ un problema di ideologia che rifiuta il cambiamento». Per la ministra non c’è più destra e sinistra in Italia, ma chi è «favorevole al progresso» e chi vi si oppone. Gelmini rivendica: «Siamo riusciti a ottenere un miliardo di finanziamenti». E risponde all’accusa di «privatizzazione» dell’Università: «Lo sapete che negli altri Paesi Ocse le cifre sugli investimenti sono più alte ma solo perché sono compresi anche gli investimenti privati? E’ proprio la cultura del privato che dobbiamo favorire».
E inoltre sui giornali di oggi:
PAPA
LA REPUBBLICA – “Gli abusi dei preti umiliano la Chiesa”. Benedetto XVI è tornato, davanti alla Curia romana, sulla pedofilia: «il volto della Chiesa è coperto di polvere, il suo vestito è strappato per la colpa dei sacerdoti. Siamo stati sconvolti quando, proprio in quest’anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti che stravolgono il sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano danno per tutta la vita». Ora prosegue il Papa «dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione del sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere».
AVVENIRE – Apre sul discorso del Papa in occasione degli auguri alla Curia romana, pubblicato integralmente alle pagine 6 e 7. “ Solo la verità salva”, ha ricordato il Pontefice analizzando i “nodi” della Chiesa e della società di oggi, dallo scandalo della pedofilia all’ostilità verso i cristiani fino alla dissoluzione del “consenso morale” che regge le strutture giuridiche e politiche. «La dissoluzione di tale “consenso sull’essenziale”, unita all’incapacità di distinguere il bene dal male, è una sfida per tutti gli uomini di buona volontà», ha detto Benedetto XVI. Pierangelo Sequeri, che firma l’editoriale “Ciò che ferisce tutti e tutti libera”, scrive: «Sarà un caso, ma il mondo, diventato povero di verità condivisa, si è ripopolato di opinioni insindacabili, aggressive, autocentrate. DA questo “politeismo”, che chiude la partita con Dio, doveva venire tolleranza dele differenze e pace per tutti. Ne scaturisce volontà di potenza, e l’apertura di microconflitti infiniti di identità, che ci avviliscono gli uni contro gli altri…. Benedetto XVI ha parlato ieri incoraggiando la concentrazione del cristianesimo odierno intorno a questo motivo cruciale: riaffezionare gli uomini alla benedizione che viene dalla ricerca della “verità che salva”».
LA STAMPA – “Il Papa: ‘Sconvolto dai preti pedofili’”. Punta sulla parte del discorso che riguarda lo scandalo pedofilia, il resoconto de LA STAMPA del discorso che il Pontefice ha tenuto ai rappresentanti della curia romana. Su tutte le dichiarazioni un ammonimento: «Dobbiamo svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e ridarle il potere di spostare i monti». Per quanto riguarda la libertà religiosa, altro tema di cui ha parlato il Papa, ci sarebbe alle porte la decisione di affidare a un vescovo della chiesa clandestina (e cioè unita a Roma) cinese la guida del ministero vaticano di Propaganda Fide, che si occupa dell’aspetto missionario della chiesa soprattutto nei Paesi extraeuropei.
IL GIORNALE – “Ratzinger: «Sulla pedofilia la Chiesa ha sbagliato. Ma la società è amorale»”. Scrive Andrea Tornielli: «Benedetto XVI non scarica le responsabilità altrove: “Siamo consapevoli della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti e della nostra corrispondente responsabilità”. Invita però a non tacere “circa il contesto del nostro tempo in cui è dato vedere questi avvenimenti”. Esiste infati, spiega, “un mercato della pornografia concernente i bambini, che in qualche modo sembra essere considerato sempre più dalla società come una cosa normale. La devastazione psicologica di bambini, in cui persone umane sono ridotte ad articolo di mercato, è uno spaventoso segno dei tempi”. I vescovi del Terzo Mondo raccontano in continuazione al Papa come «”il turismo sessuale minacci un’intera generazione e la danneggi nella sua libertà e nella sua dignità umana”. Ratzinger cita l’Apocalisse, che annovera tra i grandi peccati di Babilonia il fatto di esercitare il commercio dei corpi e delle anime e di farne una merce. Ma Benedetto XVI invita a guardare anche ai “fondamenti ideologici” di tali atteggiamenti. “Negli anni Settanta – ricorda – la pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all’uomo e anche al bambino. Questo, però, faceva parte di una perversione di fondo del concetto di ethos. Si asseriva – persino nell’ambito della teologia cattolica – che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé”. A seconda degli scopi e delle circostanze, tutto potrebbe essere bene o male. “La morale viene sostituita – aggiunge – da un calcolo delle conseguenze e con ciò cessa di esistere. Gli effetti di tali teorie sono oggi evidenti”.
ROM
IL MANIFESTO – Richiamo in prima per lo «stop del tribunale ai provvedimenti del ministro dell’Interno e del sindaco». Si parla di «Discriminazione etnica, bocciati Maroni e Moratti». È stato «accolto il ricorso di un gruppo di nomadi del campo di via Triboniano a cui era stata negata l’assegnazione di 25 appartamenti».
FAMIGLIE
AVVENIRE – “Ricchi in casa. Il mattone fa crescere il patrimonio delle famiglie” è il titolo del primo piano di pagina 3 su AVVENIRE dedicato al rapporto Bankitalia che traccia il quadro di famiglie italiane con meno debiti che negli altri Stati e con una “dote” basata sulla casa. Il 60% dei nuclei italiani ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% del resto del mondo. Ma il 44% dei beni totali è detenuto dal 10%. Il patrimonio immobiliare è stato uno scudo anticrisi nel 2009, quando la ricchezza è aumentata dell’1,1%. L’economista Campiglio, nell’intervista intitolata “Fotografia di un Paese ancora solido, ma ci stiamo mangiando il capitale”, avverte che ad aumentare sono stati soprattutto i prezzi delle abitazioni, mentre i risparmi reali sono calati.
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