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Stretta sull’ici, al governo fischi e applausi

FISCO. Tecnici divisi sull’imposta per gli enti non commerciali

di Redazione

Un accanimento pretestuoso o il corretto allineamento ai principi che reggono il nostro sistema fiscale? La stretta voluta dal governo Prodi sull?esenzione dell?Ici sugli immobili degli enti non commerciali, che d?ora in poi si applicherà esclusivamente a quegli immobili che svolgono attività di rilevanza sociale (e quindi non commerciale), ha acceso il dibattito all?interno del mondo del non profit. Sono due le linee interpretative. Secondo la tesi sostenuta da una parte dei tecnici, si tratta di un passo falso che porrà diversi intoppi interpretativi. L?eventuale lucro prodotto dalle attività commerciali delle organizzazioni senza fini di lucro (Chiesa cattolica, ma non solo) non adrebbe a ingrossare le tasche dei soci, ma al contrario sarebbe reinvestito nelle attività istituzionali dell?ente. L?art. 39 del decreto 223/2006, lungi dal risolvere definitivamente un tira e molla che si trascina ormai da 14 anni, secondo questa interpretazione genererà «l?esplosione del contenzioso fra enti non commerciali e amministrazioni comunali», sostengono Patrizia Clementi e Lorenzo Simonelli, dell?ufficio Avvocatura della Curia di Milano. Che spiegano: «Qualche dubbio sulla legittimità di una norma interpretativa che sostituisce, smentendola, una norma interpretativa di sei mesi fa, sicuramente sarà sollevato». Una linea condivisa da Carlo Costalli, presidente di Mcl – Movimento cristiano lavoratori: «Il giro di vite ci sfiora appena, il mio giudizio però rimane negativo. Non credo che nell?agenda politica questa sia una priorità, tanto più che non stiamo parlando di cifre clamorose». Una buona fetta di tributaristi del non profit la pensa così. In sintesi questo il loro ragionamento. Il fisco in nessun campo distingue la finalità di un?attività commerciale. Non avrebbe quindi senso giuridico pretendere che lo facesse in questo specifico settore. Per dirla con un esempio: un bar è un bar a prescindere dalla destinazione finale degli incassi, sia che questi vadano in Africa piuttosto che nel portafoglio del barista. Il governo è dovuto intervenire per anticipare l?intervento delle autorità comunitarie contrarie a questa forma di agevolazione. «Sarebbe quindi inopportuno mostrare i muscoli», interviene Giuliano Rossi, responsabile dell?Osservatorio legislativo di Arci. L?associazione conta diverse attività commerciali, «a chi non fa piacere una legislazione favorevole! Ovvio che non abbiamo salutato con salti di gioia questo decreto, ma possiamo considerarlo un contributo alle finanze dei Comuni, che in questi anni sono state vittime di sostanziosi tagli sul versante della spesa sociale». Rossi comunque coglie l?occasione per richiamare la maggioranza a «valutare l?allargamento dei benefici sulle attività specifiche del terzo settore».


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