Welfare

Stress “lavoro correlato”, l’anno nuovo incomincia di corsa

Dipendenti report da completare

di Redazione

Anno nuovo, nuovi adempimenti. Anche per le imprese del terzo settore è infatti iniziata l’attività di valutazione dello stress correlato al rapporto di lavoro di cui può essere vittima il dipendente. Tale attività dovrà essere riportata nel documento della valutazione dei rischi, così come disposto dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali con la lettera circolare (15/SEGR/0023692) del 18 novembre 2010.
Per definire lo stress “lavoro correlato” occorre riferirsi all’articolo 3 dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 che così lo definisce: «Condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro». La valutazione dello stress “lavoro correlato” è infatti considerata parte integrante della valutazione del rischio e deve essere effettuata dal datore di lavoro servendosi del responsabile del Servizio di prevenzione e protezione, coinvolgendo anche il medico competente, se nominato, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
La metodologia da applicare per la valutazione del rischio da stress lavoro correlato deve distinguersi in due differenti fasi:
valutazione preliminare e valutazione eventuale. Quest’ultima deve essere applicata qualora la valutazione preliminare evidenzi elementi di rischio da stress “lavoro correlato” e le misure di correzione che vengono adottate dal datore di lavoro risultino essere inefficaci.
La valutazione preliminare consiste nel rilevare indicatori oggettivi e verificabili, che si rifanno a tre tipologie: eventi sentinella (per esempio indici infortunistici, assenze per malattia, turnover…); attori di contenuto del lavoro (ambiente di lavoro ed attrezzature, carichi e ritmi di lavoro, orario di lavoro e turni…); fattori di contesto (ruolo nell’ambito dell’organizzazione, autonomia decisionale e di controllo, conflitti interpersonali al lavoro…).
Se a seguito della valutazione preliminare non dovessero emergere elementi di rischio, il datore di lavoro dovrà limitarsi a riportarlo nel documento di valutazione del rischio. Nel caso in cui anche questi interventi dovessero risultare inefficaci, si dovrà procedere ad una valutazione approfondita che consiste nella percezione soggettiva dei lavoratori (es. questionari, focus group, interviste semistrutturate…).
Al datore di lavoro che ha in organico fino a 5 dipendenti è data facoltà di scegliere il metodo di valutazione (es. riunioni) in modo da garantire il coinvolgimento diretto dei lavoratori.

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