Cultura

Stranieri, un pezzo di me

La Bossi Fini sull'immigrazione vista dal regista Silvio Soldini (di Francesca Giorgetti)

di Redazione

Mentre il Parlamento approva la Bossi-Fini sull?immigrazione, restrittiva nei confronti degli extracomunitari, c?è invece chi si ferma al semaforo. È il regista Silvio Soldini: per lui gli immigrati sono ?portatori sani? di valori preziosi per la nostra società. «Dovremmo frequentarli di più…», dice. Lui lo ha fatto per girare il suo ultimo film, Brucio nel vento, uscito alla fine dello scorso anno e presente in concorso al Festival di Berlino 2001. Ispirato al romanzo di Agota Kristof Ieri, è la storia di un?ossessione d?amore tra due giovani, emigrati dall?Est europeo in Svizzera. «Sono nato in un villaggio senza nome, in un Paese senza importanza», dice nel film il protagonista, Tobias. Ma precisa Soldini: «Ho raffigurato personaggi che amavo, che fossero emigrati o no era in secondo piano». Dice anche, però: «Mi piaceva come gli emigrati sono descritti da Agota Kristof, senza nessun tipo di sentimentalismo né ?sociologismo?, ma come persone umane e basta, a volte con durezza». Persone umane, appunto. Non solo numeri incasellati in una statistica di colf per famiglia, mesi di lavoro stagionale e accompagnamento alle frontiere. Bisognerebbe rifletterci.
Vita: Cosa pensa della nuova legge?
Silvio Soldini: Penso che stiano sbagliando in molte cose, in questo tentativo di chiusura e salvaguardia di non so quale patrimonio. C?è la paura di essere invasi e derubati, ed è uno sbaglio enorme perché il mondo sta andando in questa direzione. È impossibile chiudere le frontiere ?agli invasori?, come alcuni considerano gli immigrati. L?attenzione del mondo ricco verso il mondo povero è infatti soprattutto incentrata sullo sfruttamento, non su un aiuto reale che comporterebbe dei sacrifici da parte nostra, una riduzione dei consumi. Di conseguenza, saranno sempre più numerose le persone che cercheranno lavoro altrove piuttosto che morire in patria. È assurdo cercare di fermare il cambiamento: cerchiamo di accompagnarlo nel miglior modo possibile.
Vita: Qual è la sua esperienza personale con gli immigrati?
Soldini: Le esperienze che ho avuto con loro sono legate ai documentari che ho girato, particolarmente Made in Lombardia, del 1996. Uno dei personaggi principali era un africano che al quartiere Gallaratese era riuscito a mettere in piedi un programma su una radio locale. In Rom Tour (1999) sono invece venuto in contatto con profughi bosniaci scappati dalla guerra nella ex Jugoslavia, oltre che con nomadi.
Vita: Cosa potrebbe fare la società civile per contrastare la linea di inasprimento nei confronti degli immigrati?
Soldini: Sarebbe importante organizzare momenti di incontro per far sì che gli italiani non abbiano solo un?immagine stereotipata e distaccata degli immigrati al semaforo. Momenti in cui loro possano fare delle cose e magari farle insieme con noi. Il contatto è l?unico modo per abbattere il muro di vetro che ci divide. Per me è stato importante girare i documentari perché non ho parlato con immigrati o con arabi, ma con persone che hanno dei problemi. Ho cercato di capire cos?è la loro vita, come pensano, cosa portano con sé e dentro di sé.
Vita: Cosa pensa quando vede un immigrato al semaforo?
Soldini: Spesso mi metto nei loro panni: se scatta questo meccanismo, mi viene naturale dar loro dei soldi.
Vita: E cosa pensa di chi ai semafori non si ferma?
Soldini: Compatisco chi non dà nulla: penso che siano chiusi nei confronti dell?altro e che la loro vita non possa che risultarne impoverita. Poi, mi fanno ridere quelli che dicono: «Però, se questi stanno qui otto ore e tutti gli danno qualcosa, al mese guadagnano più di me». È incredibile.
Vita: Cosa le hanno insegnato gli immigrati?
Soldini: Che non esistono solo i valori propugnati dalla nostra società consumistica, ma che ce ne sono anche altri più profondi e soprattutto che portano una ricchezza maggiore.
Vita: Un intellettuale, tempo fa, ha parlato degli emigrati e dei clandestini, spesso temuti e indesiderati, come di individui al contrario ricchi di risorse e qualità, anche per la loro tenace ricerca di una vita migliore. È d?accordo? Crede che questa descrizione possa calzare anche per Tobias, il protagonista di Brucio nel vento?
Soldini: È vero, c?è la tendenza a vederli come persone di cui bisogna avere paura, come se venissero a derubarci, a portarci via chissà cosa. L?aspetto dell?arricchimento che possono darci passa assolutamente in secondo piano. È un problema difficile da risolvere. Del resto, quando noi italiani siamo andati all?estero alla ricerca di lavoro si sono posti identici problemi di ghettizzazione. Il nostro occhio sugli altri, però, non è per questo cambiato. Quanto a Tobias, è un personaggio estremo. Io lo amo per la sua capacità di bruciare internamente, di non arrendersi, di essere proteso alla ricerca di qualcosa tutto il tempo, che sia lo scrivere o l?amore verso una donna.
Vita: Perché ha deciso di devolvere il ricavato delle anteprime dell?ultimo film a Emergency?
Soldini: La proposta è arrivata dal mio produttore Lionello Cerri (amministratore delegato della casa di produzione Albachiara, ndr): in questo momento mi è sembrato un modo di pensare anche alle migliaia di persone che vivono in altri Paesi e che non hanno responsabilità in quello che sta loro accadendo.
Vita: Come giudica il mondo del volontariato?
Soldini: Il volontariato è qualcosa di sempre più importante. I motivi sono molteplici e meriterebbero un discorso più approfondito. A mio avviso, dalla caduta dei muri del blocco sovietico è scattato qualcosa. Sono crollati una serie di valori, a volte troppo ideologici ma reali, che controbilanciavano i valori della società capitalistica. Le persone hanno avuto voglia di volontariato per trovare qualcosa di umano.
Vita: Negli ultimi tempi c?è stato un fiorire di film che affrontano tematiche sociali: Giancarlo Giannini è stato un down in Ti voglio bene Eugenio, poi ha spopolato A beautiful mind, in cui Russell Crowe era un matematico affetto da schizofrenia. È un segno di maggiore attenzione o una moda?
Soldini: Non credo sia una moda: anche il libro di Giuseppe Pontiggia Nati due volte è andato benissimo. C?è più attenzione, più interesse per queste tematiche, anche se, ad esempio, continua a essere difficile trovare i finanziamenti per realizzare un film su un disabile.
Vita: Il suo prossimo progetto?
Soldini: Un?altra commedia, che non ho ancora iniziato.

Francesca Giorgetti

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