Basterebbe poco per ridare ai detenuti dignità
In un incontro con il direttore, i detenuti di Sollicciano hanno chiesto accessi alle docce anche di domenica, aperture più frequenti del campo sportivo e un vitto più decente. Certo, i problemi sollevati sono tanti e complessi, ma almeno bisognerebbe cominciare a fare nelle carceri piccoli interventi spesso sottovalutati. Come sostiene Franco Corleone, garante dei diritti delle persone detenute a Firenze, «se da questa vicenda uscisse fuori la possibilità che si riconoscano, in ogni carcere, commissioni di detenuti in grado di formulare documenti con richieste, con la possibilità di negoziare direttamente con le direzioni e il Dap, sarebbe un passaggio positivo».
Il sovraffollamento azzera il reinserimento
Di sovraffollamento si parla soprattutto per sottolineare le condizioni fisiche in cui vivono i detenuti. Ma non sono meno gravi le questioni relative al reinserimento, come sottolinea Sandro Calderoni: «L’art. 27 della Costituzione non avrà più la possibilità di essere applicato: infatti, laddove le istituzioni dovrebbero attivarsi per rieducare e reinserire la persona detenuta, mancheranno gli spazi e si aggraverà la carenza di operatori penitenziari, già ridotti al minimo. Così quella massa di popolazione detenuta che oggi si trova in stato di detenzione con condanne brevi o comunque nei termini per usufruire di benefici penitenziari, avrà come prospettiva carceri sempre più piene e sempre meno gestibili».
Allarme codice fiscale
Lanciamo un allarme su un problema che rischia di rendere le carceri ancora più invivibili per i detenuti stranieri, e chiediamo a tutti di fare attenzione e segnalare gli sviluppi di questa delicata questione. La legge 94/2009 («Disposizioni in materia di pubblica sicurezza») introducendo il reato di clandestinità rende impossibile l’attribuzione di un codice fiscale agli stranieri senza permesso di soggiorno.
Le direzioni degli istituti di pena, di fronte a questo problema, potrebbero essere “costrette” ad escludere i detenuti stranieri “irregolari” (cioè quasi tutti) dal lavoro all’interno e all’esterno del carcere (art. 21 OP).
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