Welfare
Strage di Cutro, Società di Medicina delle Migrazioni: «Non si può distinguere chi assistere e chi no»
In Sicilia sono seicento i bambini stranieri senza permesso di soggiorno iscritti alla pediatria di libera scelta. Un traguardo tagliato grazie anche alla battaglia portata avanti dal GrIS Sicilia, che ribadisce il diritto sancito dalla Costituzione di garantire assistenza sanitaria a tutti gli esseri umani. Il naufragio di Cutro sta insegnando al mondo intero quanto sia importante offrire a tutti prestazioni mediche di qualità
are in modo che chiunque metta piede sulla nostra terra possa usufruire dell’assistenza sanitaria territoriale. Una battaglia che il GrIS Sicilia, gruppo immigrazione e salute collegato alla Simm, la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, che riunisce medici e personale sanitar, ha fatto da sempre propria per consentire a tutti coloro i quali arrivano, indipendentemente dal loro stato giuridico e dalla loro regolarità, l’accesso ai servizi sanitari, al medico di medicina generale, al pediatra di libera scelta. La strage di Cutro sta dando un grande insegnamento non solo a tutta l’Italia con quanta energia sta offrendo a tutti e tutte le prestazioni il personale sanitario.
«Un obiettivo al quale puntiamo soprattutto in Sicilia – afferma Emanuela Petronia Baviera, referente del GrIS Sicilia -. Del resto lo dice la nostra Costituzione che l’assistenza sanitaria va garantita non al cittadino ma all’essere umano. Secondo la normativa italiana, hanno diritto tutti, anche i pazienti Stp, cioè quelli senza permesso di soggiorno, alle cure urgenti ed essenziali delle quali fa parte la medicina generale in quanto segue tutto il percorso delle patologie. Ciò consentirebbe di evitare gli accessi inutili ai pronto soccorso, alle guardie mediche, con perdite di salute e anche di risorse».
Circa seicento i bambini stranieri senza permesso di soggiorno iscritti alla pediatria di libera scelta in Sicilia, ancora di più del resto dell’Italia.
Il Comune di Ragusa, per esempio, registra il dato più alto perché è riuscito a creare un ufficio instaurando nello stesso territorio l’anagrafe assistita, i mediatori culturali e l’anagrafe Stp, mettendo a conoscenza gli utenti del loro diritto ad avere il medico e, nel caso dei minori, del pediatra. Tutte questo ha creato e offerto efficienza.
«Un successo – prosegue la Petronia Baviera – che ci ha fatto pensare a e su questa strada ci stiamo muovendo, ma è difficile replicare perché si deve sradicare un sistema. Al momento l’assistenza garantita per loro è veicolata solo dai pochissimi centri dedicati esistenti sul territorio. Chi sta male tra quelli che arrivano si può recare soltanto negli ambulatori dedicati per Stp, ma sono uno o due in ogni grandi città, inesistenti nei piccoli centri e nelle periferie. C’è un’assistenza centralizzata e le persone che non hanno possibilità di movimento si trovano senza assistenza sanitaria e spesso le loro necessità personali diventano anche necessità della popolazione. Garantire la salute dell’individuo, lo abbiamo capito con il Covid, significa garantire la salute della popolazione, della collettività. Un binomio che non si scinde».
Sembra, però, che ci siano due piani da valutare.
«C’è una verità sulla carta e un’altra verità sul territorio. La Sicilia, in modo particolare, è avanti rispetto al resto dell’Italia, ma vorremmo che fosse un faro per le altre regioni. Non possiamo dimenticare, che la nostra regione ha una storia di medicina delle migrazioni solida, che ha inizio tanti anni fa con il professore Serafino Mansueto. Gli sbarchi ci sono in continuazione, ma poche sono le persone che decidono di restare perché molti si spostano verso le regioni del nord dove sperano di trovare più facilmente lavoro. Prendersi cura di loro è più semplice perché di passaggio. Ecco perché possiamo e dobbiamo ragionare su altri livelli».
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