Due anni dopo
Strage di Cutro, la lezione che non abbiamo imparato
Era l'alba tra il 25 e il 26 febbraio 2023 quando morirono 94 persone tra cui 35 minori. Ma cosa abbiamo imparato da quel giorno? Da Lampedusa a Cutro le coste italiane continuano a raccogliere corpi di uomini, donne e bambini: una tragedia umana che avviene sotto i nostri occhi. La società civile continua a chiedere di fermare le stragi in mare e di istituire un meccanismo di soccorso europeo. Dal 2014 ad oggi sono oltre 31mila le persone morte e disperse nel Mediterraneo
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Una veglia iniziata religiosamente alle quattro del mattino nella spiaggia di Steccato di Cutro ha coinvolto il mondo della società civile, volontari, cittadini e istituzioni per ricordare la lunga alba del 26 febbraio di due anni fa dove nel naufragio morirono 94 persone, tra cui 35 minori e con un numero imprecisato di dispersi.
All’evento organizzato dalla rete 26 febbraio hanno preso parte anche il vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio, monsignor Francesco Savino e i superstiti del naufragio che proprio in queste ore ricordano quei sogni infranti verso una nuova vita che mai completamente si realizzerà in Europa.
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La società civile si è riunita successivamente in una conferenza stampa svoltasi all’istituto Pertini-Santoni di Crotone denunciando attraverso la rete 26 febbraio come: «A due anni dalla strage di Cutro, abbiamo assistito, nella sola Calabria, ad altri naufragi, persone scomparse, mancate identificazioni dei corpi rinvenuti, sepolture frettolose, criminalizzazione del soccorso in mare e delle ong. Non diverso quello che accadeva e accade lungo altre rotte e frontiere. Abbiamo continuato a cercare morti e dispersi in mare e in terra. A contarli. In questi giorni, a Crotone sono arrivati superstiti, familiari, giuristi, attivisti, associazioni, giornalisti. Tutti testimoni della violenza alle e per le frontiere. Non vogliamo che questo sia solo un anniversario per ricordare chi non c’è più o chi non c’è ancora. Vogliamo che la memoria di quello che è accaduto a Cutro diventi un punto di svolta, un cambio di direzione».
È stato redatto un documento in cui la rete chiede: il riconoscimento del soccorso in mare come obbligo giuridico e umanitario, il contrasto a discorsi d’odio e di criminalizzazione dei migranti e delle ong impegnate nei soccorsi e nei salvataggi, l’attivazione di procedure tra istituzioni e enti del Terzo settore per la ricerca di migranti scomparsi a seguito di naufragi e ancora una volta viene chiesto di implementare i canali regolari di ingresso, i corridoi umanitari.
Punti sottoscritti nel documento che la rete 26 febbraio si impegnerà a presentare davanti a prefetture, procure, comuni, regioni, ministeri competenti, parlamento e istituzioni europee.
Al documento della rete 26 febbraio si aggiunge l’appello di dieci Ong in prima fila nel soccorso in mare in acque internazionali: (Alarm Phone, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, Resq, Sos Humanity, Sea-Watch, Tom-Tutti gli Occhi sul Mediterraneo e Sos Mediterranee Italia).
«Non possiamo dimenticare le 94 vittime del naufragio di Steccato di Cutro, né che quella strage avvenuta nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 si sarebbe potuta evitare. Quella notte non venne attivato nessun piano di ricerca e soccorso, ma il caso del caicco Summer Love fu trattato come un’operazione di polizia per la protezione delle frontiere. Un evento in linea con le politiche sull’immigrazione del Governo italiano in questi due anni, tese a ostacolare l’impegno nelle attività di ricerca e soccorso in mare della flotta civile e a criminalizzare sia le persone in movimento che le Ong. Tra prassi dell’assegnazione di porti distanti e sanzioni più stringenti introdotte dal Decreto Flussi, l’attacco alle Ong viene ulteriormente rafforzato. Intanto nel Mediterraneo, dal 2014 a oggi, sono scomparse oltre 31mila persone. Per loro e per tutte le persone in movimento che tenteranno la traversata in futuro, ribadiamo la necessità di una missione Sar europea insieme a un allargamento delle vie legali e sicure di accesso in Europa e chiediamo la fine degli accordi con Paesi Terzi che non rispettano i diritti umani, come Libia e Tunisia».
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Tra i presenti alla veglia del mattino c’era anche la segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein: «Stiamo ancora facendo la domanda che facevamo due anni fa e la domanda è molto semplice: perché non sono partiti i mezzi adeguati, perché non è partita la guardia costiera. La magistratura sta facendo il suo lavoro, sappiate che ci sono i processi in corso, quelli non ci competono, ma c’è una domanda politica che ancora aspetta risposta per queste vittime e per i familiari che ancora oggi chiedono giustizia», dice Schlein. «È stato importante riabbracciare anche i pescatori che hanno tirato fuori i corpi dall’acqua e che avevamo già incontrato l’anno scorso, noi continueremo a insistere per la piena verità e giustizia e continueremo a essere al loro fianco per ottenerla».
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Stando ai dati dell’Oim (l’organizzazione internazionale delle migrazioni) nel 2024 risultano disperse 2.275 persone nel Mediterraneo. Nel 2023 invece il numero di morti e dispersi era di 2.571. Dal 2014 ad oggi il numero totale di migranti morti o dispersi in mare è di 31.180, una perdita di vite umane che ancora una volta si scontra contro quella globalizzazione dell’indifferenza richiamata da Papa Francesco nel suo primo viaggio da Pontefice a Lampedusa a luglio del 2013.
Da Lampedusa a Cutro le coste italiane continuano a raccogliere corpi di uomini, donne e bambini, e nonostante la tragedia umana avviene sotto i nostri occhi il meccanismo di soccorso europeo chiesto a gran voce dalla società civile tarda ad arrivare. Oggi il mondo della società civile chiede: mai più.
Foto: veglia notturna Steccato di Cutro, Rete 26 febbraio
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