Cronache russe

Strage del Crocus City Hall, ecco a cosa sta pensando Putin

Oltre la metà dei russi, secondo un sondaggio, è stata convinta della responsabilità ucraina nell'attentato islamista al teatro moscovita. Come per il passato, l'inquilino principale del Cremlino sfrutterà la vicenda per dare un giro di vite alle libertà del Paese. Ecco cosa c'è da aspettarsi

di Alexander Bayanov

Sembra che la scorsa settimana non abbia portato notizie catastrofiche dalla Russia.  Possiamo quindi riflettere e tirare le somme della “stagione” precedente. Innanzitutto risulta evidente che Vladimir Putin, per legittimare il suo attuale mandato e per rafforzare il suo potere sta sfruttando l’attacco terroristico di Crocus City. 

Il sondaggio Open Minds citato dal Financial Times (i risultati non sono ancora stati pubblicati) mostra che almeno il 50% dei russi tende a credere, o meglio a rispondere “sì” alla domanda se l’Ucraina debba essere considerata l’organizzatrice dell’attacco terroristico, secondo quanto dichiarato da Putin e dalla sua cerchia. Ciò significa che le conseguenze di questo attacco terroristico potrebbero indicare una sorta di cambiamento politico avviato da Putin. Potrebbe trattarsi di una modifica o dell’abrogazione del primo articolo della Costituzione russa, sui fondamenti dell’ordinamento costituzionale, oppure del secondo articolo, che tratta del riconoscimento e della garanzia dei diritti e delle libertà della persona e del cittadino. Come nel caso dei precedenti attacchi terroristici, Putin potrebbe sfruttare lo stress subìto dalla società per introdurre innovazioni politiche.

Mobilitazione, seconda parte

Una seconda ondata di mobilitazione sembra quasi inevitabile, ma molto probabilmente, tenendo conto degli errori della prima ondata, non avrà particolare risonanza e si svolgerà in silenzio e inosservata.

Dalle notizie che riceviamo dalla Russia risulta chiaro un punto molto importante. È iniziata un’altra ridistribuzione della proprietà privata. I beni che appartenevano agli oligarchi fedeli a Eltsin vengono confiscati e nazionalizzati. Questo processo è iniziato con la nazionalizzazione dei beni delle società straniere che hanno lasciato la Russia dopo l’inizio della guerra con l’Ucraina, e ora è il turno della cerchia di oligarchi sopravvissuti dai tempi di Eltsin. Uno dei più recenti beni nazionalizzati è l’impresa Makfa, il più grande produttore di pasta. Il valore di questi beni è stimato dagli ufficiali giudiziari nella cifra folle di 100 trilioni di rubli (1 trilione di euro). L’agenzia di stampa Rbc rileva che l’importo dichiarato dall’ufficiale giudiziario supera l’intera massa monetaria in rubli in circolazione, che al 1° marzo ammontava a 99,4 trilioni di rubli. In un’intervista con Alexander Demchenko durante il programma ucraino U Gordona, il politologo Alexander Morozov ha detto che le prossime confische potrebbero riguardare i beni degli oligarchi della cerchia di Putin, Roman Abramovich, Mikhail Fridman, Vladimir Potanin, Oleg Deripaska e altri. Si tratta di misure necessarie per ricostituire gli importi mancanti nel bilancio russo per le operazioni militari in Ucraina.

Anche la “classe media” rimasta in Russia, che silenziosamente è in disaccordo con le politiche perseguite, diventerà inevitabilmente una vittima di queste politiche, perché negli ultimi 25 anni, la maggior parte dei rappresentanti di queste categorie di popolazione (oligarchi e classe media) si sono integrati con successo nel sistema internazionale di divisione aziendale del lavoro. E non tutti saranno d’accordo nel separarsi da ciò in cui hanno investito molto tempo e fatica.

Chi subirà questo Putin

In questo silenzioso disaccordo di oligarchi e classe media si cela la possibilità di una resistenza che potrebbe portare ad una rivolta o al colpo di stato. La loro posizione è trasparente, essi spingono innanzitutto per il congelamento del conflitto militare con l’Ucraina, come reso evidente da ciò che Roman Abramovich ha fatto fin dai primi giorni di guerra, facendo da mediatore in tutte le trattative possibili e nelle situazioni “delicate”. E giustamente Putin vede negli oligarchi e nella classe media, con le loro opinioni indipendenti, una minaccia. La diffusione delle immagini sull’uso delle torture contro i sospettati dell’attacco terroristico a Crocus City è una dimostrazione pubblica che ciò può accadere a tutti, non solo a un terrorista, ma a ciascuno.

«Attenzione, coloro che pensano di potersela cavare, negli apparati governativi o nelle aziende private, sappiano che questo può succedere anche a loro e in fretta. Dovranno autoaccusarsi di essere “spie giapponesi”, come avvenne nel 1937, o “spie filippine”. E la popolazione dovrà crederci anche se nessuno sa dove siano le Filippine. Tutti dovranno essere pronti per questo, questo è lo scopo del gioco. E secondo me c’è una connessione paradossale tra questa violenza e il fatto che il Patriarca Kirill ha chiesto a tutto il clero di leggere direttamente, chiaramente, senza dubbi, la preghiera “per la Santa Rus’ e per la vittoria delle armi russe” (e chi si è rifiutato di recitarla è stato ridotto allo stato laicale). Il Patriarca esprime così la nuova linea, cioè o ti prendi una mazzata in testa, o reciti la preghiera, tertium non datur. E a quanto pare è così che Putin vuole costruire la vita di questa società nei prossimi due anni, finché è ancora nelle condizioni di fare la guerra», dice Morozov.

Ovunque le spie

Nello stesso contesto verrà perseguita una politica di detenzione di cittadini americani e di altri paesi occidentali accusati di spionaggio, al fine di creare un fondo di scambio per le spie russe detenute in Occidente. Attualmente, almeno due cittadini americani sono detenuti nelle carceri russe, il corrispondente del Wall Street Journal Evan Gershkowitz e Paul Whelan, che erano stati considerato insieme ad Alexey Navalny per un possibile scambio con la spia russa Vadim Krasikov, condannato in Germania per omicidio su commissione. Anche gli hacker russi detenuti nelle carceri americane sono importanti per il Cremlino. E per l’Occidente è importante il destino di Vladimir Kara-Murza e Ilya Yashin, che possono essere uccisi in qualsiasi momento, come è successo con Alexey Navalny.

Ci possiamo anche aspettare omicidi politici di alto profilo o rapimenti con deportazione in Russia di leader dell’opposizione russa in esilio o, più in generale, della cerchia di persone contrarie al regime di Putin, allo scopo di intimidire e far tacere tutti.

In generale, e questo è incredibile, lo Stato di Putin, nella sua struttura, non è lo Stato sovietico e anche l’Occidente è cambiato molto negli ultimi 30 anni, ma le modalità di intimidazione e di eliminazione degli oppositori politici e dei dissidenti, per il Cremlino sono rimaste quelle di una volta.

La foto in apertura, di Mikhail Metzel, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP/LaPresse, mostra Vladimir Putin in visita alla base di Torzhok, nella regione di Tver, il 27 marzo scorso.


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