Matera, una piazza qualunque. Il sole oggi si è fatto di nuovo prepotente, i turisti vagano lenti, i materani si tengono un passo indietro: si avvicina al centro della scena una bici cargo che sembra uscita da un fumetto steampunk. A guidarla è Emanuele Cristallo, qui è noto come Zio Ludovico. Scende con la grazia di un attore consumato, e inizia a trasformare il suo mezzo. Una maniglia qui, un’anta là, et voilà: il cargo diventa un tavolo pieno di giochi di società.
«Signori, benvenuti nel mio cerchio magico!» esclama. Il tono è tra il serio e il faceto, ma il sorriso non lascia dubbi: c’è da divertirsi. I turisti si avvicinano, curiosi. Uno di loro prende coraggio: «Ma si gioca sul serio?» Zio Ludovico annuisce. «Hai detto bene, qui il gioco è una cosa seria!»
I materani, nel frattempo, osservano da una certa distanza, come se l’uomo con la bici fosse un fenomeno da baraccone. «Dai, vieni anche tu» insiste un turista, con quell’entusiasmo un po’ sfacciato da nordico in vacanza. Qualcuno si convince, fa un passo avanti. In pochi minuti, il cerchio è fatto. Pedine e carte volano sul tavolo, e Zio Ludovico li guida in un mondo dove si ride, si sbaglia e si impara.
Giochi di società: è boom! Un ritorno alla socialità analogica?
Nel frattempo, il mondo si è accorto che i giochi di società non sono solo per bambini o nostalgici degli anni ’80. Sono tornati, più vivi che mai. In un’epoca in cui tutto sembra digitalizzato, i giochi da tavolo offrono un’esperienza diversa: lenta, immersiva e, soprattutto, condivisa.
Cosa c’è di meglio di aprire una scatola, srotolare un tabellone, scegliere le pedine e sfidarsi a colpi di strategia? I numeri confermano questo trend. Il settore globale dei giochi di società vale oggi 13 miliardi di dollari e si prevede che raddoppierà entro il 2030. Dai classici come Risiko ai giochi strategici e fantasy più moderni, il pubblico adulto si sta appassionando a un mondo che sembrava destinato solo ai bambini.
Non chiamatelo gioco dell’oca
«Un vero gioco di società non è come la tombola o il gioco dell’oca» spiega Cristalllo. «Quelli non sono giochi, ma slot machine per bambini. Offrono solo scariche di dopamina legate al caso, senza strategie, senza scelte.»
Se a un bambino insegni che l’unico modo per vincere è tirare il dado giusto, lo stai educando a credere che la vita sia una lotteria. E quando non pesca il numero giusto, cosa succede? Si sente incapace. Questo non è gioco, è frustrazione pura
«Il vero gioco di società, invece, ti fa pensare. Devi scegliere, collaborare, a volte persino rischiare. Non è una lotteria, è una palestra per la mente e il cuore.» Zio Ludovico è convinto che il gioco di società abbia un valore sociale enorme. «Quando giochi, entri in un cerchio magico. Non importa chi sei fuori: in quel momento, sei solo un giocatore. Questo abbatte le barriere e unisce le persone.»
Portare i giochi di società nelle piazze significa riportare la comunità al centro, in un’epoca in cui la tecnologia spesso isola. «I giochi da tavolo sono uno strumento potente per insegnare il rispetto, la collaborazione e la resilienza» aggiunge.
Un percorso che parte dai figli e ritorna a Matera
Tutto comincia in famiglia, attorno a un tavolo. «Un giorno, per caso, prendiamo due giochi: Super Farmer e Fantascatti. Pensavo fosse solo un modo per passare il tempo con i miei figli, ma ci giochiamo così tanto che oggi quelle scatole sembrano uscite da un campo di battaglia. Pedine mancanti, carte consumate.»
È così che Emanuele Cristallo capisce che il gioco non è solo divertimento. «Mi si accende una lampadina: il gioco è uno strumento educativo potentissimo. Non stai solo muovendo pedine o tirando dadi. Impari a scegliere, a collaborare, a ragionare. Questo vale per i miei figli, ma anche per me.»
Al Nord, dove in quegli anni vive con la sua famiglia a Lodi, si appassiona al mondo dei giochi di società. Frequenta eventi come il Festival Play di Modena, scoprendo un universo in fermento. «Vedere quante persone, di tutte le età, si riuniscono per giocare insieme è incredibile. Lì capisco che il gioco unisce, stimola, crea legami.»
Poco alla volta, sente forte il richiamo delle sue radici. La proclamazione di Matera come Capitale Europea della Cultura, nel 2014, dà l’impulso decisivo. «Matera è in fermento, l’orgoglio che si respira è travolgente. Decido che è il momento di tornare.»
Nel 2018 Emanuele Cristallo torna a casa e diventa definitivamente Zio Ludovico. Ha un’idea precisa: portare il gioco di società nelle piazze. Grazie a un bando della Fondazione Matera Basilicata 2019, avvia un progetto che diventa realtà. «Con alcuni amici creiamo un’associazione per far tornare le persone a giocare insieme, creare spazi di incontro per riscoprire il valore dello stare insieme. Tra mille difficoltà, devo dire che funziona.»
Il cerchio magico e la lezione del clown
Uno dei concetti più belli legati al gioco, racconta l’ormai Zio Ludovico, è il cerchio magico. «Quando giochi, entri in una bolla. Fuori non esiste più nulla: i problemi, le preoccupazioni, persino il tempo smettono di esistere. È uno spazio sicuro dove puoi essere te stesso, senza paura di sbagliare o di essere giudicato.»
Nel cerchio magico accadono cose straordinarie. «Sai cosa succede? Anche i bulli si rilassano. Giocando, non hanno bisogno di prevaricare, perché lì non devono dimostrare niente. E i ragazzi più timidi, quelli che di solito stanno in disparte, trovano finalmente un posto dove possono essere visti e ascoltati. È un equilibrio speciale: tutti entrano sullo stesso piano, e questo cambia le dinamiche. Il cerchio magico è un piccolo miracolo sociale.»
Capita che bambini che non si parlano mai a scuola, perché uno è troppo insicuro e l’altro è troppo arrogante, al tavolo da gioco inizino a collaborare. Si scambiano idee, si aiutano. È una piccola rivoluzione sociale in miniatura.
Quando scende dalla sua bici non è un semplice animatore. Ogni volta sembra l’inizio di una performance teatrale. Un’eredità chiara del suo amore per il teatro, che lo accompagna da sempre. «Il teatro è dentro tutto quello che faccio. È stato il mio primo lavoro, a Matera, con una compagnia teatrale. All’epoca non era facile parlare di teatro in Basilicata, ma per me era una passione irrinunciabile, qualcosa che mi faceva sentire vivo e che oggi vive nei miei giochi.»
Tra le figure che lo hanno ispirato, il clown occupa un posto speciale. «Ho una venerazione per i clown. Sono una metafora incredibile della vita. Pensa: il clown è l’unico che non recita mai. Quando mette il naso rosso, non sta fingendo, sta dicendo che in quel momento è se stesso al cento per cento. E quando cade, non si vergogna: si rialza e ci fa ridere. È un messaggio potentissimo. Ci insegna che non solo è normale cadere, ma che possiamo riderci sopra e andare avanti.»
Anche oggi, portando il gioco nelle piazze, Zio Ludovico cerca di trasmettere questa leggerezza. «Quando coinvolgo le persone, cerco di dire loro: sbaglia, ridi e riprova. È lo stesso spirito del clown. Non c’è crescita senza errori, e non c’è bellezza senza un po’ di coraggio nel mostrarsi vulnerabili.»
Chiacchierando con Zio Ludovico, il confine tra serietà e goliardia è sottile come un filo teso. Alle volte si fatica a seguire le sue acrobazie mentre lui su quel filo teso cammina spedito e sicuro. I clown col naso rosso e i giochi da tavola si direbbero fatti solo per far ridere, ma a sentir lui nascondono un’anima terribilmente seria: insegnano, trasformano, e spesso rivelano più di quanto ci si aspetti.
Quando Emanuele si siede al tavolo da gioco, non è lì per far ridere, anche se un sorriso può sempre aiutare a sciogliere le tensioni. Il suo ruolo è più sottile, quasi invisibile. «Non sono io il protagonista, il protagonista è il gioco. Io sono lì per fare in modo che il gioco funzioni davvero per chi lo sta giocando.»
È un game trainer certificato, anni di studio ininterrotto, ma c’è qualcosa di più personale che guida il suo approccio.
Il mio vero maestro è Babbo Natale. Non lo vedi mai, ma lui sa sempre qual è il regalo perfetto per te. Io cerco di fare lo stesso. Osservo i giocatori, capisco di cosa hanno bisogno, e faccio in modo che il gioco regali loro ciò che cercano, anche se non lo sanno ancora.
È un lavoro di empatia e discrezione. «Se il gioco funziona, il mio compito è finito. Allora, come Babbo Natale, io scompaio. Lascio che siano loro a scoprire quanto possono divertirsi, imparare e crescere. È una magia silenziosa, ma potentissima, che accade senza clamore. Ed è proprio lì che sta la sua bellezza.»
Natale senza tombola? Sì, grazie
Zio Ludovico chiude con un appello provocatorio: «Quest’anno, a Natale, fate una cosa diversa. Bandite la tombola! Provate un vero gioco di società, uno di quelli che vi fanno pensare, ridere e collaborare. Vi accorgerete che anche il parente più noioso può diventare interessante, se gioca con voi. Usate Natale per tornare a giocare insieme, sul serio. E fidatevi: non c’è sacchetto di numeri che possa regalare una connessione così. E per chi vuole scoprire ancora di più sul potere del gioco e della connessione, l’appuntamento è il 22 e 23 novembre a Matera, con Ribaltamenti Festival. Giocheremo e parleremo di vergogna e giudizio, attraverso laboratori ludici, incontri con psicologi e filosofi, e sessioni di gioco di ruolo e da tavolo.»
Le foto nell’articolo sono dell’associazione Zio Ludovico e Lumaca
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