«Mia madre sognava che fossi medico. È un mestiere nobile e bello, ma non siamo tutti fatti per essere dottori. Io volevo essere un’artista».
Dieynaba Sidibé, alias Zeinixx, è la prima donna artista di graffiti in Senegal, che ha saputo affermarsi in un ambiente di soli uomini, e in una società per molti versi conservatrice. È anche cantante di primo piano della scena hip-hop del Paese, tradizionalmente dominata dagli uomini, e poetessa di slam, la poesia urbana, che combina la scrittura alla performance. Attivista per i diritti umani, soprattutto delle donne e dei bambini, ha rappresentato il Senegal all’Onu e all’Unesco. I suoi messaggi di speranza sono fonti di ispirazione per le giovani donne senegalesi.
«Nei miei graffiti amo parlare dei diritti delle donne, dei giovani e dei bambini. Amo dare messaggi di pace e condividere emozioni positive con i miei ragazzi». Lo scorso anno ha creato la sua impresa, Zeinixx Entertainment: «Mi occupo di formazione soprattutto per chi fa graffiti e arti visive, perchè per me è importante condividere la mia esperienza», ci spiega l’artista, chiamata la “first lady dei graffiti” dai suoi colleghi street artist uomini. «Riesco a fare formazione gratuita attraverso sovvenzioni che a volte ricevo. Offro ai giovani una piattaforma espressiva, dò loro gli strumenti necessari perché possano realizzare i loro sogni nel campo dei graffiti. Quando ho iniziato a fare graffiti ero io al loro posto, ma non avevo tutto questo. Oggi sono fiera di poter offrire loro una formazione», dice Zeinixx.
Quest’anno il documentario “Zeinixx”, cortometraggio della regista Mariama Baldé sulla prima graffeuse del Senegal, è stato presentato a Fifdh, festival del film e forum internazionale sui diritti umani, che si tiene ogni anno a Ginevra, da 21 anni. Alla scorsa edizione del festival l’artista, 31 anni, ha realizzato un muro gigante con altre artiste di street art, per interrogarsi sul ruolo della donna nello spazio pubblico. Zeinixx ci ha parlato da Dakar dei graffiti e del suo impegno da attivista.
Quando ha iniziato a fare graffiti?
Nel 2007. Prima dipingevo, ma non ho mai frequentato la Scuola di Belle Arti. Ho seguito i corsi di educazione artistica a scuola. Ero un’adolescente di 16 anni. Con i miei piccoli risparmi, il mio argent de poche, invece di comprarmi trucchi o vestiti come facevano le mie coetanee, prendevo della pittura o del materiale per dipingere. Un giorno ho visto i graffiti alla televisione e mi sono detta: «È questo quello di cui ho bisogno»: c’era un grande muro, era la prima volta che vedevo una superficie espressiva così grande e volevo dipingere su uno spazio così vasto, mettendo molti colori e forme. All’inizio ho imparato a fare i graffiti da autodidatta, poi insieme a Grafixx (uno degli artisti pionieri del Senegal, ndr) e agli amici street artist, e anche attraverso le ricerche che ho fatto. Noi street artist non smettiamo mai di ricercare, di approfondire, non smettiamo mai di fare workshop, sketch, per avanzare. La mia filosofia è che si impara sempre, non si finisce mai di ricercare il sapere. Quando abbiamo uno spirito aperto, e le competenze per fare qualcosa, niente ci deve bloccare, dobbiamo continuare, e farla.
Da dove nasce il nome Zeinixx?
Viene dal mondo dei graffiti. Graffix ha accettato di insegnarmi a fare i graffiti. È da qui che viene il mio nome d’arte: nasce dalla fusione dei due nomi, Graffix e Dieynaba, il mio nome. All’epoca stavo sempre insieme a lui, andavamo a fare i graffiti insieme. Ho deciso di mantenere questo nome per rendere omaggio a Grafixx.
È stato difficile essere la prima donna artista di graffiti in Senegal?
Sono stata anche la prima donna che ha fatto i graffiti in maniera professionale. Fare graffiti è il mio lavoro. All’inizio è stato difficile perché c’erano diversi fattori che lo rendevano difficile: la famiglia, l’ambiente, e il pubblico che ti guarda, cioè lo sguardo dell’altro. La mia famiglia, e mia madre in particolare, non accettava che io facessi street art,e anche lo slam. ll sogno di mia madre era che io diventassi medico. È un bel mestiere, un mestiere nobile, ma non siamo fatti tutti per fare i medici. Io volevo fare l’artista. Gradualmente la mia famiglia ha visto che ero veramente molto motivata e interessata ai graffiti e ora mi sostiene. Hanno visto che attraverso la street art ho viaggiato un po’ dappertutto nel mondo: in Francia, negli Stati Uniti, in Australia, in Belgio, in Svizzera.. Ho rappresentato il Senegal all’Onu e all’Unesco. Per quanto riguarda la difficoltà iniziale rappresentata dal pubblico, quando ero in strada e facevo un graffito con gli altri graffeurs , la gente che passava diceva ai ragazzi che lavoravano con me: «Che bello il muro che state facendo!». Io invece ricevevo dei commenti completamente diversi, venivo presa in giro, derisa. A volte mi dicevano: «E tu che cosa ci fai lì?». E altre volte i commenti potevano arrivare fino a: «Vai a cucinare!». La gente in Senegal ama prendere in giro le persone e a volte può essere molto difficile. Bisogna avere una grande forza mentale per non reagire e restare impassibili.
Come ha superato queste difficoltà?
Ho trasformato tutto in positivo. Inizialmente mi sono detta che era normale che la gente avesse questa reazione perché era la prima volta che vedevano una ragazza fare i graffiti, e ho cercato di capirlo. Poi però mi sono detta che i graffiti non sono una questione di genere, li possono fare sia i ragazzi sia le ragazze. A poco a poco ho superato queste difficoltà, e gli artisti uomini che erano intorno a me mi hanno sostenuto e rispettato. Loro sono le persone che mi hanno più aiutato ad andare avanti. Non mi hanno mai emarginato, anzi. Se dovevo salire su una scala per terminare un graffito, non l’hanno mai fatto al posto mio, mi hanno incoraggiata a farlo da sola. Questo è stato il più grande regalo che mi abbiano fatto. Oggi riesco a fare le cose senza l’aiuto degli altri. Nel 2018 sono andata in Australia, ad Adelaide, dove ho dipinto il più grande muro della mia vita, tutto da sola. È il più grande sia in altezza sia in larghezza e l’ho fatto senza nessun aiuto, in soli 5 giorni.
Abbiamo il diritto di cadere, ma abbiamo anche il dovere di alzarci e di andare avanti
Zeinixx
Da attivista per i diritti umani, quali sono i suoi messaggi per i giovani ?
Dò dei messaggi alle giovani donne perché, dal momento che sono la prima donna che si è battuta per essere artista di graffiti in Senegal, e ho avuto la forza di essere presente anche nella scena dell’hip hop, entrambe dominate dagli uomini, penso che sia mio dovere portare dei messaggi alle ragazze. Loro sono nella stessa posizione in cui ero io quando stavo imparando a fare i graffiti , e inizialmente non ho potuto realizzare i miei sogni perché ci sono stati degli ostacoli. Il mio messaggio non è solo per loro, ma anche per tutti i giovani in generale, e per gli uomini del loro ambiente. Un messaggio che voglio consegnare ai giovani è: «Non lasciate che gli altri decidano al vostro posto quello che volete fare domani». Infatti il lavoro è una delle più grandi fonti di crescita e realizzazione personale perché ci consente di vivere, ma bisogna che sia anche qualcosa che si ama fare e non che si è costretti a fare. Dico sempre ai genitori di evitare di essere iperprotettivi con i loro figli perché, se li proteggiamo troppo, un domani se non siamo insieme a loro non sapranno più come proteggersi. Dico sempre: «Abbiamo il diritto di cadere, ma abbiamo anche il dovere di alzarci e di andare avanti».
Il suo lavoro da attivista l’ha portata anche all’Onu e all’Unesco…
Lavoro per Africulturban, associazione nella banlieue di Dakar che promuove la cultura urbana e i vari rami dell’hip hop, tra cui i graffiti, come responsabile della comunicazione e dei progetti. Ero la referente di un progetto chiamato Digitel, finanziato dall’Unesco attraverso alcune iniziative di Sabrina Ho (businesswoman di Hong Kong e filantropa, che investe in imprese create da donne, ndr). Quattro Paesi sono stati sovvenzionati per progetti digitali per le donne. Il Senegal, attraverso Africulturban, ha potuto avere le sovvenzioni. Sono andata all’Unesco, a Parigi, come referente del progetto, per parlarne in un panel con i responsabili degli altri 3 Paesi: Afghanistan, Messico, e Tagikistan. Sono anche andata all’Onu per parlare di quello che facciamo come Africulturban per i giovani della banlieue e dei messaggi che portiamo a loro e ai giovani in generale.
Quest’anno il documentario Zeinixx, girato dalla regista Mariama Baldé, è stato presentato a Fifdh, festival del cinema e forum dei diritti umani, che si tiene ogni anno a Ginevra. Ce ne parla?
ll cortometraggio di Mariama Baldé, sulla mia storia, è stato realizzato mentre ero a Ginevra durante Fifdh 2021, quando ho dipinto un grandissimo muro collettivo insieme alle street artist Nadia Seika e Amikal. Le immagini del documentario sono bellissime, e penso che, attraverso questo cortometraggio, il mio messaggio sia passato molto bene. Con il muro che abbiamo fatto a Ginevra, io e le artiste che lo hanno realizzato con me ci siamo interrogate sul ruolo delle donne nello spazio pubblico e la risposta è stata, di fronte a quest’opera gigante che abbiano realizzato: «Sì, siamo ben visibili!».
Mentre dipingeva il muro a Ginevra e veniva girato il documentario “Zeinixx” ci sono state delle rivolte in Senegal…
Sì, hanno causato molte perdite di vite umane. 14 giovani hanno perso la vita. Ci sono state molte manifestazioni, e molti beni sono stati distrutti. È successo mentre ero a Ginevra, per cui stavo molto tempo al telefono per avere informazioni. Non sapevo quello che stava succedendo alla mia famiglia, ai miei amici e colleghi… Pensavo alle migliaia di persone che sono scese in strada in tutte le regioni del Senegal, che manifestavano per la stabilità, per la pace, per essere rispettate e considerate. Quindi è stato molto difficile dipingere quel muro mentre succedeva tutto questo a Dakar; siamo riuscite a farlo con enormi difficoltà. Il Festival è stato per me di grande conforto perché ho potuto parlare con le persone formidabili che ho incontrato e soprattutto ho potuto avere un bellissimo scambio con le artiste con cui ho realizzato quest’opera.
Che cosa pensa della guerra in Ucraina? La vede molto distante dal Senegal?
Per me la guerra non è mai qualcosa di lontano, è sempre vicina perché toglie la vita dei giovani, delle famiglie, a volte anche dei bambini. È sempre vicina perché è l’uomo che è al centro. E anche perché ci mettiamo al posto delle persone che soffrono in quella situazione. Nessun Paese, nessuna comunità dovrebbe vivere la guerra, e quello che possiamo fare è pregare, pregare e poi pregare ancora perché possa ritornare la pace.
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