Confini

Gli invisibili, i camion, la frontiera: l’arte civile di Noelle Mason

di Daria Capitani

Al confine tra Messico e Stati Uniti, dentro i camion che trasportano merci, le immagini della guardia di frontiera restituiscono i contorni dei corpi degli immigrati senza documenti che cercano di superare i controlli. L'artista Noelle Mason, con il progetto X Ray Vision vs Invisibility, inverte il senso di quegli scatti mostrandoli fuori dal loro contesto originale: racconta la fragilità e la poesia della condizione umana

Dentro le opere di Noelle Mason c’è un vortice di domande tra dolore e bellezza, poesia e cruda realtà. Quanti significati assume una parola a seconda di chi la ascolta? Esiste un confine nitido tra giusto e sbagliato? E quanto può incidere su una singola vita, lo sguardo più o meno distratto di un vigilantes su una videocamera di sorveglianza? X Ray Vision vs Invisibility è una ricerca infinita di sinonimi e contrari attorno a due parole incredibilmente potenti per chi si muove lungo le rotte attraversate dai migranti: visibili e invisibili. Visibili e cioè reali sotto gli occhi di tutti oppure vulnerabili perché sorpresi nell’irregolarità? Invisibili e cioè nascosti, lontani dallo sguardo del mondo, oppure protetti dall’oscurità?

«Sono cresciuta al confine di Tijuana/San Ysidro». È la prima cosa da tenere a mente quando si parla del lavoro con cui Mason esplora gli effetti della tecnologia sulla percezione degli immigrati privi di documenti che cercano di attraversare la frontiera. Tijuana è la principale città dello stato messicano della Bassa California, separata da San Diego dalla frontiera con gli Stati Uniti. San Ysidro è il distretto immediatamente a nord del confine tra Messico e Stati Uniti.

Immagini digitali in bianco e nero trasformate in quadri poetici blu cobalto. Gli scatti originali di questa serie sono stati raccolti al confine dalla pattuglia degli Stati Uniti e dai siti web della guardia di frontiera: tracciano i contorni di corpi umani nascosti dentro i camion e trasportati dietro pile di merci nei rimorchi. Un progetto che ha già fatto il giro del mondo: è stato esposto in Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Regno Unito, Stati Uniti, Messico e, in Italia, a Bari e Monopoli. Mostra come impercettibili cambiamenti possano evocare in chi osserva una nuova relazione emotiva nei confronti dei soggetti immortalati.

Da dove nasce l’interesse per le rotte dei migranti?

Mio padre lavorava nelle forze dell’ordine e mia madre insegnava nei corsi di cittadinanza americana per stranieri. Quando si vive al confine, si assiste a storie di interconnessione, alla creazione di legami di aiuto reciproco tra le persone. In particolare, quando si vive su un confine come quello di Tijuana, che è il più trafficato al mondo, diventa davvero evidente il divario salariale al di qua e al di là della recinzione. Il confine divide la classe lavoratrice, affida i lavori meno pagati e più indesiderabili a persone che non sono protette dai sindacati o dalle leggi statali. I posti di blocco non sono soltanto al confine, ma in tutta la contea di San Diego, dove ho vissuto. Mi è capitato di dover mostrare i documenti agli agenti della pattuglia di frontiera più volte al giorno soltanto per andare a scuola e tornare. La mia vicinanza al confine, l’utilizzo crescente del mezzo fotografico da parte della polizia e l’intensificarsi delle migrazioni hanno reso la questione particolarmente rilevante per me.

L’artista Noelle Mason.

Ci racconta qualcosa del suo lavoro artistico?

Il mio lavoro si concentra sull’incapacità delle immagini di comunicare nella loro totalità strati esperienziali critici che complicano il dialogo e creano spaccature nel tessuto culturale americano. Sono particolarmente interessata alla sorveglianza forense sia come testimonianza sia come potente mezzo di controllo. Mi affascina soprattutto il modo in cui i cambiamenti sottili nel mezzo possono influenzare la ricezione delle immagini.

Qual è secondo lei il potere della fotografia nella narrazione degli eventi?

La fotografia è un narratore manipolativo. Forse il più manipolativo. Mi interessano queste immagini perché non sono realizzate da fotografi professionisti ma sono scattate dalla polizia: l’obiettivo è quello di modificarne il significato grazie a un progetto artistico emancipatorio. Mi piace l’idea di utilizzare immagini che raccontano una condizione di mancanza di libertà in un modo che può invertirne il senso: affrancare anziché catturare.

Come è nata l’idea?

Sono un’outsider che usa la fotografia. La mia formazione si è concentrata sulla scultura, l’installazione e la performance e quindi il mio utilizzo della fotografia è contaminato molto più dalla storia di questi altri mezzi di espressione. Il mio lavoro in passato è stato abbastanza critico nei confronti della fotografia, su come sia stata strumentalizzata per il controllo sociale e politico, così mi sono approcciata alla fotografia più come critica piuttosto che come fotografa. Questo potrebbe aiutare a spiegare perché non uso immagini di mia creazione. Sono molto più interessata a riutilizzarle ricomponendole e cambiandone il supporto: utilizzando il cianotipo, produco immagini che rivelano una tensione sconcertante tra la griglia meccanica razionalizzata dei camion e i corpi fragili del loro carico umano. L’umanità di queste immagini ottenuta attraverso processi alternativi mette in discussione l’immediatezza con cui sono originariamente prodotte e consumate, separandole dal loro schermo e dando loro corpo e spazio per essere viste al di fuori del loro contesto originale, di cacciatori e cacciati.

Come è stato realizzato X Ray Vision vs Invisibility?

Le immagini sono state scattate dalla pattuglia di frontiera utilizzando macchine Z-Backscatter. Nel corso degli anni, ho raccolto una grande quantità di questi scatti quando sono stati resi noti al pubblico. Una volta selezionata un’immagine da riprodurre, la inserisco nel software di editing per modificare e preparare le immagini per il cyanotype. Dopo averla modificata, creo un negativo digitale per realizzare una stampa di contatto utilizzando una sorgente di luce UV.

Le migrazioni raccontano un fenomeno in divenire. Con il suo lavoro, è come se lo cristallizzasse. Persone in movimento restituite in un’immagine ferma. C’è un significato simbolico?

Desidero che le immagini e gli oggetti in X-Ray Vision comunichino un certo tipo di fragilità. Vorrei che il mio lavoro generasse domande sull’utilizzo e le qualità estetiche di queste immagini. Spesso pensiamo che i fotogrammi delle immagini di sorveglianza siano senza un autore. Con il mio lavoro, porto a riflettere sul fatto che non soltanto queste immagini hanno un autore ma si portano appresso un grande bagaglio di informazioni. Sono piene di desiderio, ma di chi?

Le fotografie sono state fornite dall’artista

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive