Luca Rosini

«Vi racconto la Paranza della Bellezza del Rione Sanità»

di Anna Spena

Il giornalista, regista e conduttore televisivo, ha voluto raccontare in un documentario il miracolo del Rione Sanità: «In un contesto dove sembra che i cambiamenti sociali e culturali siano fermi, con la cooperativa sociale la Paranza, i ragazzi capovolgono gli schemi e inventano un modello nuovo, che funziona. Quello che hanno fatto dovrebbe essere raccontato in tutto il mondo»

L'esperienza dei giovani della Paranza di Rione Sanità è diventata un documentario che sta riscuotendo un grande successo, andato in onda in chiaro su Rai2, rimarrà in maniera permanente nel palinsesto di RayPlay (lo trovate a questo link).

Luca Rosini, giornalista, regista e conduttore televisivo, ha voluto raccontare il miracolo del Rione Sanità: «In un contesto dove sembra che i cambiamenti sociali e culturali siano fermi, con la cooperativa sociale la Paranza, 40 ragazzi capovolgono gli schemi e inventano un modello nuovo, che funziona. Non può essere solo un caso napoletano: quello che hanno fatto dovrebbe essere raccontato in tutto il mondo».

In napoletano la Paranza è una barca di pescatori. Negli anni si è iniziato ad utilizzare il termine per indicare il gruppo di fuoco di un’organizzazione criminale. Le paranze sono quelle che fanno le “stese”, le azioni intimidatorie, che uccidono, che terrorizzano alcuni quartieri di Napoli.

Il docu-film racconta un altro tipo di Paranza, composta da persone che cercano di cambiare lo stato delle cose, persone impegnate nella riscoperta del patrimonio culturale, nella musica e nel sociale all’interno del Rione Sanità.

Alcuni sono educatori, altri lavorano nel quartiere come guide turistiche, altri ancora sono semplici utenti: bambini e giovani, cittadini che desiderano il riscatto sociale. Attraverso il loro sguardo scopriamo come la bellezza può diventare uno strumento per cambiare la vita delle persone. La Cooperativa “La Paranza”: creata dai giovani del quartiere per rendere accessibili ai turisti le antiche Catacombe e le bellezze del quartiere. L’Orchestra “Sanitansamble”: un progetto di formazione alla musica per bambini e ragazzi. Il teatro: uno strumento di liberazione personale che rende i giovani protagonisti al di là delle differenze sociali. Centro educativo “Sane Stelle”: laboratori di espressione artistica e creativa che coinvolgono anche chi è in fuga dalla scuola.

Tu sei bolognese, ma qual è il tuo rapporto con Napoli? Perché hai deciso di raccontarla?
Premessa: mia mamma è irpina. Quindi ho sempre guardato alla cultura partenopea come parte della mia vita, ho imparato ad amarla e conoscerla. Mi piace dire che la poesia di Napoli ce l’ho sempre avuta dentro. L’ho frequentata molto anche per lavoro, per raccontarne le difficoltà, le incoerenze. Ho raccontato il problema dei rifiuti della città. Riuscivo ad entrare in certe dinamiche, ma non le approfondivo. Era da molto che desideravo di fare “qualcosa in più”.

Com’è nata l’idea del documentario?
La produzione Rai2 nasce nel contesto della produzione “Creative memory: the past meets the future”, a cui Rai2 partecipa in collaborazione con Copeam (Conferenza Permanente dell’Audiovisivo Mediterraneo), Asbu e altre 12 televisioni del mediterraneo. Si tratta di una coproduzione internazionale che diffonde storie di giovani che cambiano i loro territori attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale. Avevo già collaborato con loro negli anni precedenti su temi come sport e viaggi. Poi per la terza edizione è venuta l’idea di realizzare un lavoro sul lavoro dei giovani in contesti difficili. Il film si ispira infatti all’Anno Europeo del Patrimonio Culturale (2018). La sanità di Napoli con la cooperativa sociale la paranza onlus mi è sembrato il caso perfetto. Sono arrivato in città con la mia telecamera, mi sono fermato una settimana, e ho iniziato a girare. Per la versione più lunga poi sono ritornato diverse volte nel corso dell’anno. Sono stato con loro, ho cercato storie, i ragazzi che ho incontrato hanno capito che non volevo rubare le loro storie, ma andare lì a conoscere, raccontare: non cercavo il sangue ma l’amore. È incredibile la passione che questi ragazzi hanno per i loro quartiere.

Com’è la relazione con il Rione?
Ogni volta che torno mi sento a casa. Mi piacerebbe iniziare lì con i ragazzi un laboratorio di regia. Cosi potranno raccontare da soli le loro storie.

Perchè racconare quello che è successo a Rione Sanità?
Perchè è un modello. In questo momento storico sembra che tutto sia finito, mentre la tecnologia evolve, non ci sono cambiamenti sociali significativi. Sembra di essere bloccati. Quello del Rione Sanità è un vero laboratorio di bellezza, innovazione, motore sociale ma anche economico. Fino a dieci anni fa la Sanità era finita in un buco nero. Però la rinascita di cui è stata protagonista dovrebbe essere conosciuta in tutto il mondo.

La paranza della bellezza. Come hai pensato a questo titolo?
La paranza negli anni ha iniziato ad indicare il gruppo di fuoco di un’organizzazione criminale. Le paranze sono quelle che fanno le “stese”, le azioni intimidatorie, che uccidono, che terrorizzano alcuni quartieri di Napoli. La paranza perché è un gruppo di giovani, ma questa volta della bellezza, parola che ritorna sempre nei loro discori. Paranza della bellezza perché sono questi giovani i fautori di una rivoluzione sociale.

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