Disabilità

Una mappa per geolocalizzare lo sport inclusivo

di Luca Cereda

Fondazione Mazzola e Sportfund hanno realizzato una mappa interattiva su cui rintracciare e segnalare i progetti e le realtà virtuose che attraverso lo sport includono. Ma questa mette in evidenza anche i tanti territori che non sono in rete o che non hanno offerte. Castello, segretario generale di Fondazione Mazzola, «Lavoriamo affinché la mappa non serva più perché i luoghi accessibili e di sport inclusivo sono noti a tutti»

Gli ultimi dati disponibili di Istat, dicono che nel 2019 in Italia oltre 19 milioni di persone sopra i tre anni praticano sport. Se si sta sui numeri del pre-pandemia, questi raccontano che il non profit costituisce più del 33% delle realtà sportive, circa 120 mila, ma di queste solo il 7%, meno di 8 mila, lavora per rendere lo sport inclusivo. «Le potenzialità dello sport in questo ambito hanno margini di crescita enormi», spiega Simone Castello, segretario generale Fondazione Mazzola che fa parte del network di fondazioni che a fine 2021 hanno costituito Sport for Inclusion.

Lo sport è una fondamentale agenzia educativa del Paese – seconda solo alla scuola e alla famiglia, non per forza in quest'ordine – e incide oltre che sulla salute fisica, sullo sviluppo umano dei più giovani.

Una mappa per unirli

«In Italia ci sono tanti esempi di chi utilizza lo sport come strumento fondamentale per includere tutti, anche chi ha una disabilità. Ci sono grandi esempi, come Bebe Vio. Nella quotidianità però non manca la voglia delle persone con disabilità di fare sport, ma occorre un lavoro – soprattutto per le disabilità acquisite – di avvicinamento allo sport. E questo parte dai luoghi: «Per questo insieme a Sportfund abbiamo pensato servisse una mappa dello sport inclusivo», aggiunge il segretario generale di Fondazione Mazzola.

La mappa parte dalla necessità di conoscenza, serve per evidenziare il tipo di accessibilità di ogni struttura sulla base del tipo di disabilità della persona, da quelle fisiche a quelle cognitive. Serve anche a far conoscer e mettere in rete progetti che si possono replicare o adattare anche ad altri territori.

Come geolocalizzare lo sport inclusivo più vicino

«La mappa è facilmente consultabile selezionando la località o lo sport preferito, rappresentato da un pittogramma. Il database pesca le informazioni dalla scheda di Google che risultano così sempre aggiornate, oltre che geolocalizzate», spiega Simone Castello, che aggiunge: «Ad oggi la mappa – che rappresenta l'area Nord e Centro Italia – contiene 26 località sciistiche, 16 palestre e luoghi per l'arrampicata, 1 palestra multifunzionale e 2 località in cui si svolgono attività varie in montagna. Molte di queste località, poi, funzionano come veri e propri "hub" in grado di fornire ulteriori informazioni utili».
Il progetto di mappatura, infatti, si salda ad altre esperienze con le quali hanno collaborato Sportfund e Fondazione Mazzola, insieme o separatamente come , ad esempio, i progetti "La neve per tutti" che vede impegnati 179 maestri di sci specializzati nelle discipline dello sci alpino, nel fondo e nello snowboard, e 117 maestri che hanno seguito un corso di approfondimento sull'autismo e il progetto "Dolomiti accessibili" di cui Sportfund è partner. Il risultato è quindi per un quadro sempre più ampio e dettagliato sull'offerta sportiva e ricreativa accessibile. Ma su cui c’è ancora tanto da lavorare.

Mappare serve anche a evidenziare le aree vuote su cui intervenire

Questa mappa dello sport inclusivo consente di reperire informazioni di "prima mano" e collaudate che Sportfund e Fondazione Mazzola conoscono per esperienza diretta, potendo così indirizzare spesso verso persone conosciute o realtà sportive preparate i futuri atleti, ma anche mettendo in contatto diretto i centri sportivi con i fruitori del database. «Questo è il tratto peculiare del progetto di mappatura – spiega il segretario generale di Fondazione Mazzola – che riesce ad unire l'efficacia di un database informatizzato alle informazioni personali, più "calde" e personali su come avviene l’approccio alla disciplina in un centro piuttosto che in un altro. L’obiettivo ultimo è infatti l’inutilità della mappa perché ogni persona trova possibilità di accesso alle discipline sportive senza bisogno di cercarle».

Mappare serve anche a evidenziare le aree vuote su cui intervenire, «dove occorre mettere in rete, realtà esistenti, creando un ecosistema informativo per cui lo sport inclusivo, oppure provando a replicare e adattare ai territori idee e soluzioni già sperimentate da Fondazione Mazzola e Sportfund», aggiunge Simone Castello.

“Che la disabilità non sia scomoda, ma scomodi all’azione inclusiva”

L’altro obiettivo della mappatura è quello di sensibilizzare e incentivare i luoghi di sport ad auto-segnalarsi e mettersi in rete, «vuoi perché sono già inclusivi e trovano un punto di ricaduta in cui valorizzare il proprio modello, vuoi perché decidono di diventarlo alla luce di un movimento e di un'opportunità di business che intravvedono. Non possiamo confidare solo nel buon cuore e nella spinta valoriale – che ovviamente può esserci in singoli casi – soprattutto quando sappiamo benissimo che la parola “disabilità” è ancora molto scomoda e poco gradita in tanti ambienti di sport che vivono la persona con disabilità come una complicazione da gestire», aggiunge Castello, secondo cui bisogna sensibilizzare sul valore dell’inclusione «anche in termini di ampliamento della platea di clienti potenziale e di un possibile rafforzamento del brand di una palestra dato dall'integrazione di dimensioni che potremmo definire “ESG”, con un chiaro parallelo con quello che sta accadendo con il movimento di BCorp e Società Benefit», conclude Simone Castello. Ciò che ora è necessario dovrebbe diventare superfluo domani perché implicito nel nostro modo di vedere e vivere la pratica sportiva nella quotidianità.

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