Le stime preliminari dell'Istat sulla la povertà assoluta in Italia sono drammatiche. La povertà torna a crescere e tocca il valore più elevato dal 2005. I dati suscettibili di revisioni – come sottolinea l’Istituto Nazionale di statistica – offrono però un quadro chiaro delle conseguenze che la grave crisi economica prodotta dalla pandemia e dall’emergenza sanitaria ha determinato sulle condizioni di vita delle famiglie nell’anno appena passato. Le stime preliminari del 2020 indicano valori dell’incidenza di povertà assoluta in crescita sia in termini familiari (da 6,4% del 2019 al 7,7%, +335mila), con oltre 2 milioni di famiglie, sia in termini di individui (dal 7,7% al 9,4%, oltre 1 milione in più) che si attestano a 5,6 milioni. Cosa fare?
«La malapianta della povertà ha radici profonde, difficili da intaccare», dice Roberto Rossini, portavoce dell'Alleazna contro la povertà, un gruppo nato alla fine del 2013, di cui fanno parte un ampio numero di soggetti sociali che hanno deciso di contribuire in maniera collettiva alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese. «Sia l'incremento di dotazione del Reddito di Cittadinanza, sia il rifinanziamento del Reddito di emergenza sono fatti positivi, vanno nella giusta direzione, ma non basta. Vista la complessità e la drammaticità della situazione occorre fare un tagliando al RdC, per renderlo più adeguato alla situazione che c'è e che, prevedibilmente, ci sarà tra pochi mesi».
Cosa significa oggi essere poveri in Italia?
Significa essere al di sotto di una linea minima che varia a seconda di alcune caratteristiche – a titolo di esempio ti dico che per una famiglia di 2 genitori e 1 figlio adolescente che vivono in una piccola città significa avere un reddito inferiore a 1400 euro circa – ma soprattutto significa precarietà. Che è come dire non avere beni e servizi a sufficienza, dai beni di consumo alla casa, e non avere neppure un futuro sufficientemente certo. Dalle povertà più visibili a quelle che si vedono solo con un occhio più allenato c'è una realtà che dà evidenza di come si sta sviluppando l'Italia, ossia in modo molto diseguale.
Le ultime stime Istat sulla povertà assoluta in Italia parlano chiaro: la povertà assoluta tocca il valore più elevato dal 2005. Come siamo arrivati a questo? Cosa abbiamo sbagliato?
La malapianta della povertà ha radici profonde, difficili da intaccare, come la provenienza geografica, il titolo di studio, il genere e il tipo di contratto di lavoro. Inoltre la pandemia le ha… radicalizzate. Per esempio dobbiamo ancora una volta prendere amaramente atto che avere un lavoro non protegge dalla povertà: si pensi ai lavoratori stagionali o ai lavoratori a partita Iva o all'essere in alcune fasce grigie dove non si accede ad alcun sussidio. O si pensi in generale al fatto che, praticamente, la metà dei lavoratori ha subito una riduzione uguale o maggiore del 10% del reddito. L'Istat dichiara che i poveri assoluti sono cresciuti di 1 milione di più, portando il dato a oltre 5,5 milioni di cittadini. Così si annulla il dato positivo del 2019 e così si mette in crisi il principale elemento di una matura civitas democratica, ossia l'inclusività.
Certo la pandemia ha influito però…Il Reddito di Cittadinanza ha funzionato male? E il Reddito di Emergenza?
Se non fossero state messe in campo certe misure – dal blocco dei licenziamenti alla CIG in deroga, dall’estensione della durata dei sussidi di disoccupazione al bonus per gli autonomi, dal RdC al Rem – non avremmo “solo” 1 milione di poveri in più, ma quasi 3. Queste misure sono state enormemente efficaci. C'è una simulazione molto interessante di Giovanni Gallo e Michele Raitano secondo la quale le retribuzione lorde dei lavoratori si sarebbero mediamente ridotte del 21,5% (con una differenza tra lavoratori dipendenti e autonomi rispettivamente del 18 e del 35%), ma grazie ai sussidi e ai trasferimenti la riduzione media si abbassa all'11,8% (sempre con una differenza tra dipendenti e autonomi del 9 e del 25% circa). Tra l'altro i trasferimenti si sono rivelati lievemente progressivi lungo la distribuzione, e anche questo è un esito interessante e importante. Sotto questa luce i riflessi sulle famiglie sono stati nel complesso positivi, perché in media i trasferimenti ricevuti dalle famiglie hanno compensato il 42% della caduta dei redditi di mercato. Si può partire da qui.
Come bisogna modificare gli strumenti che abbiamo già a disposizione per contrastare la povertà e soprattutto quali altri strumenti dobbiamo mettere in campo per tutelare i cittadini?
Sia l'incremento di dotazione del RdC sia il rifinanziamento del Rem sono fatti positivi, vanno nella giusta direzione, ma non basta. Vista la complessità e la drammaticità della situazione occorre fare un tagliando al RdC, per renderlo più adeguato alla situazione che c'è e che, prevedibilmente, ci sarà tra pochi mesi. Stiamo parlando di un provvedimento imponente, che interessa 3 milioni di persone, quindi mi pare una buona idea aprire un cantiere di valutazione su come migliorare.
Qual è il vostro obiettivo principale come Alleanza?
Abbiamo 8 proposte per migliorare il RdC, che sono coerenti con i punti deboli evidenziati dall'Istat e dalle ricerche su cui studiamo: famiglie e minori, stranieri e lavoratori recentemente caduti in condizione di povertà, fasce grigie che vanno tutelate a partire dal lavoro di cura sul territorio, dal welfare territoriale. Per ogni punto abbiamo una proposta. La povertà, come il virus, muta, cambia, si trasforma e diventa più aggressiva. L'Alleanza continua a studiare e ricercare… il vaccino giusto.
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